La Nota ministeriale 388 del 17 marzo ha stabilito le linee guida per la didattica a distanza: la scuola italiana è pronta? Dopo la prima parte, pubblicata qualche giorno fa, abbiamo messo a confronto altri tre docenti su questo tema caldo.
Esperienze di insegnamento  Grandi insegnanti Nella Nota ministeriale 388 del 17 marzo si legge che “[…] le attività di didattica a distanza […] prevedono la costruzione ragionata e guidata del sapere attraverso un’interazione tra docenti e alunni. Qualsiasi sia il mezzo attraverso cui la didattica si esercita, non cambiano il fine e i principi [… ]. Il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, che non siano preceduti da una spiegazione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento successivo di chiarimento o restituzione da parte del docente, dovranno essere abbandonati, perché privi di elementi che possano sollecitare l’apprendimento […]. È ovviamente da privilegiare, per quanto possibile, la modalità in “classe virtuale” […].”
Abbiamo posto alcune domande a docenti della scuola secondaria, per capire come si sono organizzati. La prima parte di questa tavola rotonda virtuale è disponibile qui.
A oggi è stata impostata dai docenti una riprogrammazione dell’attività didattica e una rimodulazione degli obiettivi affinché – come recita la Nota – «[…] le attività finora svolte non diventino – nella diversità che caratterizza l’autonomia scolastica e la libertà di insegnamento – esperienze scollegate le une dalle altre […].»?
Le risposte dei docenti interpellati sottolineano l’importanza, nella riprogrammazione dell’attività didattica, di tenere conto soprattutto dei bisogni degli studenti e del fatto che l’obiettivo principale sia consentire loro di vivere la scuola nel modo più normale possibile.
Marco Ferrari, professore di filosofia e storia, afferma: «Al Liceo Malpighi di Bologna ci siamo organizzati innanzitutto come collegio docenti poi nei singoli consigli di classe e nei singoli dipartimenti di materia per ridefinire gli obiettivi essenziali da raggiungere fino alla fine dell’anno materia per materia. Ogni docente ha ristabilito un percorso adeguato, ad esempio un collega di filosofia ha deciso di rimodulare tutto il programma da qui a giugno sul tema dell’amicizia, io ho deciso di aprire un modulo sull’argomentazione e anticipare un lavoro che avrei fatto il prossimo anno. I programmi sono stati riorganizzati in modo da poter raggiungere gli obiettivi essenziali e da poter far progredire i ragazzi nella didattica.»
Sara Adobati, insegnante di sostegno in un istituto professionale, sottolinea l’importanza del confronto con gli studenti: «Dopo le linee guida del Ministero e alcuni consigli del Dirigente scolastico, il consiglio di classe insieme ai rappresentanti degli studenti si è trovato - in una call attraverso l’app Hangouts Meet di Google - per una riunione informale per parlare di come riprogrammare la settimana scolastica. Gli studenti hanno esposto la difficoltà di seguire per tante ore le videolezioni: per loro risultano più faticose perchè da un lato sono abituati a smartphone, ma non ai PC, dall’altro sentono la mancanza dell’interazione tra pari, che stempera anche le materie più difficili. Si è così giunti a un compromesso, un orario che elimina la prima e l’ultima ora. Vengono programmati dei momenti di videolezione alternati. Il ragazzo riceve i compiti da svolgere in un’ora di tempo e da rimandare all’insegnante allo scadere dell’ora. A quel punto il docente corregge, dà spiegazioni sugli errori per iscritto, per poi passare alla correzione in videolezione. Quindi, si alternano momenti di passaggio delle conoscenze in presenza, a momenti di verifica individuale e di restituzione di gruppo e individuale. Per il momento la metodologia sembra funzionare, ad ogni modo sarà da verificare e da aggiornare frequentemente, mediate il confronto costante con gli studenti, che sono una risorsa e una fonte di idee. In questo modo potranno trasformare le proprie conoscenze e abilità in competenze. Sicuramente sarà un periodo che renderà la scuola tecnologicamente più forte.»
