Dire, fare, insegnare
Dire, fare, insegnare
Dire, fare, insegnare

Storia di un fiocco di neve e dell’acqua che lo compone

Silvia Giordano propone un percorso interdisciplinare che parte dalla neve per parlare di acqua, sostenibilità e Agenda 2030: qui la prima parte della lezione.

Secondaria  Grandi insegnanti 
09 gennaio 2023 di: Silvia Giordano
copertina

L’inverno è nel suo punto clou: nevicate, gelate, nebbie improvvise e piogge. Questa proposta di lezione, destinata alla scuola secondaria di primo e secondo grado (ma adattabile anche alla scuola primaria), prende come spunto proprio gli eventi climatici (e non) di questa stagione per parlare di acqua, sostenibilità e Agenda 2030 attraverso un percorso interdisciplinare che coinvolge le Scienze, la Geografia e la Storia, passando dalla Tecnologia e dall’Educazione all’immagine e con moltissimi materiali per lezioni CLIL in inglese.

La prima parte del percorso, che trovate qui, è composta da una lezione teorica e da una proposta di ricerche a gruppi (della durata rispettivamente di circa 2 e 1 ora), ed è corredata da una presentazioneCanva, interattiva e multimediale, che può essere proiettata alla LIM o condivisa sui device degli studenti. Troverete anche proposte di approfondimenti dedicati alle eccellenze e alla plusdotazione e spunti di discussione per brainstorming,tutto partendo da un fiocco di neve!

Come è fatto un fiocco di neve

Anche i bambini sanno che la neve è fatta di acqua. Ma se dovessimo indagare dal punto di vista di uno scienziato, magari un fisico o un chimico, cosa potremmo scoprire di strabiliante riguardo alla neve? Partiamo da una precisazione sui termini “fiocco di neve” e “cristallo di neve”, che spesso vengono erroneamente interscambiati. Il fiocco di neve è l’oggetto macroscopico che vediamo cadere dal cielo: le dimensioni medie sono attorno al mezzo centimetro, a volte anche di 1 o 1,5 cm nel caso di nevicate a “fiocchi grossi”, ma possono raggiungere anche i 20 cm in casi eccezionali. I fiocchi di neve sono composti da agglomerati di cristalli di neve, i quali si scontrano e si aggregano a mezz’aria mentre cadono, formando soffici palline.

Lo sapete qual è il più grande fiocco di neve mai caduto al mondo? Questa domanda può essere utilizzata per una bella attività in classe di riflessione sulle fonti affidabili, in rete e non. NelLibro dei Guinness si legge infatti che i più grandi fiocchi di neve sono caduti nel gennaio 1887 nel Montana (Stati Uniti): pare che il proprietario di un ranch ne abbia visti alcuni “più grandi delle scodelle del latte” e li abbia misurati stabilendo che avevano un diametro di 38 centimetri. Questa informazione è un ottimo spunto per un brainstorming in cui si rifletta sul fatto che nel 1887 le macchine fotografiche erano da poco state inventate, quindi non solo erano poco diffuse, ma sicuramente troppo costose per un agricoltore medio. Nessuna prova tangibile è mai esistita, infatti, a supporto della sua affermazione.

Se però cerchiamo di indagare sul fenomeno dei fiocchi di neve giganti attraverso una fonte molto più attendibile, come l’osservatore britannico della Royal Meteorological Society William S. Pike, scopriamo che esistono undici resoconti affidabili di fiocchi di neve giganti con diametri tra i 5 e i 15,2 cm. Dopo aver esaminato vari rapporti, Pike è giunto alla conclusione che i grossi fiocchi di neve hanno la tendenza a formarsi quando la temperatura è appena sopra il punto di congelamento, ossia quando essi diventano umidi e appiccicosi. In un’intervista, il meteorologo ha affermato che, scendendo verso terra, i fiocchi di neve “continuano a crescere di dimensione collidendo e fondendosi gli uni agli altri”.



Tornando alla terminologia, per “cristallo di neve” si intende invece una struttura microscopica all’interno del quale le molecole d’acqua sono allineate e legate tra loro in una precisa forma geometrica. Un singolo cristallo di neve è quindi composto da molecole di acqua solida, che si legano tra di loro sotto gli zero gradi centigradi. Un cristallo di neve contiene in media un miliardo di miliardi di molecole d’acqua! I cristalli di neve hanno dimensioni infinitamente piccole ma anche molto variabili: i più piccoli hanno dimensioni paragonabili al diametro di un capello umano. Anche qui abbiamo un record, questa volta ben documentato: il più grande cristallo di ghiaccio mai fotografato, durante una nevicata a temperature particolarmente basse (-15°C) in Ontario, ha raggiunto i 10 mm di diametro.

