Lorenzo Fariselli, esperto di Intelligenza Emotiva e direttore di Six Seconds Italia parla della relazione fra nuove tecnologie, intelligenza artificiale e apprendimento.
Metodologie Gli investimenti nelle Intelligenze Artificiali (IA) sono cresciuti di 30 volte dal 2013 a oggi; secondo un recente report di Goldman Sachs, le intelligenze artificiali potrebbero sostituire circa 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno negli USA e in Europa, mentre i fondatori di OpenAI ritengono che l’80% dei lavoratori vedono alcune delle loro mansioni svolte dagli LLM (large language model). Quali emozioni nascono in noi leggendo questo dato? Non si tratta di una semplice domanda ma di un invito a riflettere su cosa ci si muove nella testa, nel cuore e nella pancia in questa epoca così particolare. Le emozioni, infatti, guidano le nostre scelte e le nostre scelte costruiscono il futuro del mondo.
È opportuno comprendere la complessità e gli svariati fattori che entrano in gioco quando parliamo di contesti scolastici e delle dinamiche che vedono in gioco diverse figure educative. Quindi è importante sottolineare che nell’articolo che segue ci concentreremo principalmente sul ruolo dell’insegnante che, in questa fase così delicata, assume una rilevanza determinante. Non solo: in questo articolo parleremo proprio di emozioni e insegnamento nell’era delle IA, partendo dalla star del momento: ChatGPT.
Si tratta di un software, programmato per sostenere una conversazione scritta e rispondere a qualsiasi tipo di domanda, che sta spopolando in tutto il mondo per semplicità ed efficacia: ChatGPT sembra un sogno a occhi aperti per tutti. Non sai la ricetta del mascarpone? Nessun problema, c’è ChatGPT a cui chiedere! Non sai come risolvere un problema di matematica? Ed ecco che ChatGPT lo risolve per te! E così per una tesina, un tema e per la maggior parte delle attività che vengono chieste come compiti a casa dagli insegnanti.
Ora chiediamoci: se fossimo studenti o studentesse oggi e sapessimo di poter fare almeno parte dei compiti assegnati in 15 minuti usando ChatGPT invece che in tre ore di noia e sbuffi da soli, che cosa faremmo? La nostra risposta è: “Dipende dall’entusiasmo, dalla motivazione o dalla passione che abbiamo per la specifica materia, dipende dal senso che vediamo nell’applicare quello sforzo”. E la vostra risposta qual è? La cosa per noi interessante è che l’impatto dell’IA ci sta facendo interrogare su quale sia il valore che possiamo restituire nel nostro ruolo. Per supportarci nel ragionamento, focalizzandoci sul mondo scuola, prendiamoci del tempo e chiediamoci:
Le neuroscienze ci dicono che il successo dei processi di apprendimento passa dalla dimensione emotivo-relazionale e che le emozioni generano, o ostacolano, voglia di imparare e determinazione verso la scoperta. Ed è qui che nasce la sfida dell’insegnante oggi: svolgere il ruolo in maniera emotivamente intelligente, ossia sfruttando la nostra capacità di valorizzare pensieri ed emozioni in maniera equilibrata. L’insegnante ha quindi bisogno di essere consapevole della propria influenza a livello emozionale e gestirla al meglio affinché generi valore utile allo studente. La sfida non è semplice ma vincerla significa avere un futuro, la scuola ne è garanzia e l’insegnamento la chiave.
Una prima considerazione per raggiungere questo obiettivo è che l’insegnamento si evolve nel tempo sia in termini di competenze trasferite sia a livello di metodologia di trasferimento. Per esempio un tempo la bella grafia era un elemento importante, oggi con i computer non è più un plus: l’insegnamento di un tempo non serve. L’evoluzione segue il cambiamento delle necessità dei ragazzi e delle ragazze ed è in rapporto con il mondo in cui sono inseriti: attualmente quello delle Intelligenze Artificiali. Oggi il contesto scolastico ha bisogno di insegnanti, o meglio educatori, che si occupino di tre dimensioni in maniera armonica:
1. il cosa;
2. il come;
3. il perché.
