Dire, fare, insegnare
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A scuola con Rietveld. Un laboratorio esperienziale di costruzione

Ugo Gelli e Fulvio Giamporcaro ci hanno raccontato un’esperienza didattica“tutta da zero”, o quasi: il punto di partenza è “the Red-Blue Chair” di Gerrit Rietveld.

Secondaria  Esperienze di insegnamento 
25 settembre di: Ugo Gelli, Fulvio Giamporcaro
copertina

Nella fotografia scelta per promuovere nella nostra scuola, l’I.C. ‘Commenda’di Brindisi, il laboratorio esperienziale che raccontiamo in questo articolo, the Red-Blue Chair di Gerrit Rietveld si staglia nel verde del pavimento in gomma della palestra. I nostri alunni del terzo anno non hanno avuto dubbio in merito a quale arredo dell’architetto olandese li avesse maggiormente incuriositi. Dopo averla osservata ritratta a tutta pagina nella foto a colori nel bel libro di Peter Drijver e Johannes Niemeijer, hanno affermato con entusiasmo: “La poltroncina rosso blu è una sedia tutta da colorare”.

E difatti, lo hanno sperimentato nel cortile della scuola dipingendola nella versione che l’ha resa più celebre: il sedile blu oltremarino, lo schienale rosso vermiglione, lo scheletro tutto nero, ad eccezione delle testate delle assicelle a sezione quadrata rese di color giallo limone. Nella palestra illuminata dalla grande finestra sulla strada, gli alunni fanno a gara per sedersi a turno sulla loro the Red-Blue Chair, nell’ultimo giorno di scuola.

L’opera ha destato anche in noi docenti il massimo interesse da subito, almeno per tre ragioni. In primo luogo, dal punto delle nostre discipline (arte, tecnologia e informatica), la relazione tra i suoi piani inclinati e gli assi ortogonali del telaio la collocando tra gli esempi rilevanti di opere plastiche dell’Avanguardia del Novecento caratterizzate da linee rette e non. Sotto l’aspetto compositivo, le linee sono anche direttrici che articolano pluralità di visioni, punti di vista, prospettive interagenti, divergenti, convergenti nel contesto dell’ortogonalità. Pensiamo ai diamonds di Mondrian (riprodotti nell'esercitazione scolastica qui sotto), agli Schachstücke del Bauhaus, al tavolino Barcellona di Mies, al goniometro che gli studenti usano per tracciare nei loro esercizi linee libere dai condizionamenti degli angoli noti. Poco più di centocinque gradi corrispondono alla rotazione dello schienale della Red-Blue Chair ricercata da Rietveld, per ragioni di ergonomia.



Le precedenti visite alle collezioni dei maestri del De Stijl nei musei di Amsterdam, Otterlo, Utrecht, le pubblicazioni monografiche emerse gradualmente alla ricerca sull’attività di Rietveld architetto e designer, i video-documenti apprezzati sulla rete e non in ultimo, il coinvolgimento di abilità personali connesse ad esempio alla manualitàe alla pratica delle lingue straniere (anche per nostra pregressa professionalità o autoformazione), hanno fatto il resto. I contributi degli esperti che abbiamo raccolto ci hanno fatto riflettere sul portato valoriale e pedagogico di un ‘oggetto spaziale’ che è architettura, scultura, pittura, contaminazione estetica che ha arricchito l’approccio disciplinare della nostra didattica laboratoriale attiva.

In secondo luogo, costruire the Red-Blue Chairda zero’ ha rappresentato per noi il modo didatticamente più adeguato per sperimentare in classe la relazione con il passato inteso come fonte di creatività. In tal senso, abbiamo ritenuto importante attenzionare i giovanissimi ad imparare ad interrogare la Storia con un approccio filologico, relazionato cioè allo studio delle fonti e senza intenzioni necessariamente celebrative.

