Nel libro “Educare a pensare. Teoria e pratica della disputa regolamentata”, il docente di Filosofia Marco Ferrari spiega che cos’è il protocollo Age Contra, una pratica didattica sviluppata negli ultimi anni alle Romanae Disputationes e nei tornei di disputa Age contra promossi da Amore per il Sapere Ets.
Metodologie È legittimo insegnare agli studenti ad affrontare un problema con il solo scopo di persuadere la giuria, senza riguardo al problema della verità delle questioni discusse? Non si rischia di offrire loro, in modo indiretto e inconsapevole, un insegnamento di stile sofistico, che ha come scopo lo sviluppo dell’arte retorica, piuttosto che una ricerca dialettica e aperta della verità delle cose? Quali obiettivi si vogliono raggiungere, dal punto di vista educativo e formativo, proponendo la disputa regolamentata ad allieve e allievi?
Il protocollo Age Contra coniuga aspetti ludici, competitivi, investigativi e veritativi, educa all’impegno di dare ragione circa la tesi che si deve sostenere insieme alla promessa di tentare di raggiungere una verità condivisa con gli avversari, per quanto possibile, su un problema o una questione rilevante. In una delle sue fasi, il Riconoscimento, è infatti richiesta a ciascuno dei due team partecipanti una maggiore attenzione nell’ascolto delle ragioni dell’altro e l’onestà intellettuale di comunicare gli esiti costruttivi di tale ascolto. Il protocollo prevede che tale fase sia anch’essa oggetto di valutazione e, per quanto con un peso modesto, possa in linea di principio concorrere alla vittoria in una disputa.
In una disputa regolamentata Age Contra si confrontano, infatti, due squadre, che devono sostenere due tesi contrapposte su un medesimo topico di discussione, secondo tempi e modalità codificati. Le squadre possono essere composte da un minimo di 2 a un massimo di 7 membri. Il topico è un enunciato chiaro da difendere o da attaccare, idoneo a essere interpretato in prospettive opposte (ad esempio: “L’uomo è per natura egoista”). Il topico può riguardare qualsiasi ambito disciplinare, filosofico, storico, scientifico o culturale in senso lato, fino ad abbracciare problemi sociali, di organizzazione del lavoro o di scelte strategiche nella vita di un gruppo o comunità.
Il protocollo è formato da sette diverse fasi, ciascuna delle quali ha una propria rilevanza, un preciso tempo di esecuzione e scopi specifici. Ogni disputante, nel contesto del lavoro di squadra, è chiamato a svolgere una o più fasi della disputa in base al numero di membri del team. La disputa si svolge alternando le fasi, un team dopo l’altro. La giuria è normalmente composta da tre o cinque valutatori, di cui uno ha il ruolo di presidente. Dopo ogni fase della disputa questi dà ai colleghi giurati il tempo di effettuare la valutazione della performance utilizzando l’apposita scheda di valutazione.
Nel Prologo, della durata di 3 minuti, il disputante è chiamato a presentare in modo chiaro e distinto il problema posto dal topico, a mostrare la sua rilevanza in relazione alle circostanze, alle condizioni e ai valori più diffusi nel contesto storico-culturale in cui si svolge la disputa. L’Argomentazione dura 4 minuti ed è la fase in cui il disputante deve presentare le prove, le ragioni, le cause, i dati e gli esempi a sostegno della posizione che il proprio team è chiamato a difendere. Nella terza fase, il Dialogo socratico (della durata di 3 minuti) il disputante interroga l’avversario che ha appena condotto l’Argomentazione, secondo la logica del botta e risposta (l’antica brachilogia socratica), per esaminare gli argomenti dell’interlocutore e per impegnarlo a fare concessioni utili alla propria posizione. Al termine di questa fase c’è la prima pausa; subito dopo c’è l’Esame critico, sempre della durata di 3 minuti, deputato a esporre le considerazioni critiche rivolte agli argomenti esposti dall’altra squadra e finalizzato a presentare e contestare eventuali vizi, fallacie, contraddizioni, premesse non dimostrate, conclusioni non conseguenti, interpretazioni discutibili. Della stessa durata è la quinta fase, la Difesa, che consente a ciascun membro della squadra di prendere la parola, in modo coordinato con gli altri, per rispondere alle obiezioni avanzate dalla controparte nell’Esame critico, cercando di ripristinare la validità e la consistenza delle proprie argomentazioni contestate, difendendo i propri argomenti e/o contestando i presupposti su cui si basa la critica. Segue l’Epilogo, di soli 2 minuti, che prevede il riesame dei punti salienti della disputa, per mostrare che la propria posizione è preferibile a quella avversa. Richiede una conclusione logica e una chiusura dell’esposizione efficace e persuasiva. Dopo l’Epilogo c’è la seconda pausa di 10 minuti prima dell’ultima fase, la Dichiarazione di riconoscimento, che dura 2 minuti ed è il momento propizio, dopo le battaglie dialettiche delle fasi precedenti, per riconoscere i punti di forza, nei contenuti messi in campo e nel modo di presentarli, della squadra avversaria, di rilevare gli elementi di verità che, durante la disputa, sono emersi nell’argomentare degli avversari.
