Dire, fare, insegnare
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L'insegnante: educatore transformer

In una scuola che cambia, l'insegnante deve continuamente adattare i suoi modelli relazionali per non perdere efficacia nell'azione educativa. Deve scegliere quali carte giocare, quale "maschera educativa" indossare a seconda dei bisogni e dei momenti.

Gestione della classe 
02 dicembre 2019 di: Antonella Artiaco, Lorenzo Barbagli
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Insegnare non significa solo trasmettere nozioni e conoscenze ma anche aiutare i giovani nella maturazione più ampia della loro persona. In particolare, la scuola di oggi, non più garantita e protetta dal riconoscimento di un ruolo e di una funzione sociale, necessita di ricostruire la sua azione sulla base della capacità degli insegnanti di includere, educare, condurre ed appassionare alla conoscenza e alla maturazione.

Per riuscire al meglio in queste azioni, è necessario che insegnanti, formatori ed educatori in genere, riescano a cambiare stile relazionale, in base alle necessità del gruppo e/o del singolo, senza perdere i contenuti valoriali della loro azione educativa. 

Abbiamo ricondotto il ruolo e le funzioni educative ad una idealtipica tripartizione che amiamo definire "Insegnante Transformer" [1]:

L'Insegnante Autorevole è un insegnante classicamente “di ruolo”, austero e relativamente severo, formale e giusto che offre e chiede metodo ed impegno. È abile nel gestire con responsabilità, equilibrio e senso di realtà i differenti bisogni degli studenti (libertà, autonomia, espressione del sé e gusto della vita).È una guida affidabile e stabile che ha come obiettivi prioritari la responsabilizzazione e l'integrazione con la realtà esterna. La sua azione passa prevalentemente attraverso i gesti educativi [2] dell’insegnare, rimproverare, gratificare e consigliare e trova il suo orizzonte teorico di riferimento nel positivismo gentiliano, nello scoutismo di Powell o negli idealismi pedagogici di matrice sovietica (Makarenko).Il suo stile fermo e affidabile, prevedibile e oggettivo lo rende ottimale quando si ha a che fare con soggetti e gruppicaotici e confusionari, angosciati o affettivamente insicuri oppure demotivati, anomici e quieti.

L'Insegnante Affettivo è, invece, un insegnante accogliente che centra la sua azione educativa sulla capacità di dialogare, capire, riconoscere e offrire solidarietà e sostegno. Sa gestire il conflitto contenendo, mediando e riconoscendo le soggettive visioni in modo giusto ed equo senza che le invidie, le gelosie e gli interessi individuali distruggano la gruppalità, l'amicizia e conseguentemente la serenità dei singoli e del gruppo. Sa accettare le istanze interiori e confermarne l'importanza. Il suo stile è pacato ed avvolgente, affettuoso ed accogliente senza essere per questo edulcorato.La sua azione passa prevalentemente attraverso i gesti educativi del consolare, sostenere, gratificare, incoraggiare e calmare e trova il suo orizzonte teorico nel modello educativo montessoriano e di Don Bosco o nell’attivismo delle sorelle Agazzi. Serve a coloro che hanno bisogno di stabilità affettiva perché troppo immersi nei dubbi e nei ragionamenti complessi oppure a coloro che chiedono spazio e riconoscimento della loro interiorità. È particolarmente utile con gruppi fortemente eterogenei, curiosi, introversi, diffidenti o che si portano dentro profonde sofferenze. 

L'Insegnante Liberante è un insegnante coinvolgente e carismatico, dinamico e coraggioso che trascina il gruppo in esperienze e conoscenze attraverso la passione che esprime e la libertà che offre. Sa gestire la relazione attraverso il dialogo ed il confronto senza cadere nelle manipolazioni, nei condizionamenti o nella negazione delle istanze individuali. Orienta, spinge e sostiene i talenti individuali trasmettendo ai ragazzi la voglia ed il coraggio di sognare, di tentare, di ambire. Infatti lo sviluppo del coraggio e della fiducia in se stessi e il richiamo alle personali vocazioni sono le sue priorità educative. La sua azione privilegia i gesti educativi dell’appassionare, del gratificare, dell’incoraggiare, del consigliare e dell’insegnare e trova riferimenti teorici nel modello rousseauiano, nell’esperienza di Don Milani ed in generale nell’attivismo pedagogico.Serve ai soggetti timidi o passivi, che necessitano di un appoggio attraverso cui imparare a costruire la loro esistenza oppure a coloro che, troppo rigidi e chiusi, hanno bisogno di libertà ed emozionalità. È infine particolarmente utile con i gruppiattivi, dinamici, insicuri, dubbiosi, anomici o particolarmente invischiati.



Ogni insegnante si riconoscerà istintivamente in uno di questi ruoli, così come ne percepirà almeno uno distante da sé, fino a dubitarne dell'utilità e dell'efficacia. È necessario, però, impegnarsi affinché questi tre modelli di relazione educativa trovino un equilibrio armonico che si dovrà adattare ai differenti momenti, alle differenti classi, alle differenti fasi della relazione. Del resto la reiterata ed ideologica ripetizione di uno solo di questi stili irrigidisce l'insegnamento fino a ridurne l'efficacia sia sul piano della relazione che della didattica.

La verità è che un insegnamento per essere a tutto tondo maturativo e trasformativo, non può ridursi al solo "gioco dei ruoli" o all'esclusiva disponibilità all'ascolto, così come, non può solamente orientarsi alla motivazione.

L'educazione è qualcosa di molto simile all'agricoltura: c'è un tempo per preparare il terreno, uno per seminare, un tempo per nutrire ed infine un tempo per raccogliere. Ogni studente o gruppo ha più campi da coltivare e ognuno di essi necessiterà del proprio stile educativo.

[1] Barbagli Lorenzo, [2014], Pedagogia Relazionale, Ed. La Bancarella, Livorno; e [2017], Una scuola per le persone, Ed. Helicon, Poppi (AR)

[2] Artiaco Antonella, Barbagli Lorenzo, [2019], Genitori e DSA, Ed. Helicon, Poppi (AR)