Simone Giusti, docente di letteratura italiana, ci racconta in questa intervista le potenzialità formative e orientative delle "pratiche letterarie".
Metodologie Insegnare la letteratura è un compito serio. Il confronto con le opere del passato è uno stimolo potente per la creatività, per la crescita emotiva e per lo sviluppo delle competenze linguistiche degli studenti.
La lezione frontale è solo uno dei metodi, sebbene il più praticato, di cui il docente dispone per trasmettere la conoscenza. Eppure, l'insegnante che si limitasse a seguire la prassi tradizionale – spiegando in classe agli studenti i temi, la forma e il contesto storico dei testi del canone – rinuncerebbe a sfruttare gran parte del potenziale formativo della disciplina.
Simone Giusti, docente presso l'Università di Siena e autore di un blog sul tema, è convinto che la letteratura non debba essere costretta nella "gabbia" di una semplice materia di insegnamento, ma possa fornire la base per un approccio alternativo all'insegnamento stesso. Un approccio "narrativo".
In questa intervista, scopriremo alcuni metodi innovativi per insegnare, basati sulla lettura ad alta voce e sull'interazione letteraria. Scopriremo che l'arte del narrare – e narrarsi – storie, può essere uno strumento efficace per apprendere e per orientarsi nella vita.
Occuparsi di didattica della letteratura per me significa ormai da molti anni studiare tutti quei comportamenti che in senso lato si possono definire letterari: la lettura di romanzi e di poesie, la scrittura, la conversazione intorno alle esperienze di lettura e di scrittura, e poi anche lo studio delle opere, la loro trasmissione, l'editoria, il commercio librario.
In sintesi, io credo che il minimo comune multiplo di ogni teoria o pratica dell'insegnamento letterario – che è uno degli aspetti più rilevanti della didattica della letteratura – non sia il testo bensì l'interazione letteraria, non le opere ma le esperienze compiute con le opere e intorno a esse. La narrazione, oltre a essere una risorsa cognitiva fondamentale allo sviluppo umano, è anche uno dei motori dei comportamenti letterari, che possono essere considerati una sorta di specializzazione dell'attività narrativa di Homo sapiens.
Date queste premesse, io cerco di valorizzare la letteratura come risorsa narrativa anche al di fuori dell'insegnamento letterario a scuola, attraverso lo studio e la promozione di approcci narrativi (all'orientamento, alla didattica laboratoriale ecc.).
Da molti anni inoltre mi impegno a sostenere un cambio di paradigma nell'insegnamento letterario, che io credo debba mettere al centro le interazioni letterarie e le loro potenzialità trasformative. Pensare alla classe come comunità di pratiche letterarie - e non più, come si sosteneva negli anni Ottanta e Novanta, una comunità ermeneutica- significa guardare non alla classe come a un pubblico o una società in miniatura ma come un gruppo di individui che può, ad alcune condizioni e anche grazie alla pratica condivisa di comportamenti letterari (la lettura ad alta voce condivisa, la biblioteca di classe, il laboratorio di lettura e di scrittura, la discussione sulle esperienze di lettura e scrittura ecc.), diventare una comunità di persone che sviluppano saperi e consuetudini comuni, ovvero una cultura.
Cominciamo dall'ascolto, ovvero dall'interesse per l'altro: questo è il vero motore di ogni pratica letteraria. "Tell me", dimmi, è la sola affermazione davvero necessaria – secondo quanto abbiamo imparato da Aidan Chambers – affinché si metta in moto il circolo virtuoso della lettura. L'insegnante è il primo soggetto responsabile della creazione di un clima favorevole all'ascolto e deve avere tra le sue principali competenze l'ascolto attivo, accompagnato se possibile dalla curiosità per le vite altrui e quindi per le interazioni letterarie. È in un clima favorevole all'ascolto che possiamo, anche a scuola, far compiere a ogni persona di ogni età esperienze estetiche con le opere letterarie.
La lettura ad alta voce condivisa, praticata dall'insegnante che legge per gli studenti, è una didattica raffinata, il primo e più efficace strumento per l'educazione alla lettura letteraria, capace di per sé di trasformare in profondità coloro che, grazie alla mediazione della voce, compiono questa esperienza.
L'orientamento narrativo è una metodologia di orientamento formativo sviluppata a partire da un'intuizione e poi dalle successive ricerche di Federico Batini, che circa venticinque anni fa ha iniziato a lavorare sull'ipotesi che attraverso pratiche narrative come la lettura ad alta voce condivisa e la produzione di testi e iconotesti fosse possibile esercitare le competenze di auto-orientamento e promuovere l'empowerment personale, la percezione di controllo sulla propria vita o, detto in maniera più suggestiva, la possibilità di diventare sceneggiatori e protagonisti del proprio progetto di vita.
Oggi si insiste molto sul valore terapeutico della narrazione, nel caso dell'orientamento è importante mettere l'accento sulla dimensione educativa e sull'acquisizione intenzionale di strumenti e di competenze da parte dei soggetti. Le storie, quindi, vanno intese come dispositivi capaci di dare senso, mettere ordine, selezionare, trasformare l'azione in esperienza.
Quando abbiamo iniziato, sedici anni fa, ancora non era di moda lo storytelling e gli approcci narrativi erano noti ai soli addetti ai lavori. Oggi che ogni giorno ascoltiamo la parola narrazione per giustificare o spiegare qualsiasi scelta comunicativa o politica, in un momento in cui abbonda l'offerta di corsi o di strumenti finalizzati a sviluppare le potenzialità individuali o per migliorare le performance professionali, abbiamo pensato di tornare alle origini e di dare valore intanto all'orientamento come diritto della persona e poi alla dimensione sociale dell'orientamento e delle pratiche narrative. Per questo abbiamo scelto il titolo "Costruire storie insieme", per mettere al centro la necessità di lavorare in gruppo, con gli altri e per gli altri. Va letta in questo senso anche la scelta di dedicare il convegno alla memoria di Bruno Ciari, di cui ricorre il centenario. La sia attività di partigiano, di insegnante, di pedagogista, di intellettuale e di amministratore è stata sempre alimentata dalla fiducia nelle potenzialità di ogni essere umano, purché e perché diventi parte attiva di una comunità. La comunità è il motore e il fine ultimo di ogni azione educativa e politica. Tutto qui.