Insegnanti ed educatori conoscono l’importanza dell’empatia e delle sue manifestazioni in età scolare, ma in quanti sanno riconoscerla e stimolarla? In questo articolo parleremo dell’efficacia delle arti performative nello sviluppo dell’empatia.
Esperienze di insegnamento L’empatia è la capacità di mettersi nei panni dell’altro, di percepire una risonanza con le emozioni di una persona altra da noi, anche se l’evento che ha provocato l’emozione nell’altro non ci tocca direttamente.
Seppur in misura variabile, questo succede a tutti, prima o poi, guardando un film o leggendo un libro. Proviamo a pensare, per esempio, quanto ci commuoviamo davanti a un atleta in lacrime che sale sul podio alle Olimpiadi, anche se siamo tipi “da divano”. Ecco, quella è empatia.
Sentire la gioia o il dolore di qualcun altro come fosse nostro può sembrare un’abilità innata, ma l’empatia ha un proprio ciclo di sviluppo nei bambini e nelle bambine e si può acquisire. Ciò implica anche che, in alcuni casi, può essere assente. In un soggetto normodotato (senza psicopatologie o anomalie cognitive) lo sviluppo dell’empatia avviene principalmente in quattro fasi. Secondo Hoffman, l’empatia coinvolge due aspetti basilari: la capacità di riconoscere gli stati mentali ed emotivi altrui e la risposta affettiva indiretta.
Abbiamo una prima fase (primo anno di vita) detta di empatia generale, nella quale il bambino non percepisce una vera distinzione fra sé e gli altri, né ha una chiara percezione della fonte dei propri sentimenti.
Nella seconda fase, definita empatia egocentrica (secondo anno di vita) il bambino inizia a capire che l’altro è distinto da sé e che lo stato emotivo sperimentato dall’altro può non corrispondere al proprio.
La terza fase sviluppa intorno al terzo anno di età. Oltre a distinguere i sentimenti provati dagli altri e da sé stesso, il bambino è capace di reagire ad essi in maniera non egocentrica. Diventa, ad esempio, in grado di consolare.
Infine, nella quarta tappa di empatia verso le condizioni di vita dell’altro (periodo finale dell’infanzia) il bambino è in grado di distinguere fra sentimenti come reazioni estemporanee agli avvenimenti e sentimenti dati dall’esperienza di vita. Quest’ultima fase genera la forma di empatia più alta e si sviluppa di pari passo allo sviluppo cognitivo del bambino.
Secondo recenti studi nell’ambito delle neuroscienze, buona parte dello sviluppo dell’empatia è dovuto ai neuroni specchio, che si attivano alla vista del movimento altrui e ci portano a compiere il medesimo gesto o, in questo caso, ci permettono di immaginare le intenzioni e i sentimenti dell’altro.
È stato provato che questo effetto si può avere anche con le opere d’arte figurative, come i quadri o le statue, a patto che queste raffigurino soggetti che mostrino chiaramente le proprie emozioni, riconoscibili dal movimento del corpo. Ecco che allora l’arte non è più solo una materia da studiare, ma diventa un mezzo educativo molto potente.
Lo studio delle arti figurative è probabilmente confinato alle ore della specifica materia, ma qui si inserisce la versatilità delle arti performative, come la danza o il teatro, che consentono un uso più trasversale fra le materie. Ad esempio la danza può essere inserita nel programma di educazione fisica, come consapevolezza del proprio corpo (propriocezione), conoscenza delle proprie capacità fisiche e osservazione degli altri, per entrare in risonanza col movimento altrui.
Un effetto altrettanto potente, specie a livello emotivo, si può avere con l’utilizzo della recitazione. Con questo tipo di arte performativa, infatti, uniamo l’espressione verbale al movimento corporeo. Anche se l’emozione non viene verbalizzata esplicitamente (cioè anche se la battuta non dice esattamente «sono arrabbiata» o «sono felice») l’intenzione che viene messa nell’esprimerla, dovrebbe codificare il sentimento che la muove, facendone arrivare il senso a chi guarda. L’effetto di risonanza emotiva sarà ancora maggiore se l’esperienza con la recitazione sarà attiva e non solo osservativa.
Da diverse esperienze svolte con ragazzi della scuola secondaria di secondo grado, è stato dimostrato come la partecipazione diretta a laboratori di recitazione abbiano stimolato la fuoriuscita del soggetto da stati di chiusura e ritiro sociale, tipici dell’età pre-adolescenziale e adolescenziale, anche in soggetti con conclamate disabilità cognitive e o motorie.
L’entrare in contatto con un personaggio altro da sé, dovendolo interpretare, porta il ragazzo a doverne capire necessariamente le motivazioni e i sentimenti, rompendo quella “parete” che spesso si trovano a costruire per difesa, ma impedisce loro anche di vivere le emozioni. La recitazione ha il vantaggio di essere applicabile nei programmi didattici di diverse materie umanistiche, come italiano e storia, ma anche scientifiche, come anatomia e fisiologia.
Portando un esempio di laboratorio concreto, in due incontri a distanza di una settimana, nell’ambito dello studio della letteratura inglese in una classe 2° di un istituto tecnico della provincia di Bologna, è stata estrapolata dall’opera Romeo e Giulietta di Shakespeare la prima parte del I atto. La classe è stata suddivisa in quattro gruppi e ad ognuno è stato consegnato il testo. È stata fatta una prima lettura neutra, uguale per tutti, ma poi ad ogni gruppo è stato assegnato uno stile interpretativo e testuale (dovevano cioè riscrivere anche i contenuti dei dialoghi), del tutto distaccato dallo stile del testo e dall’ambientazione, come ad esempio uno stile giornalistico (con conduttore in studio ed inviato sul posto) oppure in “slang giovanile”, oppure ancora, trattandosi di una classe interamente maschile, chiedendo di convertire tutti i personaggi al femminile, prendendo spunto non solo dalle coetanee, ma da tutte le donne della loro cerchia familiare.
Ne è uscito un lavoro corale di grande collaborazione, anche fra soggetti che normalmente non interagivano, di divertimento e di ascolto dell’altro, quando ogni gruppo si è esibito davanti alla classe.
Anche i soggetti che avevano espresso disinteresse o si erano mostrati più recalcitranti per il testo scelto, istintivamente associato a sentimenti di noia, o per il fatto di mettersi in mostra davanti ai compagni in qualcosa che li metteva a disagio, all’incontro di restituzione della prova sono stati estremamente partecipativi e coinvolti, mostrando di essere realmente entrati in contatto con le emozioni descritte nella scena.
L’uso di questi esercizi pratici agevola anche la memorizzazione, perciò può essere di grande aiuto in diversi ambiti scolastici.