Tramite questo link è possibile vedere un esempio della successione delle fasi della disputa Age Contra.
Un aspetto essenziale di una buona disputa è un chiaro, condiviso e accurato metodo di valutazione, che permetta ai disputanti di conoscere in anticipo i criteri cui la giuria si atterrà, di prepararsi in modo coerente e di comprendere anche autonomamente gli aspetti efficaci e persuasivi, e i punti di criticità, della propria performance, ad esempio riconoscendo la maggiore o minore validità dell’utilizzo di definizioni di termini, dati e ragioni, inferenze e strategie argomentative seguite. Va infatti sottolineato che la scheda di valutazione (consultabile a questo link) prevede anche indicatori e misuratori di valore della comunicazione non verbale e paraverbale.
L’Age Contra è senz’altro adatto per essere utilizzato nella didattica delle materie umanistiche, dalla filosofia alla storia, fino all’arte e alla letteratura italiana e straniera, nella scuola secondaria di secondo grado come nei percorsi universitari.
Il protocollo richiede, infatti, in primo luogo, un lavoro approfondito sul significato, sulla definizione e sul corretto utilizzo dei termini. In secondo luogo, esso costringe ad analizzare la rilevanza del problematrattato nel contesto storico, sociale e culturale in cui si trovano i disputanti e la sua connessione con altre questioni a cui si può legare oppure, all’opposto, a mettere in luce la sua separazione da problemi a cui, per false analogie, ingenuamente ed erroneamente viene associato. In terzo luogo, esso educa a disputare attraverso ragionamenti, fatti, cause, prove, esempi secondo i diversi tipi di argomenti individuati come i più adeguati per quel tipo di questione e in quella particolare situazione.
Inoltre, il protocollo Age Contra sviluppa le capacità di analisi critica dei discorsi altrui, affinando l’attitudine a riconoscere fallacie e parzialità negli argomenti e nelle definizioni utilizzati dagli interlocutori, come il cadere in contraddizione e la proposta di falsi dilemmi. Infine, potenzia la capacità di persuasioneperché sollecita a comunicare facendo uso della retorica e dell’ironia, della modulazione della voce e dell’espressività del corpo, della gestualità delle mani e della mimica facciale.
Realizzare una disputa regolamentata permette di creare uno spazio protetto, libero e inclusivo dove nessuna opinione è condannata a priori e dove ciascuno è allo stesso tempo chiamato a dare ragione di ciò che sostiene senza potersi appoggiare solo al ruolo che riveste, o al potere di cui dispone, nella comunità o nell’istituzione di riferimento. La disputa è quindi uno strumento di libertà, non solo perché capace di rompere gerarchie cristallizzate, ma anche perché utile a rendere più accorti e vigili i cittadini di società democratiche e multiculturali, in cui tuttavia, troppo spesso, domina una forma di comunicazione muscolare e centrata sulla discriminazione economica, estetica e sociale.
Tratto dal capitolo “Il protocollo di disputa Age Contra” del libro “Educare a pensare. Teoria e pratica della disputa regolamentata”, a cura di Marco Ferrari e Massimo Nardi, Carocci editore, 2025.