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I "Promessi sposi" in classe: la Storia

In questo secondo articolo dedicato a come leggere i “Promessi sposi” in classe, Federica Brugnoli analizza lo sfondo storico e la conclusione del romanzo.

Secondaria  Grandi insegnanti 
04 settembre di: Federica Brugnoli
copertina

Per leggere insieme i Promessi sposi nelle classi terze della scuola secondaria di I grado e coinvolgere studenti e studentesse nell’analisi del romanzo, abbiamo visto in questo articolo come analizzare i paesaggi e i personaggi che ne fanno parte. È quindi ora di dare uno sguardo anche alla Storia che fa da sfondo al romanzo e che si intreccia alle vicende dei personaggi

Il fine del romanzo di Manzoni è duplice: religioso/morale e politico. Per quanto riguarda il primo, vengono alla mente le parole di Momigliano, che definisce il romanzo una “epopea della Provvidenza”. Per il secondo, chi scrive rappresenta in modo particolarmente efficace il malgoverno spagnolo per criticare la presenza degli stranieri in Italia, che ha però avuto anche il risultato di muovere gli animi e portare gradualmente alla condivisione di un concetto di patria e al tentativo di difenderla.

Narrando le vicende di Renzo e Lucia si parla del Seicento lombardo, di fatti realmente accaduti tra il 1628 ed il 1630: un periodo caratterizzato dalla guerra del Monferrato, dalla calata dei Lanzichenecchi, dalla carestia, dall’assalto al forno delle grucce e dalla peste, cheha un ruolo centrale. La caccia agli untori compresa diffonde un clima di sospetto e non solo la folla, ma anche le autorità compiono gesti insensati. Ne sono un esempio alcune condanne e la storia della “colonna infame”.



Il morbo arriva improvvisamente, miete vittime, svuota i paesi. Chi sopravvive trova la forza per andare avanti cercando di ricostruire la propria vita. A questo proposito, parla don Abbondio. Il sacerdote usa un’espressione ad effetto che fa sorridere: “È stata un gran flagello questa peste; ma è anche stata una gran scopa; ha spazzato via certi soggetti, che, figliuoli miei, non ce ne liberavamo più.” E ancora: “Se la peste facesse sempre e per tutto le cose in questa maniera, sarebbe proprio peccato il dirne male: quasi quasi ce ne vorrebbe una, ogni generazione; e si potrebbe stare a patti d’averla; ma guarire, ve’…”

Una scena particolarmente toccante è invece la presentazione della “cerimonia funebre” alla quale assiste per caso Renzo quando a Milano. Al capitolo XXXIV, l’autore narra con dovizia di particolari e con una delicatezza straordinaria il dramma e la pietà della scena distribuendo che vede al centro la madre di Cecilia. La donna ha vestito a festa la sua bambina, la tiene in braccio come se fosse solo addormentata: “la mise lì come sur un letto”. Attraverso questa immagine viene creata una figura esemplare che restituisce una dignità tutta nuova alla morte, diventando il simbolo della virtù cristiana della rassegnazione. L’insieme è pervaso da un senso di composta, spirituale, armoniosa bellezza, al punto che anche il monatto si inchina a tanto dolore. Un attimo dopo, lo strazio dell’addio definitivo: “Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve”.

Il finale del romanzo

La conclusione dei “Promessi sposi” è l’ultima pennellata dell’artista. Manzoni nella poesia Il Cinque Maggio aveva chiesto ai posteri di esprimersi su Napoleone: “Fu vera gloria? Ai posteri // l’ardua sentenza”. Ora, nel romanzo ci stupisce con “il sugo di tutta la storia”. Studenti e studentesse ne sono spiazzati: “geniale” dice qualcuno; “fuori da ogni schema”, commentano altri.

Tutti confermano l’originalità di un romanzo “immenso” per aver coinvolto, appassionato, stupito e piacevolmente accompagnato – attraverso l’analisi del testo – in un viaggio nella Storia, nella lingua e nel pensiero dell’uomo. Inoltre concordano nell’affermarne l’attualità poiché ancora oggi esistono i prepotenti, gli arroganti, coloro che ingannano i più deboli, i chiacchieroni, gli aiutanti, gli antagonisti ed i falsi aiutanti. Non ultimo, anche la peste, che nello specifico si chiama SARS-CoV-2. E vogliono pure “bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata” riconoscendo ai Promessi sposi una straordinaria unità artistica.



Immagini: Wikimedia Commons, Freepik