Veronica Biffi, insegnante di matematica e scienze alla scuola secondaria di primo grado, sottolinea l’importanza della collaborazione tra colleghi: «Non abbiamo ancora fatto una riprogrammazione ufficiale in collegio docenti, ma stiamo cercando il più possibile di intrecciare alcune attività in modo che ci sia collaborazione a distanza tra noi insegnanti. Stiamo cercando di procedere con i nostri programmi anche se sappiamo che la priorità né nostra né delle famiglie in questo momento è terminare il programma, ma accompagnare i ragazzi all’interno di una “finestra di normalità”. Nel farlo stiamo cercando di intrecciare il lavoro affinché non sia tutto scollegato, ad esempio il collega di italiano ha realizzato il video in cui proponeva di fare ai ragazzi di fare una ricetta e raccontarla. All’interno del progetto io subentro, come insegnante di scienze, per raccontare alcuni processi come l’ebollizione e gli stati della materia. Anche nelle piccole cose cerchiamo di procedere intrecciando i nostri programmi come sempre, in modo che ci sia dialogo e collaborazione. Ci confrontiamo due volte a settimana sia sull’andamento delle lezioni che sui contenuti.»
La Nota 388 dedica una parte anche agli alunni con disabilità affermando che il punto di riferimento rimane il Piano educativo individualizzato e la sospensione dell’attività didattica non deve interrompere il processo di inclusione. Fino ad oggi come si sono organizzati gli insegnanti di sostegno con gli alunni con disabilità? In quale modo si può favorire l’inclusione con la didattica a distanza? La Nota suggerisce inoltre di “[…] mettere a punto materiale personalizzato da far fruire con modalità specifiche di didattica a distanza concordate con la famiglia medesima, nonché di monitorare, attraverso feedback periodici, lo stato di realizzazione del PEI […].” Dal suo punto di vista questo sta accadendo?
Le risposte evidenziano come l’insegnante di sostegno metta in atto un lavoro di rete sia con i colleghi che con le famiglie degli alunni con disabilità in modo da garantire il più possibile l’inclusione e la possibilità di seguire la programmazione della classe.
La professoressa Adobati sottolinea come l’inclusione riguardi non solo gli studenti disabili. «Io parto dal presupposto che i PEI scritti in base all’ICF per l’equipe che lavora attorno allo studente DVA sono come delle mappe per esploratori. L’insegnante di sostegno non lavora mai in solitaria, ma in una rete in cui tutti gli operatori non si dimenticano mai del PEI. Allo stesso tempo i PEI non sono incisi sulla pietra. Proprio questi momenti in cui la routine scolastica viene a meno, così come la socialità, è opportuno lavorare attorno alle difficoltà date dall’ambiente che circonda il ragazzo, indagare o rafforzare le potenzialità del ragazzo, per accrescerne l’autostima. Delegare è necessario in questo particolare momento, così come dare fiducia alla famiglia, che è in prima linea nell’attività scolastica (dalla predisposizione degli strumenti informatici, all’essere veri e propri compagni di classe durante le lezioni). Per questo gli insegnanti che hanno creato una buona rete scuola-famiglia prima si possono ritenere fortunati. Per tutti gli altri… è il tempo di farlo. In questo momento l’inclusione non riguarda solo gli studenti DVA, ma soprattutto chi non ha apparati tecnologici a disposizione, chi deve dividere un tablet con tre fratelli, chi ha i genitori costretti ad andare al lavoro e deve fare da babysitter a casa. Ad ogni modo, la presenza di un compagno disabile in classe può essere un modo di aggregazione e integrazione per tutti. Per quanto mi riguarda una volta alla settimana si sceglie un argomento e tutti insieme se ne parla in videoconferenza, tra padlet e forum: che cos’è la sicurezza? Quali sono gli aspetti più importanti in caso di pericolo? Quali sono i diversi tipi di comunicazione, verbale, paraverbale, virtuale? Dopo la discussione la classe ha proposto di tradurre in Lingua dei segni una canzone sul tema. Obiettivi: inclusione, integrazione e soprattutto capacità di reazione sociale davanti a momenti di difficoltà.»
La professoressa Biffi, invece, afferma che il lavoro di insegnanti di sostegno e di materia procede in parallelo. «Gli insegnanti di sostegno all’inizio, nel pieno del caos, hanno contattato noi insegnanti per modulare i compiti che avevamo assegnato. Quando non hanno lezioni in altre classi, partecipano nelle nostre ore di lezione, per seguire e capire quali sono i punti critici, creare schemi, mappe e materiale per i loro ragazzi. Inoltre noi insegnanti di materia ci accordiamo con gli insegnanti di sostegno, come facciamo sempre in realtà, su come tarare il programma per il ragazzo. Da questo punto di vista non abbiamo avuto grandi stravolgimenti. Nel mio caso specifico ho studenti che seguono il programma di classe, magari semplificato, in altri casi altri casi, in altre classi, l’insegnante di sostegno contatta direttamente la famiglia, per seguire il piano didattico personalizzato.»
