Dire, fare, insegnare
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Chi è l'insegnante di sostegno?

Impressioni, domande e suggestioni di chi sta frequentando il percorso di specializzazione per le attività di sostegno ed entra per la prima volta in classe.

Esperienze di insegnamento 
22 ottobre 2019 di: Francesca Vici
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Entrare nel mondo della scuola come tirocinante per le attività di sostegno costituisce un ingresso preferenziale. Preferenziale perché fin da subito apre le porte su un mondo speciale, quello della disabilità – di cui si occupa la didattica speciale – che permette di comprendere quanto di straordinario ci sia nella quotidianità delle nostre scuole.

Lo scrivo da studentessa lavoratrice, quale attualmente sono, mentre sto svolgendo il percorso di specializzazione per le attività del sostegno nella Scuola Secondaria di primo grado

Tutto il mio percorso di formazione è stato rivolto al mondo della scuola, mondo che non avevo mai avuto modo di sperimentare prima dato che ho lavorato per diverso tempo nel privato. Sono entrata in un’aula scolastica per la prima volta circa un mese fa, iniziando il periodo di tirocinio previsto dalla specializzazione sotto la guida di una tutor, insegnante di sostegno da ormai quarant’anni. 

Essendo un percorso di specializzazione per il sostegno, le mie energie sono in gran parte concentrate sui due ragazzi della classe con disabilità. All'inizio la sensazione che ho provato è stata quella di affrontarli come “diversi”, sconfessando tutto ciò che avevo imparato a lezione a proposito di etichette e luoghi comuni.In corso d’opera, invece, la sensazione è cambiata: ho capito di non avere di fronte solo due ragazzi disabili ma ventidue ragazzi tutti diversi, ognuno con le sue peculiarità, i suoi punti di forza e i suoi sogni e di avere il difficilissimo compito di fare in modo che tutti possano – secondo le proprie inclinazioni e possibilità – coltivare e raggiungere quei sogni.

Gestire una classe di seconda media non è affatto semplice: i ragazzi sono vivaci, il livello di attenzione spesso molto basso e si nota, in generale, uno scarso interesse per le discipline.A ciò va aggiunta la presenza in classe di anche tre insegnanti contemporaneamente, quello curricolare, quelli di sostegno e magari un educatore: elementi che possono senza dubbio contribuire alla distrazione generale, se fin da subito non viene instaurato un clima collaborativo.È infatti difficile far capire che l’insegnante di sostegno non è l’insegnante solo di Matteo, Marco o Lucia ma al contrario è l’insegnante dell’intera classe, a disposizione di tutti gli alunni.

Concludendo, non so ancora che tipo di insegnante di sostegno sarò o che ragazzi incontrerò durante il mio percorso, ma so che nella mia didattica ci sono dei punti fermi, che vorrei tenere ben presente, ora e in futuro. 

1. La posizione in classe

Se la tipologia di disabilità degli alunni seguiti permette di passare la maggior parte dell’orario in compagnia del gruppo, la mia posizione in aula sarà sempre quella privilegiata: laterale, con una visione ampia su tutto lo spazio della classe, su tutti i volti e su tutti i banchi (anche quelli in fondo, dove talvolta accadono cose veramente sorprendenti). Ci sono momenti in cui è necessario affiancarsi al ragazzo per aiutarlo, ma per tutto il resto del tempo è bene essere attenti a quello che succede in generale nell’aula.

2. Il rapporto con i colleghi curricolari e tutto il gruppo docente

Il rapporto con il collega curricolare è un aspetto essenziale per lavorare bene. Per realizzare un percorso formativo di qualità necessaria una programmazione condivisa, organica, che tenga conto delle esigenze degli studenti disabili, BES o DSA, intendendoli come parte integrante del gruppo-classe e non come gruppo di outsider cui spetta una preparazione a parte.La disponibilità all'ascolto è infatti un motore fondamentale per una didattica realmente inclusiva, che non delega più l’alunno con disabilità all'insegnante di sostegno, ma che permette all’insegnante di sostegno di lavorare per tutta la classe.

3. Il proprio ruolo nei confronti dell’intera classe

L’insegnante di sostegno è un insegnante dell’intera classe, con lo stesso peso del docente titolare. Gli alunni devono capire che il ruolo dell’insegnante di sostegno non è quello di “fare i compiti al posto di…” ma quello di permettere agli alunni disabili di fare gli stessi compiti del resto del gruppo.

4. La pazienza

La pazienza è una virtù fondamentale – almeno dal mio punto di vista – dell’insegnante di sostegno. Comporta molte competenze diverse: capacità di semplificare, accompagnare, aspettare, allinearsi, comprendere, dialogare, rallentare. Comporta la capacità tollerare giorni più semplici, in cui i nostri ragazzi sono tranquilli, e altri in cui in cinque ore può succedere di tutto. Comporta l’accoglienza dell’altro, chiunque egli sia. 

5. I rapporti con la famiglia e gli operatori esterni

È un impegno, ma anche una grande ricchezza, avere un rapporto privilegiato con le famiglie dei ragazzi: gli incontri, la stesura e l’approvazione del PEI, gli aggiornamenti periodici, il lavoro condiviso con gli educatori pomeridiani, la possibilità di scambiarsi aggiornamenti e, se necessario, modificare gli obiettivi predisposti permette di avere una visione d’insieme e di pensare a un futuro in cui, sulla base del suo progetto di vita, il nostro alunno possa muoversi in autonomia. Lo scambio può rivelarsi complicato ma il traguardo finale sarà ancora più significativo.

Tanta carne al fuoco e tanto impegno, quindi. E chissà quante altre scoperte mi aspettano nei prossimi mesi. Ma la vera ricchezza e la vera scommessa della professione dell’insegnante credo proprio quella di mettersi in gioco giorno dopo giorno.