In terzo luogo, costruire ci ha permesso di portare a termine un’esperienza educativa e didattica con i semplici mezzi di cui disponevamo. Con l’esercizio e l’applicazione gli alunni hanno dimostrato di padroneggiare la tecnica costruttiva dei tinots (innovativi ai tempi del suo ideatore Rietveld), di aver compreso che la costruzione a scuola della Red-Blue Chair era stata autorizzata per una sola volta ‘for mere educational and pedagogical purposes’.



Il risultato, da un punto di vista didattico ed educativo è apparso eccellente, così come dal punto di vista grafico e tecnologico. Quest’ultimo aspetto, quello tecnologico, doveva essere trasferito, per semplificazione alla manualità e alle capacità operative di studenti tredicenni e quattordicenni, alla non naturale confidenza con i materiali solidi e alla necessità di utilizzare la più limitata qualità e quantità di materia prima. La scelta, suggerita dal progetto esaminato, ha condotto gli studenti a toccare con mano la praticità e la duttilità del legno massello e del multistrato assemblato solo con legno. Il colore, con il rigore della selezione originaria, esalta la forma assoluta e la sintesi già raggiunta al grezzo nell’originario progettuale.

La replica della Red-Blu Chair, realizzata dal gruppo classe, è espressione molto personale, finalizzata al raggiungimento di un obiettivo quanto più prossimo alla forma-funzione dell’originale. Non tanto per generare una copia o un falso, quanto per riuscire a percepirne quasi fisicamente i contenuti visionari e per questo evoluti, del Neoplasticismo. Una sedia, o la scultura di una sedia: di certo, un’opera d’arte che oggi viene meglio percepita attraverso la condotta esperienziale di un omologo in scala naturale, simile all’originale. Un palpabile contatto di un’applicazione equilibrata del colore primario, della disposizione semplice degli elementi geometrici (che semplice non lo è affatto). Non più piani che delimitano uno spazio, non più confini che contengono ma un perpetuo movimento della forma statica.

Theo Van Doesburg considerava quest’opera una “scultura astratta-realistica”, per gli interni delle nostre case future. A distanza di 100 anni sembra che il suo obiettivo sia stato raggiunto e che permanga tutt’ora. Rietveld stesso spiegava che “lo scopo di questa sedia è quello di semplificare le singole parti, preservarne la forma intrinseca nel carattere e negli scopi originari dei materiali utilizzati. Quella stessa forma che conduce alla formazione di un’entità armoniosa, grazie all’adozione di un modulo. Le singole parti, collegate fra loro senza mutilazioni, in modo da evitare che una domini sull’altra; in tal modo, tutto è libero nello spazio”.

Se questa è la sua motivazione, ciò che hanno portato a termine gli alunni della 3A della Scuola media ‘Giulio Cesare’ di Brindisi dell’I.C. ‘Commenda’ nell’ anno scolastico 2023-24, ha reso omaggio a tale motivazione, assimilandola come considerazione assoluta e innegabilmente immutabile. Un esempio di partecipazione condivisa ed espressiva che talvolta fermenta negli ambienti scolastici ed evolve nel risultato massimo che si può prevedere nelle attese degli insegnanti: la contaminazione culturale, da qualsiasi parte o tempo provenga.



Concludiamo quest’intervento ringraziando la nostra Dirigente scolastica prof.ssa Patrizia Carra, i colleghi che hanno collaborato al ‘laboratorio Rietveld’, tutto il corpo Docente solidale con l’iniziativa, i collaboratori. Ci auguriamo di tornare presto a raccontare alcune importanti novità ‘in cantiere’. Nella nostra progettualità, quanto abbiamo raccontato qui è difatti la prima parte del ‘Laboratorio Rietveld’.

Bibliografia

  • H.L. Jaffe, De Stijl 1917-1931. Visions of Utopia, Abebille, Phaidon Oxford 1982, p.125-135; 136
  • P. Drijver, J. Niemeijer, Rietveld meubels om zelf te maken / How to construct Rietveld furniture. Uitgeverij Thoth, Bussum 2001, pp. 23-29
  • I. van Zijl, Gerrit Rietveld Phaidon 2010
  • B. Zevi, Poetica dell’Architettura Neoplastica, Einaudi, Torino 1972, pp. 174-175

Sitografia