Dire, fare, insegnare
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Piaget e l'inizio della morale

Asteria Bramati, docente esperta di neuropedagogia e collaboratrice del Ministero dell'Istruzione, in questo articolo continua a illustrare le teoria dello studioso statunitense Michael Tomasello sulla psicologia evolutiva della specie umana. Focus sulle norme e l'apprendimento della morale nei bambini.

Metodologie  Infanzia  Primaria 
07 febbraio 2023 di: Asteria Bramati
copertina

“In tutto c'è una morale, se sai trovarla”

(Lewis Carroll)

I bambini e le regole

Secondo Piaget, la ragione per cui i bambini rispettano e seguono le regole sociale é evidente: essi rispettano gli adulti da cui esse provengono. Secondo il ginevrino i bambini credono che le regole facciano parte di un ordine oggettivo di cui gli adulti hanno una speciale conoscenza (di cui anche l'educazione fa parte). Tuttavia, questo assunto é oggi smentito da diversi studi, tra cui gli studi di Turiel (2006) [1]. Secondo Turiel i bambini in età prescolare sanno molte più cose sulle norme e regole di quanto pensasse Piaget. In particolare, conoscono la differenza tra norme morali, che sono giuste o sbagliate a prescindere dall'autorità e della cultura, e norme convenzionali, che valgono soltanto in certe culture o incerti ambienti.

I bambini iniziano, fin dai tre anni, a capire il terreno culturale comune su cui si basano le norme. Se prima di questa età molti didatti ritengono che il rispetto delle norme sociali dipenda non dalle aspettative del gruppo, ma soltanto dalle direttive dei singoli, dopo i tre anni i bambini diventano potenzialmente capaci di capire i fenomeni collettivi, comprese le norme sociali.

Secondo Tomassello far rispettare le norme si può considerare un tipo di protesta in seconda persona generalizzata: l'esecutore (enforcer), come rappresentante del gruppo, richiama all'ordine il trasgressore per aver violato una norma sociale, che si presume nell'interesse del gruppo; gli enforcers fanno rispettare le norme (sociali) da una prospettiva in terza persona, richiamando all'ordine un trasgressore per un atto che non necessariamente li influenza personalmente [2]. Già a tre ani i bambini intervengono per sanzionare gli altri per violazioni di norme sociali. Per esempio, alcuni studiosi hanno scoperto che, se un pupazzo prova a distruggere la proprietà di un altro bambino, i bambini intervengono per impedire la trasgressione. Anzi, altri studi, hanno messo in evidenza che i bimbi a tre anni, fanno rispettare le norme morali con la stessa frequenza verso i trasgressori sia in-group sia out-group. Rinforzando la scoperta che, a questa età, i bimbi considerano le norme morali applicabili universalmente. Ma non solo, ci dicono gli scienziati che gli stessi, fanno rispettare le norme convenzionali selettivamente anche ai membri in-group perchè le norme convenzionali valgono soltanto per “noi”. La logica sottostante risponde al bisogno che le norme convenzionali sono state create per il (nostro) gruppo e come tali vanno rispettate nei confronti del trasgressore che appartiene al “nostro gruppo”. Non a caso, i bambini di cinque anni esprimevano approvazione e preferivano interagire con individui che applicavano le norme sociali nel gruppo rispetto a chi non le applicava, in quanto considerano tale applicazione un interesse per il bene del gruppo.

Il rispetto delle regole è un modello per imitazione?

Viene da domadarsi se tali comportamenti così complessi vengano adottati da bambini semplicemente per imitazione. Per rispondere a questo interrogativo Tomasello ha condotto il seguente esperimento: ha fatto osservare a dei bambini piccoli un adulto che faceva rispettare le norme su come usare un artefatto (un pupazzo) in tre condizioni; nella prima, il bimbo lo usava come voleva, e poi l'adulto lo correggeva mostrandogli come utilizzarlo (condizione in seconda persona); nella seconda una terza persona maneggiava il pupazzo e poi l'adulto lo correggeva (condizione di terza persona), e infine, nella condizione di base l'adulto lo usava senza alcuna applicazione delle norme. Se in una prima fase i bimbi più piccoli correggevano un nuovo pupazzo in entrambi le condizioni citate, quelli più grandi correggevano il pupazzo anche in una scena completamente diversa dalle precedenti. Questo cosa significa? Secondo gli studiosi tale comportamento si verifica in quanto i bimbi di due anni imparino socialmente dagli adulti come insistere su una particolare linea di azione limitandosi a “muoversi su questa”, invece, i bambini più grandi “vanno oltre”, hanno già una idea che le persone dovrebbero seguire le norme e generalizzano facilmente a nuove azioni non canoniche [3].

Come i giovani creano le norme?

