Dire, fare, insegnare
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Insegnare in Francia: una testimonianza

Luca è un insegnante di Italiano in Francia: in questa intervista ci racconta la sua esperienza e il suo percorso lavorativo

Scuole nel mondo 
13 settembre 2019 di: Redazione
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Come mai hai scelto la Francia?

Molti giovani italiani, dopo la laurea, si trovano di fronte a un bivio: lasciare l’Italia per provare a fare il lavoro dei propri sogni o rimanere vicino alle persone care?

Io, dopo una bellissima doppia esperienza francese - prima progetto Erasmus, poi assistentato nelle scuole del Paese, grazie a un concorso indetto dal MIUR - ho deciso di provare a diventare insegnante di Italiano nelle scuole francesi.

Come hai ottenuto la cattedra in Francia?

Per riuscirci bisogna partecipare a un concorso nazionale che, una volta passato, permette di avere lo statuto di “dipendente pubblico” e la garanzia di poter insegnare a tempo indeterminato.

La scuola francese è impostata in modo diverso da quella italiana?

Le scuole in Francia sono suddivise, come in Italia, in quattro livelli: 3 anni di école maternelle (la scuola materna, obbligatoria per tutti da settembre 2019), 5 anni di école primaire (le elementari), 4 anni di collège (le scuole medie) e 3 di lycée (le superiori, a loro volta suddivise in generali, tecniche e professionali). Gli studenti francesi si diplomano durante il loro diciottesimo anno di età.

E l’insegnamento della lingua italiana?

Lo studio della seconda lingua straniera comincia al secondo anno di scuole medie, quello che in Francia si chiama anno di cinquième. Si prosegue fino al quarto anno di medie (la troisième) con 2 ore e mezzo settimanali. Per gli studenti che optano per un lycée generale o tecnico si prosegue fino all’esame di Stato

Due prove orali e una prova scritta di italiano sono previste fra prove per il BAC, l’esame di maturità francese.

Come imposti il lavoro in classe?

In classe, oltre allo studio approfondito della lingua (grammatica, lessico e pronuncia), si affronta anche la cultura italiana, come le feste tradizionali (gli alunni delle medie adorano la Befana!), la varietà gastronomica italiana o i periodi cruciali della nostra storia (Rinascimento, Risorgimento, Ventennio fascista, Boom economico). 

Ci sono dei programmi stringenti?

Gli insegnanti di lingue straniere hanno una grande libertà pedagogica, che va dalla scelta dei supporti con i quali insegnare fino alla progressione linguistica. Io per esempio adoro lavorare utilizzando spezzoni di film.

Ci racconti qualche progetto didattico particolare? 

Ho costruito un’unità didattica sul fascismo partendo da estratti di Una giornata particolare di Ettore Scola e dai radiogiornali dell’Istituto Luce, sottolineando l’influenza del fascismo tanto nella vita quotidiana (i due protagonisti del film, che sono due “esclusi”) che nell’architettura (costruzione del quartiere EUR, di Cinecittà, distruzione della Spina di Borgo). 

Ho anche preparato un progetto su Io non ho paura di Niccolò Ammaniti, mostrando agli alunni la differenza tra il racconto letterario e la messa in scena cinematografica. Il progetto si è concluso con la scrittura da parte degli alunni di un seguito immaginario al romanzo: ne abbiamo spediti alcuni all’autore, che ci ha risposto entusiasta del lavoro.