È realistico pensare, in questa situazione di difficoltà, che gli insegnanti possano creare materiali differenziati per gli alunni con BES, anche sfruttando la strumentazione tecnologica già in uso, come richiesto dalla Nota dove si legge che «occorre dedicare, nella progettazione e realizzazione delle attività a distanza, particolare attenzione alla presenza in classe di alunni in possesso di diagnosi rilasciata ai sensi della Legge 170/2010, e ai rispettivi piani didattici personalizzati.»?
Le risposte sottolineano come in molti casi gli studenti BES siano abituati a utilizzare computer e programmi e come questa situazione possa fornire l’occasione per avere un riscontro oggettivo su quali strumenti siano più utili per loro.
Ferrari racconta che nella sua scuola hanno «attivato una serie di sportelli di recupero pomeridiani sia per studenti BES sia per studenti in difficoltà, lo facciamo sia noi docenti come aiuto alle famiglie, sia tramite i tutor del Servizio Civile che ci aiutano e possono legalmente operare a distanza con i nostri ragazzi.»
Adobati sottolinea come gli strumenti digitali facciano parte della didattica BES. «È un bene che la Nota prenda a cuore i ragazzi con BES, ma è bene tener presente che proprio per questi ragazzi le risorse tecnologiche sono sempre impiegate anche in presenza. Questa situazione favorirà quindi una valutazione più approfondita sull’effettiva efficacia dell’uso di alcuni hardware e alcuni software e perché no, una sperimentazione ulteriore e maggiore scambio di idee tra docenti, per trovare delle modalità ancora più efficaci.»
Biffi infine ci dice che, nel suo istituto, «per tutti gli alunni con BES stiamo mantenendo il PDP. Le interrogazioni sono programmate e i ragazzi possono usufruire degli strumenti compensativi. Non vengono penalizzati, anzi abbiamo notato che utilizzando di più la tecnologia, schemi, video, power point, ecc. alcuni di loro sono più attenti e a loro agio, sebbene soffrano la mancanza della classe e del contatto. Tra le varie difficoltà, per il momento il riscontro è molto positivo anche da parte delle famiglie.»
La Nota ritiene necessario che si proceda ad attività di valutazione costanti, secondo principi di tempestività e trasparenza: in quale modo si possono valutare gli alunni con la didattica a distanza?
Le risposte sottolineano come sia importante tenere in considerazione la partecipazione degli studenti all’attività didattica e come in questo contesto diventi importante valutare anche e soprattutto le competenze degli alunni.
Marco Ferrari ci spiega la necessità di non creare eccessiva ansia negli studenti. «Come collegio docenti abbiamo deliberato che ciascun docente proporrà esercitazioni a distanza, test scritti, video, dialoghi e ogni insegnante deve segnalare al ragazzo e alla famiglia il feedback valutativo che non avviene attraverso valori numerici che misurano la prestazione, ma avviene come feedback descrittivo che sottolinea gli errori e le parti che devono esser modificate. Con questi dati a fine anno daremo una valutazione a fine anno a ogni studente, ma senza metterli sottopressione in questo periodo delicato con numeri e medie anche perché manca l’esperienza di classe e alcuni ragazzi potrebbero essere penalizzati da una valutazione solo attraverso la didattica a distanza.»
Sara Adobati afferma che: «con la didattica a distanza e quanto suggerisce la nota, la “misurazione” diventa valutazione: l’uso della valutazione iniziale, in itinere e finale obbliga il docente a prendere in considerazione abilità, conoscenze e competenze di uno studente. In questo modo le competenze assumono un valore pari alle conoscenze. Si iniziano a valutare la partecipazione e l’interazione non solo in ottica della condotta, ma della materia. È una buona pratica che io spero venga portata anche tra i muri di scuola.”.