Ma è vero che non esistono due cristalli di neve identici? È vero: Wilson Bentley, un contadino americano vissuto fra l'Ottocento e il Novecento, per tutta la vita fotografò migliaia di cristalli di neve con il solo aiuto di una macchina fotografica analogica e un microscopio ottico. Ne fotografò più di 5000! Per conoscere la sua impresa potete guardate insieme questo video che racconta la sua passione (in un inglese semplice). Le variabili che influenzano la formazione di un cristallo di neve sono così tante che è statisticamente impossibile che il processo accada due volte nella stessa identica maniera. Ogni minima variazione di temperatura e umidità genera infatti forme anche molto diverse nei fiocchi, tanto che anche i singoli fiocchi di una stessa nevicata possono essere molto diversi uno dall’altro e la previsione di queste forme risulta spesso impossibile.

Per spiegare il processo con cui si formano le bellissime forme geometriche dei cristalli di neve in maniera sempre diversa, potete proiettare in classe anche questo video divulgativo del Post. Ma una cosa è certa: tutte le forme esistenti si accrescono da una base esagonale (come mostrato chiaramente qui). Il motivo di questa geometria obbligata è stato oggetto di curiosità e studio fin dai tempi di Keplero, il quale dedicò alla questione addirittura un trattato nel 1611 e che risulta essere in assoluto il primo trattato sui cristalli di neve. Kepleroperò non conosceva ancora la reale struttura atomica dei cristalli poiché poteva osservarli solo ad occhio nudo: esattamente come Cartesio, che qualche anno dopo (1635) mise per iscritto alcuni ragionamenti sulla loro simmetria esagonale.



Per avere le prime immagini microscopiche dettagliata fu infatti necessario attendere l'opera di Robert Hooke, nella seconda metà del Seicento. Ma per svelare la geometria molecolare dei cristalli si dovettero aspettare altri 300 anni, quando finalmente si sviluppò la cristallografia a raggi X. Il segreto dei fiocchi di neve sta nella forma della molecole d’acqua e nei legami che si formano tra di esse all’interno di un cristallo di ghiaccio. Questione di geometria obbligata dalla chimica, insomma. Tuttavia va specificato che in realtà il fiocco è un oggetto tridimensionale, e gli esagoni costituiscono la base di un prisma esagonale (come si vede in animazione nella presentazione). Per approfondire dal punto di vista chimico questo fatto, potete usare questo video di TED-Ed, in inglese con attivabili i sottotitoli in italiano, perfetto da affidare agli studenti più esigenti e autonomi.

Pioggia, neve, grandine

Indaghiamo insieme sulle forme possibili di precipitazioni, cogliendo l’occasione di fare un bel ripasso dei passaggi di stato dell’acqua. Partiamo dalla pioggia: essa si forma quando il vapore acqueo (quindi acqua allo stato gassoso) presente nell’aria si raffredda e diventa acqua allo stato liquido: questo passaggio di stato si chiama condensazione. Quest’acqua però non è ancora pioggia. Le piccole gocce (di dimensioni microscopiche, inferiori a due micron) che si formano rimangono ancora sospese nella nuvola, grazie alla spinta ascensionale dell’aria calda, che cerca di salire verso l’alto e le mantiene sospese. Le gocce iniziano a crescere in dimensioni e peso, incontrandosi e unendosi tra di loro all’interno della nube che si sta formando (il processo è più complicato e influenzato, in realtà da moltissimi altri fattori: qui stiamo semplificando molto!). Quando le goccioline sono abbastanza grandi da superare, col loro peso, la forza delle correnti ascensionali, esse precipitano a terra e danno quindi luogo al fenomeno della pioggia. Si parla di pioviggine quando le gocce di pioggia hanno diametro di 0,2 mm; pioggia leggera con un diametro di 0,5 mm; pioggia forte quando raggiungiamo i 5 mm.



Perché il vapore acqueo si trasformi in ghiaccio e dia vita al fenomeno della nevicata servono delle temperature tra i 20 e i 40 gradi sotto lo zero. In presenza di determinate condizioni, come la presenza nell’aria di particelle di pulviscolo che fungono da nuclei di congelamento, il vapore acqueo presente nell’aria passa allo stato solido anche a temperature meno estreme, circa attorno ai -9 °C. Questa trasformazione in ghiaccio del vapore acqueo, detta brinamento, è un passaggio diretto dallo stato gassoso a quello solido, poiché la temperatura è talmente bassa che solidifica direttamente.

