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Le parole per scriverlo: spunti per il potenziamento linguistico-lessicale nella scuola secondaria

Francesca Puliga, specializzata in metodi di intervento per BES, DSA e gifted children, analizza le difficoltà nella produzione scritta spontanea, particolarmente diffuse oggi tra i più giovani, e propone alcune strategie da applicare per sostenere questa preziosa competenza.

Metodologie 
22 maggio 2023 di: Francesca Puliga
copertina

Poche settimane fa l’Università di Pisa ha annunciato la nascita del CECIL, un centro di eccellenza per la ricercae la didattica il cui compito sarà quello di contrastare l’impoverimento linguistico, attraverso progetti di formazione rivolti a insegnanti e studenti.

Una crescente difficoltà nel padroneggiare la lingua, specie nella sua forma scritta, era stata segnalata da tempo: già nel 2017 alcuni accademici avevano firmato un appello, dopo aver constatato le difficoltà di studenti e studentesse nel redigere un elaborato. Inoltre i test INVALSI rimandano da anni l’immagine scoraggiante di adolescenti incapaci di comprendere un breve testo e di ricavarne informazioni inferenziali. Il problema, peraltro, non sembra circoscritto solo al nostro Paese: secondo uno studio dello scorso decennio, condotto dal linguista britannico Tom McEmery, la maggioranza degli under 20 allora usava correntemente meno di novecento vocaboli, pur conoscendone in media alcune decine di migliaia.

La comunicazione non solo figura tra le competenze chiave da acquisire alla fine del percorso formativo dell’obbligo, ma rappresenta anche una risorsa imprescindibile nel mondo del lavoro e nella vita relazionale, affettiva e perfino intrapersonale. Diversi studi convergono nell’associare a buone capacità espressive un basso livello di aggressività e un miglior funzionamento sociale: insomma, chi riesce a mettere in parole quello che ha dentro, vive più felice. Ciò induce a una seria riflessione sul contributo che possono fornire gli educatori per favorire nella generazione Z la dimestichezza con il “comporre”, termine col quale la psicologia designa la produzione spontanea, distinta dalla semplice scrittura strumentale, corrispondente alla generazione di grafemi.

La posta in gioco è più alta del mero insuccesso scolastico, vista la frustrazione che comporta il “non sapersi spiegare”: con diversi livelli di consapevolezza a seconda dell’età e della maturità moltissimi confidano di sapere cosa scrivere ma non come farlo. In effetti, dall’inizio della secondaria gli interventi mirati a sostenere questo compito si rarefanno e i professori tendono semplicemente a correggere gli errori nei temi, mentre la grammatica viene abbandonata dopo la fine del biennio delle superiori. Chi è un “cattivo scrittore” finisce per non avere molte occasioni di migliorarsi ed è portato a sviluppare la tanto temuta impotenza appresa.

È lecito interrogarsi su fino a che punto l’inadeguatezza nel comporre sia fisiologica: in effetti esistono prove standardizzate per valutare un deficit clinicamente rilevante della scrittura spontanea e la legge 170/2010 classifica i DES (Disturbi dell’Espressione Scritta) come «disturbi misti delle abilità scolastiche», frequenti in comorbilità con altri DSA. Tuttavia, in questo caso il confine tra difficoltà e disturbo risulta molto sfumato perché si tratta un compito complesso, che richiede molteplici abilità. Gli interventi di potenziamento linguistico-lessicale possono essere dunque intrapresi senza dare troppo peso alle etichette, nel corso di un progetto di tutoring individuale o collettivo, adottando un approccio che sia, insieme, inclusivo e personalizzato.

Le potenzialità metacognitive di ragazzi e ragazze più grandi sono un alleato per stimolare la produzione di testi, con un’unica avvertenza: evitare l’ennesima riproposizione di regole morfologiche e puntare tutto sull’interiorizzazione di lessico e sintassi tramite attività pratiche e fruibili che allenino allo stesso tempo la comprensione e le abilità espressive. In breve l’idea vincente sta nel supportare la correttezza nell’organizzazione del periodo e la fluenza semantica con un approccio analogo a quello impiegato per stimolare le idee e i contenuti. L’importante è non dare questa competenza per acquisita una volta per tutte in nessuna fase dell’iter formativo: più di qualunque altra, essa si affina costantemente e si avvantaggia di esperienze, viaggi, incontri, letture.

Un esempio di attività è il brainstorming classico dei vocaboli coerenti con una traccia data: si presentano al centro di un foglio alcuni nomi di concetti astratti e per ciascuno devono essere trovati almeno cinque o sei aggettivi, validi in situazioni comunicative diverse. L’esercizio si può proporre anche con la coppia verbo-complemento oggetto e viceversa, avendo cura di scegliere termini di frequenza medio-bassa, che permettano di ampliare il vocabolario standard e fare uscire ragazze e ragazzi dalla loro comfort-zone lessicale. Sempre con questo proposito, è utile consegnare un brano con alcune parole evidenziate, delle quali gli studenti devono rintracciare sinonimi adeguati oppure, a seconda dei casi, iponimi, iperonimi e antonimi. Proposto con regolarità e un livello crescente di difficoltà, questo esercizio sviluppa anche la comprensione del testo nei lettori deboli, poiché aiuta a cogliere ed esaltare le sfumature di significato.

