La Nota ministeriale 388 del 17 marzo ha stabilito le linee guida per la didattica a distanza: la scuola italiana è pronta? Abbiamo messo a confronto tre docenti.
Esperienze di insegnamento  Grandi insegnanti Nella Nota ministeriale 388 del 17 marzo si legge «[…] le attività di didattica a distanza […] prevedono la costruzione ragionata e guidata del sapere attraverso un’interazione tra docenti e alunni. Qualsiasi sia il mezzo attraverso cui la didattica si esercita, non cambiano il fine e i principi [… ]. Il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, che non siano preceduti da una spiegazione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento successivo di chiarimento o restituzione da parte del docente, dovranno essere abbandonati, perché privi di elementi che possano sollecitare l’apprendimento […]. È ovviamente da privilegiare, per quanto possibile, la modalità in “classe virtuale” […]».
Abbiamo posto alcune domande a docenti dei vari ordini di scuole. In questa prima parte della nostra tavola rotonda, tre insegnanti della scuola secondaria ci aiutano a capire come si sono organizzati.
A oggi è stata impostata dai docenti una riprogrammazione dell’attività didattica e una rimodulazione degli obiettivi affinché – come recita la Nota – “[…] le attività finora svolte non diventino – nella diversità che caratterizza l’autonomia scolastica e la libertà di insegnamento – esperienze scollegate le une dalle altre […]?
Le risposte dei docenti dipingono una realtà variegata nel panorama scolastico italiano.
Pino Suriano, insegnante di italiano in un liceo scientifico, afferma che ci sono state risposte differenti a seconda delle scuole e delle competenze digitali dei singoli docenti: «Per esempio, i miei studenti hanno perso poche ore di insegnamento, perché ho avviato la videolezione a distanza, attivando dinamiche di interazione non molto diverse da quelle d’aula.Tanti altri sono nelle mie condizioni, ma so di tanti che invece hanno iniziato più tardi o non hanno ancora iniziato. In quel caso sarà necessario, seppur in parte, rimodulare gli obiettivi. Mi sembra un’azione di buonsenso a tutela degli studenti, nella speranza che non sia percepita (accade troppo spesso tra noi insegnanti) come un’ennesima grana burocratica: una matassa da sbrogliare e non un’occasione per riflettere.»
Gabriele Laffranchi, docente in una scuola secondaria, sottolinea anche l’importanza della collaborazione tra colleghi: «A scuola abbiamo risposto prontamente all’emergenza organizzando delle videolezioni che mantenessero il ritmo della settimana pur alleggerendo il carico di lavoro, altrimenti insostenibile. Spesso ci sentiamo tra colleghi e anche come Collegio docenti per rimanere allineati nelle modalità e quantità di consegna del lavoro, evitando così di intasare i ragazzi di contenuti. Con il medium del digitale è fondamentale aumentare in chiarezza la comunicazione delle informazioni e delle linee di metodo, tra colleghi e con gli studenti.»
Diversa è la situazione descritta da Paola Mambretti, insegnante di lettere di un istituto tecnico brianzolo: «Sinceramente non c’è stata nessuna riprogrammazione dell’attività didattica né una rimodulazione degli obiettivi. Si naviga a vista e si fa quel che si può. Anche tra docenti non c’è una grande comunicazione, ognuno si arrangia a modo suo, a seconda degli strumenti che ha e delle conoscenze informatiche che possiede.».
La Nota 388 dedica una parte anche agli alunni con disabilità affermando che il punto di riferimento rimane il Piano educativo individualizzato e la sospensione dell’attività didattica non deve interrompere il processo di inclusione. Fino ad oggi come si sono organizzati gli insegnanti di sostegno con gli alunni con disabilità? In quale modo si può favorire l’inclusione con la didattica a distanza? La Nota suggerisce inoltre di «[…] mettere a punto materiale personalizzato da far fruire con modalità specifiche di didattica a distanza concordate con la famiglia medesima, nonché di monitorare, attraverso feedback periodici, lo stato di realizzazione del PEI […].» Dal suo punto di vista questo sta accadendo?
Le risposte che ci hanno dato gli insegnanti evidenziano la difficoltà di creare inclusione a distanza, perché in questa situazione si rivela ancora più difficile compensare la lontananza fisica.
