Dire, fare, insegnare
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Dalla scuola all’impresa: Vivariumware e la Sannio Valley

Carlo Mazzone illustra la nascita e lo sviluppo del suo progetto per portare il mondo reale nella scuola e contrastare con il digitale lo spopolamento delle aree interne.

Metodologie  Secondaria 
07 novembre di: Carlo Mazzone
copertina

In un precedente articolo ho espresso le mie considerazioni sull’importanza dell’educazione civica e dell’introduzione di un nuovo modello didattico che avvicini ragazze e ragazzi alla vita reale. Sentivo però la necessità di trovare a queste riflessioni un’attuazione dato che il mio spirito e DNA digitale, in quanto informatico di formazione, mi imponeva di provare a dare soluzioni concrete a problemi astratti. Pensai quindi a una sorta di gioco di ruolo e alle sue istruzioni per dare delle indicazioni operative e immediatamente applicabili a quanto osservato.

Mi resi però conto della necessità di realizzare qualcosa di innovativo con le classi già i primissimi giorni della mia esperienza didattica. Era il 2004 e quel primo anno avevo, in un liceo di scienze applicate, tre classi di quinta superiore alle quali dovevo insegnare informatica.

La mia pregressa esperienza era stata nel mondo aziendale e trovarmi di fronte ad alunne e alunni con cui dialogare fu una sfida notevole. Vedevo una sorta di barriera invisibile che ci divideva come se fossimo due eserciti contrapposti, così, per cercare una via d’uscita che potesse aprirsi alla condivisione di intenti e a una situazione di pace, feci appello alla mia esperienza di studente. Al liceo ero sempre alla ricerca di qualcosa che mi appassionasse e che difficilmente trovavo tra i banchi di scuola, quindi cercai di pensare a qualcosa che partisse dagli interessi delle mie studentesse e studenti approfittando della loro voglia di lavorare in gruppo.

Nacque così una modalità didattica operativa: Vivariumware.

Vivariumware

Vivariumware è un neologismo che ho costruito dall’unione delle parole vivarium, termine inglese preso in prestito dal latino che significa "vivaio", e dalla parola ware in inglese “materiale”. Si tratta, dunque, di “materiale da vivaio”: progetti nati con lo scopo di insegnare determinati contesti, non solo tecnologici, che possono tuttavia anche essere i semi di futuri sviluppi reali in termini di startup.

In questo tipo di gestione progettuale gli studenti vengono divisi in gruppi di due, tre o massimo quattro persone. Viene incentivata l’aggregazione spontanea così che gruppi si formino in maniera autonoma con la supervisione del docente che si assicura che nessuno degli alunni venga escluso dalla partecipazione al progetto. Ogni gruppo dovrà individuare al suo interno un team leader, ovvero il responsabile principale e rappresentante del gruppo che si interfaccerà con il docente. Ciascun gruppo dovrà anche darsi un nome, come se fosse una sorta di mini-impresa, e scegliere un nome anche per il progetto che il team dovrà realizzare durante la sperimentazione. Inoltre, all’interno dell’intera classe, le alunne e gli alunni partecipanti dovranno indicare un project leader, che farà da interfaccia tra i vari gruppi e il docente. Il docente rappresenterà il committente dei vari gruppi.

Il project leader avrà il compito di compilare e aggiornare uno specifico documento nel quale verrà riportato l’elenco dei gruppi con i vari dettagli necessari (nome gruppo, membri del gruppo con indicazione del team leader, nome e descrizione del progetto) che dovrà essere consegnato con frequenza al docente per il controllo.

La frequenza della richiesta di un documento di progetto sistematicamente aggiornato è assolutamente fondamentale per far sì che l’intera sperimentazione didattica si svolga in maniera ottimale anche secondo quelli che sono i canoni del cosiddetto “sviluppo agile”. Quest’ultimo è un approccio di sviluppo progettuale meno strutturato: si focalizza sull'obiettivo di consegnare il proprio servizio in tempi brevi e con una certa frequenza al fine di minimizzare la distanza tra le aspettative del committente e quanto concretamente realizzato.

Il docente fornisce solo indicazioni di massima sulle tecnologie o sugli strumenti da utilizzare lasciando piena autonomia ad alunne e alunni di scegliere la natura e la tipologia di progetto, consapevole che una scelta personale incentiva nel realizzare al meglio, con entusiasmo e passione, lo specifico progetto.

