I podcast stanno vivendo una stagione di straordinario successo e anche a scuola si è iniziato a usarli. Si tratta di una moda o il podcast è davvero un mediatore didattico efficace? Francesca Faenza, autrice ed esperta di didattica, racconta la sua esperienza.
Metodologie Sono due le modalità principali per utilizzare i podcast a scuola: si possono ascoltare in classe o a casa, nell’ottica di una lezione rovesciata, oppure si può proporre alla classe di realizzare un suo podcast, ponendo ragazze e ragazzi nel ruolo di creatori, non di ascoltatori. In questo articolo ci concentreremo su questa seconda modalità.
Realizzare podcast per le scuole - per esempio questo, sull’educazione all’affettività online, e questo, sui temi dell’educazione civica e della parità di genere, entrambi per le scuole secondarie di primo e secondo grado - consente di conoscere meglio il funzionamento di questo strumento. Inoltre ci sono molti corsi dedicati, come quello di Orizzonte scuola sull’uso didattico dei podcast e sull’ascolto attivo, e corsi di formazione tenuti da esperti podcaster, come quello della giornalista Francesca Zanni.
Da queste esperienze provengono cinque aspetti interessanti sull’uso didattico dei podcast, alcuni davvero peculiari e diversi rispetto ad altre esperienze di storytelling. Eccoli.
Il podcast è indubbiamente un prodotto orale, ma si tratta di un’oralità che nasce dalla scrittura. Per funzionare bene un podcast deve basarsi su uno script, una sceneggiatura, che funziona bene. Questo prodotto deve saper catturare fin dalle prime frasi, altrimenti chi ascolta fugge via, come insegnano i dati; inoltre deve essere efficace, coinvolgente e mantenere il ritmo fino alla fine.
Ragazzi e ragazze sono abituati alle narrazioni visive (i social, i video, le serie, i film), in questo caso imparano il potere della voce e della parola.
Si tratta di un lavoro stimolante e coinvolgente che si presta bene a forme di scrittura collaborativa. Per esempio possiamo dividere la classe in piccoli gruppi con cui fare brainstorming per trovare insieme le soluzioni più efficaci: un incipit che cattura, una parola scelta con cura che trasforma una frase piatta in una frase che resta impressa.
La sceneggiatura di un podcast deve rispettare un’architettura prestabilita, generalmente formata da:
Rispettare i vincoli della struttura è solo apparentemente un limite.
I vincoli offrono una guida rassicurante per chi non sa bene come muoversi nell’impostare l’impalcatura di una storia e allenano a riflettere sull’organizzazione del testo, aiutano a scegliere da dove partire, come distribuire i passaggi, in che ordine, a capire che cosa tagliare e che cosa riservare per un finale che si faccia ricordare.
Realizzare un podcast significa misurarsi con il fattore tempo e ragionare in termini di durata. Ragazze e ragazzi sono più abituati a misurare un testo in termini spaziali, di “lunghezza” (dieci righe, una pagina, e così via). In questo caso, invece, sono alle prese con un lavoro che ha un’estensione nel tempo. È un’esperienza interessante, anche perché la capacità di gestione del tempo, o time management, è una dellesoft skill più ricercate.
È consigliabile lavorare su una durata breve: di 5 o 6 minuti alla secondaria di primo grado, e circa dieci minuti alla secondaria di secondo grado.
Se si stabilisce che il podcast deve durare 10 minuti, bisognerà quindi calcolare bene la durata dei singoli blocchi della sceneggiatura. Come? Provando a leggere a voce alta per controllare se i tempi sono rispettati e, nel caso, intervenendo con qualche taglio.
Possiamo aiutare la classe invitandola a lavorare su un file word già impostato, come nell’esempio che segue.
Il podcast non è fatto di sola voce. Come nelle più arcaiche tradizioni orali, in cui la narrazione era accompagnata dalla musica, anche nei podcast un ruolo chiave è giocato dalle musiche e dagli effetti sonori, cioè dal sound design. Scegliere musiche, suoni e jingle è una delle parti più creative e divertenti del lavoro. Le musiche creano atmosfere, evocano un preciso periodo storico, aumentano la suspense; i suoni restituiscono il rumore della pioggia, il clacson di un’auto, un applauso, un vetro che si rompe.
Oltre a regalare al racconto un vestito sonoro, il sound design offre anche l’occasione per una lezione di educazione digitale sul copyright: l’insegnante ricorderà alla classe che non tutte le musiche sono liberamente utilizzabili, e inviterà a scegliere solo quelle disponibili sulle librerie royalty-free (peraltro ricchissime!), rispettandone le condizioni d’uso.
Infine, un vero punto di forza del podcast è l’allenamento all’ascolto, e al riascolto, attivo. Dopo aver registrato le voci (si può fare anche solo con lo smartphone) l’insegnante invita i giovani podcaster a riascoltare tutto, chiedendo loro se sentono il bisogno di rifare alcuni passaggi, o di cambiare qualcosa nella sceneggiatura o nelle musiche. Il riascolto attivo è un’occasione di autocorrezione non giudicante e insegna a lavorare su se stessi in modo critico ma costruttivo.
Lo esprime bene la frase di un ragazzo, riportata nel corso di Orizzonte scuola, che dopo essersi riascoltato ha commentato “ora capisco perché quando scrivo non metto le doppie: è perché non le pronuncio!”.
A questo punto può essere scontato, ma vale la pena sottolineare che il podcast si presta per realizzare progetti multidisciplinari. Oltre all’insegnante di lettere, si può coinvolgere l’insegnante di scienze (per creare un podcast di divulgazione scientifica, un genere di grande successo), o l’insegnante di storia, di geografia e anche di materie tecniche: tutto può essere interessante da raccontare, anche spiegare come è stato inventato e come funziona un microfono o un sistema di telecomunicazione, proprio quelli che usiamo per registrare i podcast e farli ascoltare agli altri.