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Modena, 9 gennaio 1950: l’eccidio delle Fonderie

Pierpaolo Scaramuzza propone cinque percorsi didattici per approfondire l’episodio e il suo contesto storico nelle classi di Scuola Secondaria.

Metodologie  Secondaria 
09 gennaio di: Pierpaolo Scaramuzza
copertina

L’anniversario

Il 9 gennaio 1950 sei operai vengono uccisi dalle forze dell’ordine (e duecento rimangono feriti) durante una manifestazione di protesta: è quello che adesso chiamiamo l’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena. I disordini nelle manifestazioni del dopoguerra sono continui e il bilancio delle vittime è pesante: dal 1948 al 1954 si contano in tutto il paese 75 morti (tra i manifestanti) e circa 150.000 arresti.

In Emilia Romagna la conflittualità è molto alta: dal 1948 al 1954 ci sono 16 morti (dopo i fatti di Modena forse l’episodio più noto è quello di Maria Margotti, uccisa nei pressi di Argenta nel maggio 1949). Soltanto in Puglia c’è una situazione peggiore: nello stesso arco di tempo i morti sono 17.

I fatti di Modena: dalla serrata allo sciopero

3 dicembre 1949 La proprietà delle Fonderie Riunite di Modena (560 dipendenti) dopo un lungo periodo di scontri con i sindacati decide la serrata.

28 dicembre 1949 Dopo “trentacinque giorni di passione” la proprietà annuncia la riapertura per il 9 gennaio con il contemporaneo licenziamento dei 560 lavoratori.

Poco dopo si impegna a riassumerne 250, la cifra poi viene alzata a 400. Resterebbero fuori gli elementi “meno desiderabili in linea produttiva” (questa la formula che compare sulla stampa). I sindacati proclamano lo sciopero generale.

9 gennaio 1950 Lunedì 9 gennaio è il giorno della riapertura dello stabilimento ma anche del corteo di protesta dei sindacati davanti alle Fonderie Riunite. Alle 10 del mattino ci sono già 10.000 manifestanti. Polizia e carabinieri presidiano il quartiere (La Crocetta); ci sono militari anche sui tetti della fabbrica.

Verso le 10.30 le forze dell’ordine, posizionate nei pressi del passaggio a livello davanti la fabbrica, sparano ad altezza d’uomo. Uccidono tre dimostranti: Arturo Chiappelli viene colpito al mento, Angelo Appiani e Arturo Malagoli vengono colpiti al petto. Molti rimangono feriti.

Il panico

I manifestanti scappano nelle strade adiacenti, ma la sparatoria continua. Durante gli scontri Roberto Rovatti viene circondato da quattro carabinieri, colpito coi calci dei fucili e poi gettato in un fosso dove un carabiniere gli spara in testa a bruciapelo. Si calcola che Rovatti venga colpito un’ora dopo i primi morti.

I carabinieri sparano con i fucili e le mitragliatrici delle autoblindo all’impazzata sulla gente che fugge nei campi e nelle strade: Gino Morandi è colpito a entrambe le gambe all’angolo tra via Menotti e via Paolo Ferrari, Ernesto Del Vecchio al braccio destro mentre è in via Menotti, Attilio Ghelfi alla testa nei pressi delle Officine Maserati.

Ma ci sono ancora altri morti. Due manifestanti vengono colpiti alla schiena e uccisi (mentre stanno scappando nei pressi di via Menotti): sono Ennio Garagnani e Renzo Bersani. In entrambi i casi un carabiniere si inginocchia, prende la mira e fa fuoco. Nel caso di Bersani si calcola che il carabiniere abbia sparato da oltre cento metri.

Gli operai uccisi

Riportiamo l’elenco dei sei morti di Modena: indichiamo l’età, il lavoro, la situazione familiare e la militanza politica.

Angelo Appiani: 29 anni, operaio specializzato, tornitore delle Officine Martinelli. Attivista comunista, sposato con un figlio.

Renzo Bersani: 21 anni, operaio delle Fonderie. Attivista comunista. Suo fratello è Bruno Bersani, partigiano della 65ª Brigata Gap, fucilato dai tedeschi con altri sette partigiani il 3 dicembre 1944 a San Matteo di Modena.

Arturo Chiappelli: 43 anni, spazzino, già partigiano della Divisione “Modena Armando”. Attivista comunista. Sposato con tre figli.

Ennio Garagnani: 20 anni, carrettiere. Attivista comunista. Ha un fratello partigiano caduto in battaglia.

Arturo Malagoli: 21 anni, bracciante agricolo. Attivista comunista. Dopo l’eccidio Palmiro Togliatti e Nilde Iotti adottano sua sorella, Marisa Malagoli (6 anni).

Roberto Rovatti:35 anni, operaio alle Fonderie Corni. Attivista comunista. Già partigiano, era caposquadra della 65ª Brigata Gap.

Un piccolo monumento nei pressi del cavalcavia di via Menotti ricorda i sei manifestanti insieme ad altri partigiani caduti durante la resistenza. Un’altra lapide è posizionata sul muro esterno della Camera del Lavoro (piazza della Cittadella).

Cinque percorsi didattici

La vicenda dell’eccidio può essere letta sviluppando percorsi diversi. Ne proponiamo velocemente cinque:

1. Quadro politico generale del dopoguerra (governo, partiti politici, sindacati, situazione economica, quadro internazionale ecc.): permette di mettere in luce la presenza di diversi partiti, tra i quali due partiti di massa (DC, PCI), la collocazione del paese all’interno la Nato, lo sviluppo economico (che fa del paese una potenza industriale), le migrazioni interne e il conseguente divario Nord-Sud;

2. Gestione ordine pubblico e violenza: 1950-2005:l’episodio di Modena può essere compreso in un gruppo di vicende che hanno attraversato la storia repubblicana. Ne citiamo cinque:

  • Reggio Emilia, 7 luglio 1960;
  • Milano, 27 ottobre 1962;
  • Pisa, 5 maggio 1972;
  • Milano, 23 gennaio 1973;
  • Ferrara, 25 settembre 2005.

Il percorso permette di leggere il quadro politico italiano del dopoguerra attraverso la lente dei diritti.

3. Lo Scelbismo: la politica degli anni cinquanta ha nel ministro dell’Interno, Mario Scelba, una figura chiave. Proponiamo tre fonti, due testi e un filmato, per cercare di approfondire la figura dello statista:

4. Memoria della vicenda (monumenti cittadini, manualistica scolastica, stampa nazionale): quali sono i monumenti e le lapidi che ricordano a Modena l’eccidio? Quale presenza ha la morte dei sei operai nella manualistica scolastica? Quale spazio ha avuto la commemorazione sulla stampa nazionale?

5. I funerali delle vittime: Carlo Lizzani ha girato un cortometraggio dedicato alle esequie: I fatti di Modena. L’ Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico lo mette a disposizione nel web. La durata del film di 5 minuti permette la visione in classe con grande agio. Il cortometraggio può essere messo a confronto con il video citato al punto 3.