Alla fine del percorso, la cui durata può essere anche di alcuni mesi, oltre al progetto i vari gruppi dovranno preparare una presentazione in modalità elevator pitch attraverso la quale si sfideranno per eleggere l’idea e la relativa migliore implementazione.

Elevator pitch

Il pitch di “tipo elevator (ascensore)” riprende una scena immaginaria: un dipendente di un’importantissima azienda incontra in ascensore il proprietario della suddetta azienda; nello scarsissimo tempo della permanenza in ascensore il dipendente deve spiegare al proprietario l’idea fenomenale che ha avuto, che deve essere assolutamente presa in considerazione e supportata nella sua realizzazione pratica. È indiscutibile l’importanza che deriva da tale approccio per la costruzione di vere competenze trasversali per gli studenti. Mi piace qui ricordare quanto diceva Edsger Dijkstra, grandissimo informatico olandese, a proposito del fatto che “Oltre a una inclinazione alla matematica, una eccezionale padronanza della propria lingua madre è il bene più vitale di un programmatore competente”. In buona sostanza: mai immaginare di poter formare dei tecnici specializzati che non abbiano anche una forte competenza nella propria lingua madre.

Tornando al percorso vivariumware, l’elezione del team vincitore avviene per votazione on line attraverso un sistema automatizzato come, ad esempio, quello messo a disposizione dai Moduli Google. Tutti gli studenti votano per tutti i progetti tranne che, ovviamente, per il proprio.

Il docente non partecipa alla votazione ma può trarre indicazioni valutative di tipo formativo da quanto proposto e presentato da alunne e alunni. Inoltre, questi ultimi possono trarre a loro volta grande vantaggio dallo sperimentare un contesto valutativo in forma attiva, in quanto sono loro stessi a valutare i propri compagni, sia in forma passiva poiché sono valutati non dal docente ma dagli stessi loro pari.

La “scuola fuori”

Sebbene la modalità vivariumware sia nata tra i banchi di scuola essa è sicuramente applicabile a vari altri contesti quali, ad esempio, la possibilità di coinvolgere in modo nuovo i cosiddetti NEET ovvero le persone, soprattutto di giovane età, che non hanno un impiego, né lo stanno cercando e non frequentano corsi di formazione o di aggiornamento professionale.

Ed è in questo modo del tutto naturale che si vede come la scuola possa creare un ponte verso il mondo reale uscendo dalle proprie mura andando a fondersi in maniera sinergica con la società esterna.

Nel mio ITI “Lucarelli” di Benevento proviamo a realizzare una scuola che si apra all’esterno, verso la società, e che coinvolga ragazze e ragazzi in progetti stimolanti, formativi e in grado di dare speranze occupazionali. È un progetto ambizioso che si delinea sempre più anche grazie ai successi nazionali ed internazionali delle mini-imprese che nascono tra i banchi di scuola e che vogliono continuare a vivere nel mondo dell’economia reale e non più simulata.

Infatti, grazie anche all’esperienza pregressa degli studenti coinvolti nel contesto vivariumware, il coinvolgimento in un contesto di imprenditorialità a scuola risulta del tutto naturale. In particolare, gli studenti delle classi terminali, anno dopo anno, partecipano ai programmi imprenditoriali di Junior Achievement, la più vasta organizzazione non profit al mondo che prepara i giovani all'imprenditorialità e al loro futuro lavorativo. La sua straordinaria importanza è testimoniata dal fatto che Junior Achievement Worldwide è stata nominata per il Premio Nobel per la Pace 2024, terza candidatura in tre anni, in considerazione della portata globale dell’associazione, per il suo impegno nel garantire l’emancipazione economica ai giovani su larga scala attraverso l’educazione all’imprenditorialità e per la sua capacità di trovare unità nella diversità.

Dall'ITI all'università

In questo contesto proviamo a far sì che le startup nate in un contesto simulato possano regalare, oltre che l’acquisizione di innumerevoli competenze, anche prospettive di reale sviluppo economico.

Per esempio, nel 2019 la startup Farm Animal Trade, un market place per la compravendita di animali da allevamento, dopo aver vinto una competizione nazionale ed essere arrivata sul podio di quella internazionale, è diventata una S.r.l. guidata dagli ex alunni che l’avevano fondata in maniera simulata.