Secondo molti studi i bimbi creano norme sociali da soli, anche senza l'ausilio delle persone più grandi e ciò è comprovato da molte ricerche. Secondo un esperimento recente i bimbi di cinque anni venivano esposti a un complesso apparato di gioco, e veniva loro detto semplicemente che lo scopo era fare in modo che le palle finissero dentro un cestino, senza però, specificare, tramite quale modalità. E se gli sperimentatori mettevano degli ostacoli al raggiungimento di tale obiettivo la loro reazione non era soltanto quella di privare a superarli ma di creare, nel tempo, regole esplicite su come farlo. Ciò suggerisce una comprensione delle norme sociali in quanto basate su un accordo. Ma bisogna specificare che i bimbi di cinque anni non capiscono le norme sociali in modo pienamente adulto, come messo in evidenza dall'esperimento condotto da Hardecker (2017) che ha introdotto una variante a questo esperimento. Hardecker ha fatto sì che gli adulti insegnassero ai bambini le stesse regole che i pari avevano appena inventato (in un progetto collegato) e, come atteso, i bimbi le facevano rispettare ad altri novizi in modo normativo. La differenza tra il comportamento degli infanti nelle condizioni con i pari e con gli adulti era che, quando, più tardi, un novizio si rifiutava di applicare la regola, i piccoli di cinque anni erano più flessibili nel cambiare le regole che avevano creato loro stessi con i pari, rispetto alle regole degli adulti. Ciò perchè essi considerano ancora l'autorità degli adulti perlomeno una fonte parziale di forza normativa. Viceversa, quelli di sette anni considerano le regole create da loro e le regole prescritte dagli adulti rigide allo stesso modo: la forza normativa proviene soltanto dall'accordo sociale cui gli individui si legano, a prescindere da chi si tratta [4].

Ciò che emerge , in generale, da questi studi è che i bambini creano le loro regole sociali dal nulla. Sin dall'inizio, fanno rispettare queste norme agli altri in modo molto simile a come applicano le norme adulte, vale a dire usando il linguaggio normativo, “dovresti”, “devi” e “sarebbe meglio”.

In età scolare, hanno persino una comprensione da adulti che le norme sociali possono essere cambiate se tutti sono d'accordo. Questa traiettoria di sviluppo, stabilita usando metodi comportamentali invece che verbali, abbassa di diversi anni l'età in cui i giovani affrontano con competenza e flessibilità le nome sociali.

Il senso di giustizia in età prescolare

Secondo Tomasello oltre, a sviluppare precocemente il senso normativo delle regole i bambini prossimi all'età scolare iniziano a sviluppare un senso di giustizia: il modo “giusto” in cui il gruppo sociale dovrebbe trattare gli individui, incluso il modo in cui gli individui, quali membri del gruppo, dovrebbero trattarsi reciprocamente. Una visione che non coincide con ciò che sosteneva Piaget.

Egli aveva intervistato dei bimbi in età prescolare e scolare su come dovessero essere trattati i pari che “sono stati cattivi” in vario modo. Egli ha scoperto che i prescolari credono che la punizione dovrebbe riflettere il danno prodotto a prescindere che il Reo avesse o meno previsto il danno; mentre quelli più grandi ritengono che bisogna dare maggiore attenzione all'intenzioni. Alcuni studi più recenti mettono però in evidenza che i giovani hanno due tendenze rivali: assegnare la colpa morale sulla base delle intenzioni, ma anche assegnare la punizione sulla base del danno compiuto. In particolare, nei bimbi tra i cinque e gli otto anni, diversi studi hanno riscontrato un cambiamento nei giudizi verbali rispetto al peso relativo che loro assegnano alle due tendenze rivali.

Ma le interviste verbali non sono l'unico modo per valutare il giudizio morale dei bambini, ci sono anche i loro comportamenti. In un esperimento noto, Kachel ha fatto svolgere a un bimbo, durante una collaborazione con un altro bambino, il ruolo del pigro, con differenti intenzioni. Quando un parther si rifiutava di svolgere il suo ruolo perchè, egoisticamente, preferiva un altro gioco, i bimbi protestavano, ma quando egli era all'oscuro di come il suo ruolo andava svolto non lo biasimava ma cercava di istruirlo. Nonostante nelle interviste verbali non emergeva alcun riferimento a questo aspetto morale, emerge invece sul piano della condotta, già i bimbi di tre anni tengono conto delle intenzioni del trasgressore, perlomeno quando si tratta di attività collaborativa.

Anche se il piano verbale non é ancora in loro sviluppato; quello del comportamento ha già delle tracce permanenti nel formare i giudizi morali. In uno studio recente Riedl ha scoperto che persino i bimbi di tre anni puniscono chi cerca di rubare le cose degli altri: intervengono con la stessa “Forza” contro chi ha sottratto il giocattolo a un terzo e contro chi gli aveva sottratto i giocattoli. Intervengono con particolare frequenza anche per restituire alla vittima i beni sottratti, ristabilendo così la situazione al suo precedente stato legittimo (la cd. giustizia riparativa).

Secondo Tomasello capire come avvenga l'interiorizzazione del processo di tale ragionamento, quale aspetto fondamentale dell'identità morale dei giovani, è cruciale se si vuole descrivere e aiutare (come insegnanti) a costruire la moralità dei più piccoli.

Per leggere l'articolo precedente sulla pedagogia di Michael Tommasello clicca qui

Riferimenti bibliografici

1M. Tomasello, Diventare umani, ed. Cortina, 2019

2M. Tomasello, op cit

3M. Tomasello, op cit

4M. Tomasello, op cit