Pino Suriano sottolinea che dipende dal grado di disabilità: «Però, per quanto ho potuto osservare io, rimane vero quello che affermavo prima: e cioè che la lezione a distanza con videocollegamento (tramite piattaforme come Zoom, G-Suite, Cisco, Microsoft Teams o altre simili) non crea dinamiche di interazione, e quindi di integrazione, troppo differenti da quelle d’aula. Anzi, ho potuto registrare un certo particolare entusiasmo di partecipazione degli studenti diversabili, soprattutto quelli con programmazione leggermente differenziata.Per i casi più gravi, invece, ho denotato un bel tentativo di compagnia e vicinanza dei docenti di sostegno attraverso videochiamate e videoregistrazioni, che avrà anche il buon esito di saldare meglio i rapporti con le famiglie. So di famiglie che stanno dimostrando gratitudine: una presenza sincera fa sentire meno soli innanzitutto i genitori.»
Gabriele Laffranchi afferma che: «è evidente che uno degli aspetti più difficili di non esser fisicamente a scuola sia quello di non vedere i ragazzi, le loro reazioni alla spiegazione, capire il loro umore oppure dialogare con semplicità. Soprattutto non poterli guardare in faccia uno a uno nella loro singolarità e particolarità. Con una particolare attenzione verso chi più ne ha bisogno il lavoro che facciamo a distanza è comunque in mano alla responsabilità di ciascun ragazzo e ragazza: questa penso sia una lezione più importante di qualsiasi lezione in streaming o meno.»
Paola Mambretti sottolinea infine l’importanza del coinvolgimento dell’insegnante di sostegno: «Per quanto riguarda gli alunni DVA sono in contatto con la docente di sostegno, che carica del materiale personalizzato sulla base delle mie lezioni e naturalmente partecipa alle lezioni online.»
È realistico pensare, in questa situazione di difficoltà, che gli insegnanti possano creare materiali differenziati per gli alunni con BES, anche sfruttando la strumentazione tecnologica già in uso, come richiesto dalla Nota dove si legge che «occorre dedicare, nella progettazione e realizzazione delle attività a distanza, particolare attenzione alla presenza in classe di alunni in possesso di diagnosi rilasciata ai sensi della Legge 170/2010, e ai rispettivi piani didattici personalizzati»?
Le risposte sottolineano il fatto che le tecnologie digitali offrono uno strumento molto utile per la didattica BES, ma che si possono incontrare difficoltà nella programmazione differenziata in questo momento.
Pino Suriano afferma che per alcuni casi è realistico pensare a una programmazione differenziata, ma senza generalizzare: «in questi giorni è chiesto un impegno di inventiva e di slancio che può portare frutti imprevedibili: il web è una miniera straordinaria di idee e di possibili soluzioni da modificare in relazione ai singoli casi. Per me in quella nota non c’è nulla di impossibile: ci saranno risultati diversi a seconda della qualità degli insegnanti, ma tutti dovremo provare.»
Gabriele Laffranchi sottolinea la difficoltà portata dal carico di lavoro degli insegnanti: «Come dicevo prima, penso che già il carico di lavoro per preparare le lezioni virtuale sia alto, in più pensare di preparare materiale apposito per gli studenti che hanno particolari difficoltà lo credo davvero difficile. Nel lavorare da casa e senza gli alunni di fronte, ciò che è sempre importante aver presente, però, sono le loro facce, le loro storie e le loro personalità. Insomma anche se stiamo parlando davanti a uno schermo ci stiamo rivolgendo a persone, che abbiamo la fortuna anche di conoscere bene.»
Paola Mambretti appare ottimista su questo punto, anche se a volte si possono incontrare ostacoli dovuti alle condizioni di alcuni alunni: «Certo, è possibile. Gli strumenti virtuali sono davvero un mondo ricchissimo. Ovviamente diventa difficile lavorare con strumentazione tecnologica con i BES con svantaggi socio-economici.”.
La Nota ritiene necessario che si proceda ad attività di valutazione costanti, secondo principi di tempestività e trasparenza: in quale modo si possono valutare gli alunni con la didattica a distanza?
Le risposte sottolineano come sia importante in questa fase valutare soprattutto l’impegno degli alunni nel seguire le lezioni, anche se in alcuni casi la valutazione è possibile.