Probabilmente il “segreto” di questo e di altri successi si trova nella volontà di creare qualcosa che non si limiti a vivere nei singoli anni scolastici ma che invece crei sul campo una sedimentazione di esperienze che poi si tramandino di anno in anno.

Tutto ciò è reso possibile grazie a figure che sono diventate di sistema. Tra queste un ruolo predominante lo hanno i dream coach ovvero dei professionisti del mondo dell’economia reale che, in modo informale e quindi senza essere legati da specifici contratti, aiutano e sostengono le nascenti startup facendone emergere le energie in esse presenti.

Inoltre le ex alunne e gli ex alunni che hanno realizzato negli anni i successi delle loro startup rimangono legati alla scuola anche dopo il diploma: pur frequentando l’università aiutano le nascenti nuove aziende e assumono il ruolo di dream coach, portando così esperienza concreata e punti di vista immediatamente comprensibili da quelli che sono all’incirca loro coetanei.

Ma è proprio l’università che rappresenta un ulteriore, indispensabile, tassello. Le startup vengono presentate in modalità pitch negli atenei. Ed è in questo scambio sinergico che gli studenti e le studentesse universitarie lavorano sulle idee progettuali loro presentate apportando un inestimabile contributo di energie fattive e professionali. Al contempo, gli universitari possono lavorare su casi di studio reali piuttosto che mere rappresentazioni astratte. Per completare il quadro virtuoso, alcune delle startup presentate diventano tesi universitarie condizionando il reale successo del progetto, così come avvenuto con Farm Animal Trade.

Sinergia: la cultura umanistica e la cultura tecnico-scientifica

Tutto questo non è in contrasto con il mondo della cultura umanistica che deve, al contrario, essere il vero nutrimento di un movimento di “nuovo umanesimo digitale”. In questo contesto, infatti, non si cerca di formare dei “pezzi di azienda” da inserire nel mondo del lavoro ma, innanzitutto, lavorare sul formare ragazze e ragazzi consapevoli del loro ruolo nella società e della loro centralità come individui. Tutto ciò sarebbe una chimera senza il faro della nostra cultura umanistica greco-latina. Il ruolo della scuola deve quindi rimanere inalterato nell’immaginare un progresso comune che non lasci indietro nessuno e che colga l’occasione di una rivoluzione digitale per immaginare e concretizzare un benessere diffuso che sia innanzitutto un benessere dell’animo prima che del corpo. Ciò è tanto più importante in particolare in un momento in cui l’intelligenza artificiale sembra abbattersi sui nostri giovani come un vero e proprio tsunami.

Mettendo tutto insieme: Sannio Valley

Dopo anni di sperimentazioni sul campo, oggi posso parlare di un vero e proprio ecosistema nascente sul modello SUI “Scuola Università Impresa”, un percorso che sembra naturale, ma che necessita di una spinta e di azioni in sinergia che creino i giusti presupposti per finalizzare un viaggio centrato sulla cultura di impresa.

Ho quindi immaginato qui, nel Sannio, un masterplan per le aree interne: una nuova via che sfrutti il digitale e le nuove tecnologie per creare sviluppo e fermare lo spopolamento delle aree interne, nel Meridione e non solo. Nel caso specifico, il Sannio è un territorio ricchissimo dal punto di vista paesaggistico e con eccezionali possibilità turistiche collegate all’enogastronomia e a un patrimonio storico artistico di rilievo nazionale e internazionale. Tuttavia, le moderne evoluzioni legate allo sviluppo tecnologico hanno aperto da tempo una nuova via di sviluppo che aspetta solo di essere imboccata: il digitale! Nasce così circa un anno fa l’associazione del terzo settore Sannio Valley, di cui sono presidente.

Sannio Valley rappresenta il nuovo brand, gestore e collettore di risorse per invertire questa deriva di spopolamento e costruire un patto reale e concreto tra forze imprenditoriali, enti di formazione e istituzioni. L’obiettivo è quello di creare sviluppo socio culturale ed economico nel Sannio e nelle aree interne della Campania mettendo al centro della rinascita di tali aree il digitale come strumento attrattivo per l’insediamento di nuove imprese e lo sviluppo di quelle preesistenti. L’intento è di creare un catalizzatore in grado di produrre talenti ed opportunità tecnologiche di alto livello da mettere al servizio di aziende localizzate nel territorio, per guidarle e favorirle nel loro insediamento e nella crescita della produttività.