Veronica Biffi evidenzia invece l’importanza delle competenze e del dialogo con gli studenti. «Quello delle valutazioni dal mio punto di vista è uno degli argomenti più spinosi. Io credo che vadano valorizzati tutti gli interventi dei ragazzi, quindi a partire dal fatto che partecipino, consegnando compiti e lavori ben fatti, perché non è per nulla scontato. Così come interventi positivi durante la lezione. Questo cerca di ricalcare l’abitudine che già abbiamo in classe. Per quanto riguarda le materie di studio stiamo provando a privilegiare la valutazione delle competenze rispetto a quella delle conoscenze. Sappiamo che hanno il libro davanti, quindi domande di sola conoscenza nozionistica sono meno efficaci e utili. Lavoriamo soprattutto su domande per verificare la comprensione. Può aiutare la programmazione delle interrogazioni, oppure non iniziare dai più fragili, in modo che possano sentirsi più a loro agio. Per le prove scritte, valutiamo le prove che svolgono durante le ore di lezione con una restituzione immediata e trasparente. Anche in questo caso si valuta più la comprensione che la sola applicazione.Ci terrei a precisare anche una cosa alla quale tengo molto. Sicuramente stiamo facendo scuola e serve valutare questi ragazzi, ma un punto chiave di quello che stiamo facendo è renderci conto che la situazione che stiamo vivendo è un’emergenza, è drammatica. Ed è questa la realtà che stanno vivendo i nostri alunni. Stiamo cercando di non assalire i ragazzi con troppi compiti, stiamo cercando di dialogare il più possibile con loro. Abbiamo fatto anche delle assemblee con i genitori, per avere un riscontro da parte loro. Non possiamo soffocare i ragazzi, deve essere un lavoro di senso, di crescita e di educazione. Questa mentalità va a mio avviso applicata anche alla valutazione. Non dobbiamo avere l’ansia della valutazione, pur arrivandoci, ma con calma e gradualmente e seguendo diverse e più strade. Non si può fingere che la situazione non sia assolutamente straordinaria, cioè non ordinaria.»
A fronte di tutto questo, ritiene che la scuola italiana e i suoi docenti siano pronti per organizzare l’attività didattica in conformità alla Nota ministeriale?
Le risposte descrivono una scuola che si sta adattando a questa situazione di emergenza con tutte le risorse che ha a disposizione e con un grande impegno degli insegnanti che, come gli studenti, hanno visto un forte cambiamento nell’organizzazione dell’attività didattica.
Marco Ferrari ritiene che: «tutte le scuole d’Italia laddove ci sia un dirigente e un corpo docente desideroso di fare bene il suo lavoro, siano pronte a realizzare una didattica a distanza con più o meno strumenti a disposizione. Ci sono molte scuole con un capitale tecnologico digitale e con competenze in questo ambito che faranno un attimo lavoro e ci sono scuole che si devono attrezzare, ma la riuscita non dipende dagli strumenti, ma dal desiderio e dalla capacità di lavoro in team, condiviso e con obiettivi comuni da parte del collegio docenti e della comunità educante che è la scuola. La scuola è una tessuto di relazioni quindi se si tiene vivo il tessuto di relazioni la scuola farà egregiamente il suo compito anche in questo orizzonte a distanza.»
Sara Adobati è convinta che: «nessuno fosse veramente pronto, ma in pochissimi giorni gli animatori digitali hanno dimostrato che la scuola italiana è all’avanguardia. Le piattaforme digitali venivano usate per poche e brevi UDA, hanno rivelato un grande potenziale. Il corpo docenti – chi in prima linea e chi nascosto in ultima fila - si è lanciato nella scoperta di nuove risorse, dapprima avviando e spegnendo la videoconferenza dieci volte di fila e facendosi aiutare dagli studenti stessi ragazzi. Poi dimostrando che con l’impegno si può fare tutto. La condivisione e il tutoring studente-docente può solo che rafforzare la scuola, il docente e lo studente in qualità di cittadino.»
Veronica Biffi, infine, ci racconta che «forse nessun docente era pronto per organizzare l’attività didattica in modo così rispondente alla nota ministeriale, ma credo che ogni docente sia in grado di farlo e abbia tutte le risorse. Non tanto intese come strumenti quanto le capacità. Io conosco la mia materia, continuo a spiegarla, è cambiata la veste in cui lo faccio. Significa stravolgersi, a volte inciampare e inventarsi, ma è un modo per riscoprire le mie materie sotto una luce nuova, andando a puntare magari su cose su cui non puntavo prima. Sicuramente è faticoso e ci vuole un sacco di impegno, ma è fattibile. Così come ai ragazzi viene chiesto di stravolgere la loro quotidianità per andare incontro a questa modalità, così viene chiesto ai docenti. Credo che si possa e che si debba fare.»
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