Il professor Suriano afferma di riuscire già a gestire il processo di valutazione: «Io ho già sperimentato la possibilità di gestire la verifica orale come sempre, con domande e interazioni che permettono di valutare qualità e quantità dell’impegno proprio come accade in aula. Inoltre, se i genitori danno il consenso per inquadrare gli studenti con la videocamera, è possibile anche svolgere una prova scritta con l’invio simultaneo, appena trascorso il tempo stabilito, di un’immagine fotografica dell’elaborato prodotto. Il docente sorveglia le azioni dei propri studenti mentre sono impegnati a scrivere. Insomma, per quanto mi riguarda si può fare tutto come prima. Qualcuno potrà fare il furbo? Sì, ma lo farà chi già lo faceva in aula.»
Gabriele Laffranchi sottolinea che «Il problema della valutazione penso passi in secondo piano e che potrà rientrare dentro anche alla partecipazione che gli studenti manifestano durante il lavoro in diretta online. Una delle sfide epocali tutti noi, studenti e docenti, che stiamo vivendo questa esperienza è non solo sapere, ma anche vivere profondamente il valore della scuola: non dare e ricevere voti, ma aprire vie di conoscenza verso mondi sconosciuti!».
La professoressa Mambretti riconosce inoltre che esistono situazioni diverse: «Qui ci sono diverse scuole di pensiero e ognuno si sta organizzando un po’ come crede: dalle interrogazioni alle verifiche a una valutazione delle varie attività assegnate durante questo periodo particolare. Io personalmente decido cosa fare in base alle caratteristiche della classe. Insegnando sia in classi diurne che in classi serali è ancora più doveroso differenziare: con gli adulti lavoratori non cambia molto la modalità di valutazione nel senso che, poiché in genere di loro posso fidarmi, faccio verifiche come fossimo in presenza. Con le classi diurne, invece, il tentativo di fare i furbi è sempre dietro l’angolo, per cui darò una valutazione globale che tenga conto dell’impegno dimostrato, del rispetto delle consegne, della partecipazione, piuttosto che perdere tempo a fare verifiche o interrogazioni in cui sicuramente copierebbero. Non so se avete visto il filmato virale su facebook della comica Maria Amelia Monti nei panni di una mamma che, nella stanza del suo figliolo, si mette di lato al computer a suggerirgli le risposte mentre è interrogato. Ecco, io immagino che la realtà non sarebbe poi tanto diversa. Dunque evito.»
A fronte di tutto questo, ritiene che la scuola italiana e i suoi docenti siano pronti per organizzare l’attività didattica in conformità alla Nota ministeriale?
Le risposte dei docenti con cui abbiamo parlato sottolineano che la scuola non era pronta ad affrontare questa situazione, ma molti insegnanti stanno cercando di utilizzare tutte le risorse necessarie per continuare al meglio la loro attività.
Pino Suriano sottolinea il fatto che non ci sia uniformità nella risposta del corpo docente, però: «ho visto nel complesso un sussulto positivo, anche morale e deontologico. E questo ha generato un significativo apprendimento proprio tra i docenti: stiamo imparando molto, perché siamo stati costretti a uscire dal guscio delle nostre abitudini per attivare nuove dinamiche. Sì, nel complesso ho fiducia: non tutto andrà come sarebbe andato in una situazione normale, ma i tentativi ci sono. Sì, la scuola c’è.”.
Gabriele Laffranchi afferma che anche se nessuno era pronto alla situazione che stiamo vivendo: «La cosa più importante è il lavoro che ciascuno è chiamato a fare per riscoprire il desiderio che lo ha condotto a essere insegnante e, quindi, a scoprire le strade che ci sono date per non smettere di esserlo. L’attività didattica potrà essere riorganizzata solo se verrà riconosciuto l’essenziale di ciò che è l’insegnamento. In fondo, aldilà della preparazione tecnica che ciascuno di noi ha, la sfida è quella di scoprire il valore vero dell’insegnamento: indicare luoghi, persone, testi che sappiano renderci più umani, liberi anche se chiusi nelle mura di casa!»
Paola Mambretti sottolinea le criticità legate a questa situazione: «Si tratta di una situazione emergenziale in cui ci siamo trovati improvvisamente, senza nessuna formazione al riguardo. Non tutti inoltre dispongono degli strumenti adeguati e credo non si possa nemmeno chiedere a docenti prossimi alla pensione di diventare maghi del computer. Sicuramente la didattica a distanza, non improvvisata come in questo caso, può essere utile. Un altro problema da non sottovalutare è la reale verifica degli apprendimenti, a mio parere non realizzabile online.»
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