È attorno a queste prime molecole che si formano poi, gradualmente, i cristalli di ghiaccio dalle bellissime forme geometriche, che a loro volta si aggregano a formare i fiocchi di neve. Nella maggior parte dei casi, però, le particelle di ghiaccio che si formano nelle nubi cadendo al suolo incontrano strati di aria calda che le sciolgono (passaggio di stato: fusione) e le trasformano in pioggia, attraverso cioè il passaggio di stato detto fusione. In altri casi, invece, la pioggia così formatasi incontra di nuovo strati di aria più fredda, che la ricongelano velocemente quando sta per raggiungere il suolo: si forma così il nevischio.

Come compito a casa si potrebbe fare una ricerca dei termini dialettali con cui riconosciamo e indichiamo da secoli i diversi tipi di nevicate: scopriremmo che non sono solo gli eschimesi ad avere una infinita serie di parole per identificare la neve (come in questo articolo). Per i più piccoli, invece, una curiosità a tema Disney: nel cartone animato Frozen si possono contare fino a 2.000 forme diverse di cristalli di neve. Per farlo, gli animatori hanno sviluppato un apposito software, creato da un team di matematici, fisici e grafici, che raffigura in maniera estremamente realistica i cristalli, il ghiaccio e la neve che si vedono nelle scene: qui e qui due video che spiegano i dettagli dell’animazione della neve, ottimo spunto per percorsi interdisciplinari e per lavorare con studenti plusdotati.

Infine, osservando la grandine ci accorgiamo che anch’essa è acqua allo stato solido. Cosa la differenzia dalla neve? Un chicco di grandine è un fiocco di neve cresciuto troppo in fretta, che si forma a causa di violenti moti convettivi all’interno delle nubi temporalesche. Queste correnti risollevano più volte le gocce d’acqua presenti in atmosfera, congelandole ripetutamente e molto velocemente. Questo processo molto rapido porta il ghiaccio ad assumere non la struttura geometrica e regolare dei cristalli di neve, ma appunto i chicchi di grandine. Il chicco di grandine scende verso terra a causa del proprio peso, ma se è in corso una perturbazione violenta può incontrare delle correnti ascensionalisufficientemente forti da riportarlo in alto: altre goccioline d’acqua si fonderanno ad esso, ghiacciandosi all’istante e ingrandendo il chicco. In questo video viene visualizzato in modo chiaro il processo descritto e sono raccontati i record relativi alla grandine.

La forza e la turbolenza delle correnti ascensionali che generano il chicco di grandine e ne decidono le dimensioni dipende in larga parte dalle temperature del suolo con cui viene a contatto l’aria temporalesca. Temperatura che sappiamo dipendere in larga parte dalle attività antropiche ed essere più alta in corrispondenza dei centri urbani. Ciò spiega molti fatti di cronaca recenti che riportano grandinate di violenza e dimensioni davvero eccezionali: un ottimo spunto per parlare di influenza antropica sul clima, riscaldamento globale e cambiamento climatico. Non sarà un caso che nell’ultima conferenza sul clima delle Nazioni Unite, la Cop27, sia stato inserito nelle discussioni il punto “loss and damage”. Per un’attività che riguardi l’Agenda 2030, affidiamo alla classe una breve ricerca su cosa significhi questa espressione, con cui si indica l’istituzione di un fondo economico comune per rispondere alle perdite e danni patiti dai Paesi più poveri e causate dai cambiamenti climatici. Possiamo anche ascoltare (qui in inglese) l’appello su Twitter del movimento di Greta Thunberg.

I poli si stanno veramente sciogliendo?

Parlando di sostenibilità e ambiente non possiamo non parlare dello scioglimento dei ghiacciai. Risale al 2018 il calcolo più preciso fatto finora (pubblicato su Nature), al quale hanno contribuito 80 scienziati di 42 organizzazioni internazionali, sul bilancio di massa del ghiacciaio che ricopre l'Antartide. I dati forniti da 24 satelliti hanno permesso di misurare con precisione il tasso di fusione dei ghiacci: nell’arco degli ultimi 25 anni le piattaforme di ghiaccio dell'Antartide hanno perso 3.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio, con un conseguente innalzamento del livello del mare di circa 8 millimetri. Considerando che il 90% dell’acqua dolce del nostro pianeta è rinchiusa nei ghiacciai dell’Antartide e della Groenlandia, se continuiamo di questo passo lo scioglimento totale dei ghiacci antartici potrebbe far salire complessivamente il livello del mare di ben 58 metri. A questo proposito, ecco una proposta cinematografica: il film Waterworld (qui il trailer), da cui partire per proporre un’attività di scrittura creativa e immaginare cosa potrebbe succedere se le terre emerse scomparissero completamente.