Si prefigge un obiettivo simile pure il “testo censurato”: somministrato un brano con alcune parole oscurate, il compito è immaginare quali potrebbero essere i vocaboli mancanti, tenendo presenti contesto e argomento trattato. Si tratta di un’esercitazione versatile poiché si può optare per diverse tipologie testuali; un buon accorgimento consiste nel variare il genere di parola “censurata”, così che si debba inserire ora un sostantivo, ora un verbo, un aggettivo o altro. In classe o con un piccolo gruppo il gioco diventa più competitivo qualora si dividano gli studenti in squadre: vince quella che indovina più parole del testo originale, oppure chi trova le soluzioni più convincenti e fantasiose. In tal modo si allenano anche le capacità predittive, nella misura in cui sollecitiamo concentrazione e memoria di lavoro, che rappresentano componenti determinanti nel processo di scrittura. Ancora, una versione sofisticata del celebre gioco “Taboo” consiste nel proporre una lista di frasi autonome, all’interno delle quali figurino almeno tre o quattro lemmi con una lettera in comune, la lettera “taboo”: la sfida è riscrivere la frase mantenendo intatto il messaggio originale, ma senza inserire mai la lettera vietata. In questo modo ci deve sforzare di reperire delle espressioni equivalenti, all’interno peraltro di una più ristretta cerchia di parole.

Sfruttiamo anche gli spunti che provengono dal mondo digitale, dove sono molto diffusi gli emoji. Ne esistono poco meno di 4000 e spesso sostituiscono delle parole, ma quali? Presentando una selezione di emoticon, chiediamo di abbinare a ciascuno di essi il messaggio (o messaggi) che veicolano, così da permettere una compiuta esplicitazione del loro contenuto: associare al pollice in su “approvazione, conferma” o alla semplice faccina che si squaglia “imbarazzo” si può rivelare un lavoro divertente e proficuo, talvolta foriero di esiti esilaranti.

Uno degli errori più comuni e trascurati è legato all’impropria formulazione dei verbi preposizionali, di conseguenza elaborare un’attività mirata a sostenere la competenza a riguardo si rivela un buon rinforzo. Messi di fronte a una lista di questi verbi, gli studenti dovranno valutare da quale preposizione è corretto fare seguire ognuno di essi, magari agevolati da una scelta multipla, per poi imparare a trovare quello ideale più autonomamente.

Sul piano sintattico, poiché i cosiddetti knowledge teller (gli scrittori che “giustappongono” pensieri, esprimendosi con basso livello di intenzionalità) sono portati a privilegiare la paratassi, risulta efficace focalizzare la loro attenzione sui connettivi subordinanti. Per esempio, se si ritagliano dei cartellini recanti ciascuno una congiunzione differente e si mescolano in un contenitore come i numeri della tombola, è possibile invitare singoli ragazzi o gruppi a creare periodi che includano, correttamente impiegato, il connettivo di volta in volta estratto. L’alternativa è di fornire loro su un foglio o alla lavagna le frasi di un periodo slegate: in questo caso dovranno individuare il connettivo giusto per ogni occasione, dal valore concessivo a quello causale, dal temporale al consecutivo. Facciamo inoltre notare loro quando sono possibili più varianti, così familiarizzeranno con l’ipotassi e sarà meno probabile che cadano vittime di un uso sovrabbondante del gerundio e di disarmanti fuochi di fila di “…e poi”. Saranno in grado di sciogliere con maggior sicurezza le proposizioni implicite, conferendo ai loro testi scorrevolezza e intellegibilità.

Coinvolgere gli studenti in compiti di realtà o elaborati flipped classroom, come redigere testi altamente finalizzati e brevi, è un ottimo corroborante per mettere alla prova – in itinere o alla fine del potenziamento – le capacità acquisite: si accorgeranno di avere nuove frecce al loro arco e la motivazione aumenterà. Creare la quarta di copertina alternativa del loro manga o la sinossi della serie tv preferita, la didascalia di un’opera d’arte vista in gita sono compiti stimolanti e adatti a un re-test della loro padronanza linguistica; oppure, portato un cesto con una serie di oggetti, dalle cuffie bluetooth ai croccantini per cani, far pescare a piacere un prodotto e affidare alla loro creatività la sceneggiatura di una pubblicità per i media. Tutto ciò permette di associare il comporre a una risorsa con un fine concreto, di allacciarlo al quotidiano e alla possibilità di muoversi con più sicurezza nel mondo, quale che sia la strada che si imboccherà in futuro.

Riferimenti bibliografici e sitografici