Con “cosa” intendiamo il contenuto da trasferire. Non possiamo più pensare che la scuola si debba occupare della sola conoscenza ma anche e soprattutto del processo di crescita e maturazione. Il mondo va troppo in fretta e occorre dotare i ragazzi e le ragazze delle competenze che li aiuteranno a navigare nella complessità: empatia, pensiero critico, autoconsapevolezza, collaborazione, intelligenza emotiva. Occorre che, per esempio, essere empatici diventi quello che era, al tempo dei nostri nonni, la bella scrittura. La domanda, quindi, è: qual è una dimensione che riteniamo importante che ragazze e ragazzi allenino per affrontare il mondo con equilibrio? E come possiamo ritagliare uno spazio per darle voce?
Con “come” intendiamo invece puntare l’attenzione sulla metodologia con cui trasmettiamo le nozioni. Le competenze di trasferimento delle informazioni hanno bisogno di un aggiornamento: ciò non significa scegliere accessori supertecnologici da utilizzare in aula ma chiedersi come catturare l’attenzione della classe. In che modo la nostra lezione può creare entusiasmo e non noia e frustrazione? E come, attraverso domande trasformative, possiamo superare la conoscenza plastica di ChatGPT e attivare una riflessione più profonda? Che cosa succederebbe, per esempio, se invece che far ripetere gli eventi della Rivoluzione francese chiedessimo: “Quali emozioni avreste provato se foste stati in una famiglia benestante durante la rivoluzione? E quali se foste stati in una famiglia povera?”. La conoscenza diventerebbe la precondizione per rispondere e la capacità di immedesimarsi allenerebbe competenze chiave come l’empatia e la creatività. Una domanda di questo tipo sarebbe anche funzionale a far crescere il coinvolgimento, a far uscire ragazzi e ragazze dalla zona di confort e dare la possibilità di scoprire e valorizzare i propri talenti. Nessuno apprende se non si sente adeguato.
Infine, nella dimensione del “perché” parliamo del significato che diamo ai nostri sforzi: perché uno studente o una studentessa dovrebbe impegnarsi a scuola? Tutti facciamo fatica a muoverci senza un perché. Nel mondo dell’Intelligenza Emotiva c’è una competenza che si chiama “Perseguire Obiettivi Nobili”: sono questi obiettivi a influenzare il mondo e hanno la caratteristica di farci superare i limiti e farci sprigionare energia ed entusiasmo. In altre parole chiediamoci: qual è il nostro obiettivo nobile come educatori? Come si traduce in azioni concrete nella relazione con la classe? E in ultimo: come possiamo supportare studentesse e studenti nel sentirsi parte di un processo di apprendimento che creerà valore per loro e per il sistema in cui tutti noi siamo inseriti? Se avessero la percezione che quello che stanno apprendendo servirà loro per fare qualcosa di buono per il mondo, lo studio diventerebbe il mezzo per fare la differenza.
Per fare tutto questo occorre lavorare sulla nostra Intelligenza Emotiva perché oggi le nuove generazioni hanno bisogno di role model, di insegnanti capaci di cambiare perché hanno capito la posizione da tenere per essere al servizio della crescita del singolo: non basta essere di ruolo per essere riconosciuti come insegnanti, a definirci tali è l’impatto che abbiamo sui ragazzi. Questo processo ci pone come educatori in una situazione che è catalogata dal nostro cervello come pericolosa, minacciosa perché ci fa uscire fuori dalla nostra zona di confort. Questa scomodità è una scomodità emotiva e porta tantissimi insegnanti oggi a rifiutare di interpretare il ruolo in maniera emotivamente intelligente.
Sappiamo benissimo che non è facile ma in questo mondo, parafrasando Piaget, abbiamo estremamente bisogno di creare uomini e donne capaci di fare cose nuove e non semplicemente ripetere ciò che noi abbiamo fatto. Il nostro scopo è quello di far nascere dai ragazzi e dalle ragazze competenze che nemmeno noi sappiamo quali siano e gli strumenti pratici dell’Intelligenza Emotiva sono risorse ineguagliabili affinché ciò avvenga. Allora sì a seguire il programma didattico ma con la massima attenzione a ragazzi e ragazze per farli fiorire, per accendere fiammelle che illumineranno il mondo di domani.