La scrittrice per ragazzi Silvia Bernardi parla della sua esperienza nell’organizzazione di incontri con autrici e autori in classe e in biblioteca, e della loro utilità.
Esperienze di insegnamento Nell’esperienza classica e maggiormente condivisa, l’incontro della classe con autori e autrici prevede un’intervista che i ragazzi rivolgono a chi scrive. Di domande, quindi, si tratta: a volte improvvisate, a volte preparate, altre volte conseguenti a un lavoro fatto in classe con l’insegnante, altre volte frutto di riflessioni, curiosità e anche - giustamente! - di impeti personali di ragazze e ragazzi.
Credo che molti autori che scrivono per l’infanzia e l’adolescenza possano confermare che le domande che arrivano dai ragazzi - in questo caso parliamo dell’età 10-14, scuola secondaria di primo grado - esplorano lande tra loro diversissime. Passiamo da dettagli sui personaggi a dettagli della vita dell’autore, e ciò che caratterizza le domande dei ragazzi e delle ragazze non è necessariamente la portata della domanda stessa, che può essere dettagliata (io le chiamo le “domande laser”) oppure vasta (le “domande orizzonte”), ma il desiderio di specificità che il ragazzo desidera nella risposta.
Proprio per questo, “come” l’incontro con lo scrittore o la scrittrice è stato proposto, preparato e atteso in classe dall’insegnante può fare la differenza. E qui si genera una grande opportunità.
Credo, infatti, che ancor prima di riflettere sul “come” organizzare un incontro di questo tipo sia interessanteinterrogarsi sul “perché”.
I perché sono variegati, e sicuramente declinabili:
Queste motivazioni sono tutte plausibili, sia singolarmente che insieme, ma credo che la differenza la faccia proprio il livello di ricerca del “perché”. Sia chiaro: incontrare un autore o un’autrice è, per i ragazzi, una bella occasione. Chi sceglie di scrivere per l’infanzia e l’adolescenza è, tendenzialmente, una persona che ama stare in mezzo ai lettori, chiacchierare con loro, lasciarsi mettere un po’ in crisi, offrire una finestra aperta per guardare dentro il nostro, e anche accettare di stare un po’ scomodi davanti a questi anni così lucenti di cui noi scriviamo ma che, di fatto, non abitiamo più.
In questi mesi di incontri con diverse classi - e quindi centinaia di ragazzi di prima, seconda e terza media - grazie a Il Segreto del Carillon ho constatato come l’incontro con chi scrive possa essere il culmine di un percorso di lettura che può davvero portare a uno scambio di domande e risposte ricco, quindi a un vero e proprio dialogo.
Il concetto di dialogo e di scambio, in un incontro di questo tipo, è a mio avviso molto prezioso: sia l’autore che i ragazzi hanno qualcosa da offrire. L’autore o l’autrice ha la propria storia, il proprio lavoro, la propria arte, la propria curiosità e il proprio tempo. E i ragazzi? I ragazzi hanno a disposizione le stesse identiche cose! Se entrambe le parti riescono a mettere “sul piatto” il proprio percorso - relativo non solo al libro di cui si parla, ma alla lettura e alla scrittura in generale - ecco che si genera qualcosa di davvero molto interessante, e il dialogo va oltre il singolo libro, diventando generativo di nuovi spazi, proposte e possibilità.
Quindi, come si possono rendere davvero partecipi i ragazzi in un’esperienza di questo tipo, facendo sì che siano non solo “intervistatori” ma vere e proprie voci autorevoli chiamate a dialogare? Proprio partendo dal “perché”, che può essere trovato solo da chi conosce i ragazzi come singoli e come gruppo classe, e legge con loro quello specifico libro.
I ragazzi hanno, infatti,molta più sete di “perché” che di “come”, e molte delle domande che vengono rivolte all’autrice o all’autore del caso, e che si ripetono di classe in classe, ne sono indicatori: tra le domande più gettonate, per esempio troviamo “Hai sempre voluto scrivere questo libro?”, “Scrivi a mano o a computer?”, “Hai mai avuto il blocco dello scrittore?”, o “Da bambina che libri leggevi, chi erano i tuoi autori preferiti?”.
Tra i ragazzi e le ragazze presenti, in realtà, spesso solo una piccola parte sono lettori forti o aspiranti scrittori. Ma la curiosità c’è comunque: queste domande, in realtà, potrebbero tradursi in “Io, i miei sogni, come li realizzerò?”.
C’è poi un filone di domande più specifico sul libro: “Chi è il tuo personaggio preferito?”, “In quale personaggio ti identifichi?”, “Qualche personaggio ti somiglia?”, “Qual è la parte che hai fatto più fatica a scrivere?”, “Perché succede proprio questa cosa?”, eccetera.
Queste domande sono, per l’autore intervistato, un grande occasione per parlare non solo di se stesso e del libro oggetto dell’incontro, ma di tanto altro: è possibile girare le stesse domande ai ragazzi e metterli al centro dell’esperienza di lettura di quel libro, per parlare poi di altri libri, altri personaggi e altre storie, lette in classe ma non per forza. Ed ecco che l’incontro con l’autore diventa l’apice di un percorso iniziato prima, e la rampa di lancio per possibili nuovi percorsi di lettura, di ricerca e di condivisione. Questo diventa possibile quando in classe si è preparato nel tempo un terreno, fatto di percorsi di lettura, letture condivise, co-narrazioni, anche facendo conoscere alla classele abitudini di lettura - o di non lettura! - degli altri. Ebbene sì, anche chi non legge ha molte storie da raccontare, magari incontrate in altro modo (fumetti, manga, videogiochi, serie tv, film, ma anche attraverso lo sport, i giochi di ruolo e molto altro!).
Inoltre, il modo in cui lo specifico libro è stato letto in classe o dalla classe fa la differenza: se si è trattato di una lettura individuale, collettiva, eccetera. Il modo in cui i ragazzi si pongono davanti allo scrittore può infatti cambiare a seconda di come il libro è stato proposto, percepito e recepito.
Incontrare un’autrice o un autore pare essere un’occasione per incontrare qualcuno che, in sintesi, ha realizzato un sogno grazie al quale - si spera! - i ragazzi e le ragazze hanno passato ore piacevoli e divertenti, senza che si voglia necessariamente “usare” il libro per collegamenti con materie o per portare messaggi specifici. È quindi un’occasione per parlare dei propri sogni, di come si coltivano, di che fine fanno quando si diventa grandi.
Senza parlarne davvero, ma lasciando parlare una storia, che è poi il grande miracolo che accade grazie alla lettura.