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Comportamenti problema: conoscere per intervenire

I comportamenti problema sono sempre più diffusi nelle nostre scuole. Ma perché un comportamento diventa un problema? Come realizzare interventi efficaci?

Problematiche scolastiche 
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Quando parliamo di comportamenti problema facciamo riferimento a molteplici azioni, difficilmente ascrivibili a una sola categoria. A scuola possiamo trovarci di fronte a comportamenti problematici messi in atto da studenti con disabilità, con disturbo dello spettro autistico, ADHD oppure Disturbo Oppositivo Provocatorio, ma sempre più spesso ci imbattiamo in adolescenti e preadolescenti che, per lo più a causa di fattori esterni, mettono in atto comportamenti non idonei in classe.

Sono principalmente comportamenti socialmente inaccettabili, pericolosi per sé o per gli altri, che limitano l’accesso alle ordinarie situazioni di vita quotidiana e sociale. Pensiamo ad esempio alle stereotipie o all’opposizione sistematica alle richieste che vengono fatte. Per il ragazzo o la ragazza tutte queste condotte rappresentano un ostacolo allo sviluppo di nuove capacità, all’apprendimento e alla partecipazione alla vita sociale. Capire gli studenti, comprendere il perché delle loro azioni, è fondamentale per noi insegnanti perché ci permette di affrontare le situazioni di crisi in modo competente e consapevole, evitando di mettere in atto interventi inadeguati e inutili.

Osservare il comportamento problema e comprenderne la funzione

I comportamenti problematici vanno quindi rilevati, attraverso un lavoro che deve essere totalmente condiviso con tutto il Consiglio di Classe. Ogni docente infatti vedrà lo studente in momenti diversi: per questo la condivisione e il confronto tra gli insegnanti sono il primo passo per comprendere per quanti quella condotta è considerata problematica e quanti concordano nel darne lo stesso significato.

Fondamentale è agire su un solo comportamento problematico per volta. Provare a intervenire su più condotte potrebbe infatti vanificare le azioni adottate. Di fronte a uno studente che mette in atto diversi comportamenti problematici, quindi, ciò che dovrà fare il Consiglio di Classe sarà decidere su quale di questi intervenire per primo. Osservare e definire in modo operazionale un comportamento è ciò che ci permette di descrivere le azioni in termini oggettivi e non generici, diminuendo la probabilità di interpretazioni diverse da parte dei vari soggetti. Ad esempio non è corretto dire “il ragazzo è nervoso”, ma va descritto quello che vediamo: “urla”, “batte i pugni”, “dice parolacce”.

Due strumenti molto utili sono le schede sulla frequenza del comportamento e la scheda ABC, che permette di mettere in relazione gli eventi antecedenti, il comportamento in atto e le sue conseguenze: si tratta dell’analisi funzionale, che ha l’obiettivo di farci comprendere la struttura e la funzione del comportamento problema e pone le basi per programmare gli interventi utili a modificarlo, ridurlo o sostituirlo con comportamenti funzionali.

Ciò che noi docenti dobbiamo costantemente chiederci è: “Perché viene messo in atto questo comportamento?”. Dobbiamo essere consapevoli che tali condotte hanno sempre una funzione e sono il mezzo per esprimere qualcosa che lo studente non è in grado di comunicare in maniera funzionale: ad esempio il bisogno di attenzione, la presenza di situazioni troppo caotiche, la ricerca o l’evitamento di stimolazioni sensoriali, il sottrarsi a compiti sgraditi o l’ottenimento di attività a lui gradite.

Affrontare il comportamento problema

Partendo dall’analisi funzionale del comportamento, il Consiglio di Classe, in accordo con la famiglia, definisce dunque metodologie, strumenti, strategie da attivare per tentare di ridurre le crisi. Cosa può essere fatto a scuola? Partiamo dall’analisi ABC e lavoriamo sugli antecedenti, predisponendo un ambiente che garantisca allo studente prevedibilità e chiarezza rispetto a ciò che dovrà fare e come dovrà farlo.

Non dimentichiamo mai l’importanza delle regole, in questi casi ancora più necessarie. Gli studenti conoscono le norme da rispettare, ma queste vengono spesso disattese. Come renderle efficaci? I docenti possono, ad esempio, chiedere alla classe di scegliere alcune regole di comportamento (massimo cinque o sei) e scriverle in un cartellone ben visibile da tutti. Se saranno i ragazzi a stabilirle e scriverle, sarà più facile che le rispettino. Le regole inoltre andrebbero sempre scritte in positivo: “stare in silenzio” ha un impatto cognitivo ed emotivo completamente diverso da “non parlare”.

Molto utile, ma utilizzabile solo se accettata dal ragazzo, è anche l’uso della Token Economy: attraverso rinforzi simbolici, si ridurrà la frequenza di comportamenti ritenuti inadeguati e si aumenterà la frequenza di quelli ritenuti appropriati, rendendo piano piano lo studente consapevole e responsabile delle azioni che compie.

E quando il comportamento problema viene messo in atto? Sarebbe meglio non sgridare, non essere direttivi. In questo modo infatti si provoca l’esasperazione del comportamento, e a quel punto anche azioni esterne dei compagni di classe, come ridere per altri motivi, diventano una provocazione, alla quale lo studente risponderà molto spesso con un altro comportamento problema. Può invece essere utile avvicinarsi fisicamente al ragazzo mentre si spiega, senza interrompere la lezione, interponendosi così tra lui e ciò che innesca il comportamento problema. Questa modalità prossemica aiuterà a interrompere il flusso delle azioni.

Rinforzare positivamente i comportamenti adeguati ha un forte valore per lo studente, che si sentirà visto dal docente non solo per gli atteggiamenti non idonei al contesto. Lo studente percepirà di essere accolto e stimato, e vedrà riconosciuti i suoi punti di forza, le sue capacità e potenzialità. Anche i compagni di classe sono sempre una grande risorsa: si può infatti sensibilizzare la classe in modo che tutti gli alunni sappiano come comportarsi. Si rimarrà stupiti dalla consapevolezza che mostreranno. Inoltre, è fondamentale collaborare con la famiglia attraverso un continuo scambio di informazioni, la condivisione di obiettivi comuni e la comunicazione “non giudicante” del comportamento dell’alunno.

Oltre ad agire per ridurre o estinguere il comportamento problema, i docenti dovranno pensare a come proporre al ragazzo comportamenti alternativi funzionali. Alcune tecniche comportamentali ci vengono in aiuto. Il modeling in particolare aiuterà lo studente a individuare da solo le modalità più funzionali per esprimere ciò che sente e ciò che desidera, trovando nelle parole e negli atteggiamenti dell’insegnante un modello da seguire.

Questo percorso potrà essere lungo e non sempre facile. Come docenti abbiamo una grande responsabilità e spesso queste situazioni creano frustrazione e senso di impotenza. Costanza, Condivisione e Coerenza sono le “tre C” che ci ricordano come solo lavorando tutti allo stesso modo, si potranno raggiungere importanti e produttivi traguardi.