Luca Mazzali ed Emiliano Negrini ci offrono una breve analisi critica di alcune delle problematiche relative all'utilizzo delle carte storiche nei libri di testo scolastici, fornendo anche alcune proposte per una loro rivalorizzazione.
Metodologie Tempi duri per le carte storiche nei libri di testo scolastici. La costante crescita di materiali disponibili open source in rete, spesso di bassa qualità, e il sempre minor tempo a disposizione degli insegnanti in classe ne stanno da tempo marginalizzando il ruolo. Le carte storiche si riducono a generici localizzatori di fatti e avvenimenti per studenti sempre più annoiati e sempre meno avvezzi alla rappresentazione del mondo, anche di quello a loro più prossimo sul piano spaziale e temporale, o a meri orpelli iper-semplificati quasi sempre ignorati dai docenti e considerati nient’altro che dei vacua colorati da parte degli studenti.Nulla spes per le carte storiche, dunque? O forse una breve analisi critica di alcune delle problematiche relative a questi oggetti dalla lunga – appunto – storia potrebbe portare ad alcune proposte per una loro rivalorizzazione?
Le operazioni navali nell’Adriatico e i bombardamenti aeronavali lungo la costa nel corso della prima notte di guerra tra Italia e Impero Austro-Ungarico (24 maggio 1915). Mappa realizzata da Luca Mazzali per Fase2. Fase2 produce e condivide cartografia originale per il racconto dei processi storici e la rappresentazione dei fenomeni umani. https://appears.pro/fase2/
Procediamo con ordine. Una delle maggiori debolezze delle carte che compaiono sui libri di scuola risiede nella loro ossessiva ripetitività: anno dopo anno, edizione dopo edizione i contenuti cartografici vengono perpetuati cambiando solamente qualche font o il colore delle campiture. La cartografia, si direbbe, avanza per topoi, ma forse un po’ troppo. Ne consegue che il docente non considera più la mappa come uno strumento per attivare la lezione e stimolare la reattività degli studenti, ma la vive come un elemento consunto e privo di spunti particolari, che riempie parte di una pagina dandole aria e rispondendo al massimo alla curiosità dei più intraprendenti. E per gli studenti è lo stesso, se il manuale di storia da un ciclo all’altro presenta sempre la stessa carta sulla spedizione di Annibale con vaga freccia colorata e quella sugli staterelli preunitari, pallotte policrome senza altri dettagli che un capoluogo e uno sfondo a forma di stivale.In poche parole la serialità delle carte storiche e delle informazioni in esse contenute finisce per sminuire il loro valore aggiunto agli occhi tanto del docente quanto del discente, azzerando ogni capacità di raccontare una storia, banalizzandone il fascino e il mistero, riducendo a un già visto il disincanto dell’esplorazione e della scoperta.
Il 5 maggio 1821 Napoleone Bonaparte muore a 51 anni in esilio a Sant’Elena, nel cuore dell’Atlantico meridionale. Mappa realizzata da Luca Mazzali per Fase2.
Eppure ci sarebbero ampi margini per correggere il tiro.Una carta storica curata e dettagliata – cosa abbastanza rara da trovare nei libri di testo contemporanei – adeguatamente accompagnata da una guida per l’insegnante con suggerimenti e percorsi didattici, potrebbe rivelarsi un ottimo strumento a disposizione del docente per rendere più interessante, attraverso digressioni supportate proprio dal prodotto cartografico, una lezione tanto in presenza quanto a distanza.La cartografia, come e più della buona fotografia – altro riempitivo di pagina fin troppo trascurato -, è un prodotto d’autore. È cioè un attivatore di curiosità, di domande, di nuovi e personali percorsi. Attira l’occhio del lettore con simboli e colori e rilancia sfidandolo a interpretare il dato rappresentato, a collocarlo in un campo più a ampio, a confrontarlo con altri simboli, colori e dati incontrati in precedenza. Gli offre l’opportunità di conoscere e l’appagante illusione di controllare il mondo e di comprendere più nel profondo l’accadimento che essa descrive. La carta mette lo studente in condizione di comprendere la complessità della Storia e la semplificazione che da sempre l’essere umano nel suo folle volo tenta, al fine di dominarla. La carta dialoga con lo studente, se il suo linguaggio sceglie di non essere banale.
A ben guardare non tutto è perduto: la cartografia storica ha ancora molto da dire al mondo della scuola e, soprattutto, sono ancora infinite le storie da mappare. Perché questo accada è necessario che la cartografia acquisisca il ruolo che merita sia nella fase di progettazione di un libro di testo, sia nella didattica dell’insegnante. In una scuola caratterizzata sempre più da riduzioni - di risorse, di ore, di contenuti, di competenze, di valutazioni, di presenza fisica. Di passione. - uno strumento grafico dalla comprensione pressoché immediata e dalle caratteristiche auto-esplicative può rivelarsi un ottimo rimedio non solo per tamponare lacune e carenze logistico-emozionali, ma anche e soprattutto per stimolare la curiosità degli alunni, per spingerli a uscire dai ristretti confini del manuale in percorsi di ricerca e di curiosità propri e per restituire così dinamismo all’insegnamento di una materia, la Storia, troppo a lungo rassegnatasi a una prosa diacronica. Perché tutti abbiamo tenuto tra le mani, prima o dopo, una carta stropicciata dai bordi bruciacchiati. E la X non indica mai il punto dove scavare. Forse.