Ricerche a gruppi

La neve che cade è davvero uno spettacolo affascinante: tutto si tinge di bianco e il mondo diventa incredibilmente silenzioso. Però la neve è anche molto strana: è fatta d’acqua ma è bianca; è fredda ma alcuni animali la usano per restare calda; è scivolosa ma a volte impossibile costruirci palle e pupazzi di neve… Ci sono motivi scientifici dietro questi fatti. Possiamo approfittarne per dividere la classe in gruppi e affidare delle ricerche(con esposizione orale) sui motivi scientifici dietro a queste curiosità, oppure possiamo usare la presentazione per una semplice lezione frontale. Vediamo insieme gli argomenti su cui possiamo focalizzarci.



La neve è fatta d’acqua… ma è bianca!

Sappiamo che gli oggetti trasparenti, come l’acqua o il vetro, sono tali perché la luce li attraversa senza venire modificata da essi. La pioggia e il ghiaccio sono trasparenti, ma la neve è bianca! Chiediamo agli studenti di fare delle ipotesi per spiegare questa apparente contraddizione. Ricordiamo il motivo per cui alcuni oggetti appaiono di un determinato colore, magari coinvolgendo l’insegnante di Arte o visionando questo video: gli oggetti colorati assorbono determinate lunghezze d’onda della luce e ce ne restituiscono altre, facendoceli recepire appunto come colorati. Gli oggetti neri invece assorbono tutta la luce che li colpisce (è per questo che sono così caldi!), mentre quelli bianchi non ne assorbono affatto e ce la restituiscono tutta.

All’acqua che si trasforma in neve succede qualcosa che evidentemente le impedisce di venir attraversata dalla luce. Ecco la spiegazione: ogni raggio di luce che colpisce un cumulo di neve attraversa il primo cristallo che incontra (che è trasparente), venendo leggermente deviato dalla struttura cristallina dello stesso cristallo. Proseguendo nel suo percorso attraverso il manto nevoso, di cristallo in cristallo, la luce continua a deviare sempre di più fino a riemergere, tornando all’osservatore. Ai nostri occhi arrivano così tutti i colori di partenza, e di conseguenza percepiamo il colore bianco. Inoltre, poiché quasi tutta la luce che entra viene restituita, il manto nevoso appare spesso abbagliante: ecco perché gli occhiali da sole sono fondamentali in pista!

La neve è fredda… ma tiene caldo!

Partiamo da un dato di fatto: moltissimi animali, uomo compreso, si scavano rifugi nella neveper rimanere al caldo. In gergo si chiamano trune e sono un mezzo di sopravvivenza essenziale in caso di emergenza: molti alpinisti si sono salvati da una notte all'addiaccio scavando un buco nella neve. Anche il gallo forcello adotta spesso lo stesso stratagemma per superare il gelo della notte. Come si spiega questo fatto? Qui e qui due video che spiegano i dettagli di questo segreto, che in realtà è molto semplice: la neve mentre cade al suolo intrappola dell’aria nella sua struttura, che poi funge da isolante termico, un po’ come nei doppi vetri di casa. Pensate che la neve fresca può essere composta fino al 95% di aria! Per questo spesso è difficile appallottolarla per giocare.

Cade la neve e… c’è più silenzio!

Non è solo un’impressione e non è solo dovuto al fatto che, in effetti, quando nevica meno esseri umani o animali escono al freddo. Che la neve renda il mondo più silenzioso, attutendo i rumori, è proprio un fatto fisico. Il manto bianco si comporta infatti esattamente come i pannelli fonoassorbenti degli edifici, sempre grazie quegli spazi di aria che si infilano tra un fiocco e l’altro: essi assorbono il suono e impediscono alle onde sonore di rimbalzare facilmente come sul suolo compatto, sul cemento o su una superficie completamente ghiacciata. La neve assorbe inoltre parte delle vibrazioni, riducendo ulteriormente la nostra capacità di percepire i rumori. L 'effetto funziona meglio a temperature molto e con la neve fresca. Approfittiamone per un bel ripasso accurato su come funziona l’udito, con due video cartoonati in inglese, uno più semplice (qui, senza sottotitoli, adatto ad una lezione CLIL) e uno invece più approfondito, dedicato agli studenti con plusdotazione (qui con sottotitoli).