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Un nuovo modello educativo al Parco della Gratitudine. Intervista con Maurizio Maglioni

A distanza di qualche mese dalla nostra prima intervista abbiamo chiesto a Maurizio Maglioni, presidente dell'Associazione Flipnet, di raccontarci come sta andando l’esperienza del Parco della Gratitudine: la prima scuola capovolta d'Italia.

Metodologie  Esperienze di insegnamento 
27 aprile 2021 di: Maurizio Maglioni
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Maurizio Maglioni, presidente dell'Associazione Flipnet e fondatore del Parco della Gratitudine, ci aveva già raccontato in un’intervista (“Il Parco della Gratitudine e la flipped classroom: intervista a Maurizio Maglioni”) la nascita della prima scuola capovolta d’Italia, adesso, a diversi mesi di distanza ci parla di come sta andando questa esperienza e dei traguardi raggiunti durane quest’anno di pandemia.

Fondare una nuova scuola in piena pandemia può essere davvero difficile, come mai avete fatto questa scelta?

Siamo oggi più di ieri debitori verso i bambini e i giovani. I ragazzi sono stati costretti per lungo tempo a casa, davanti a uno schermo, senza la possibilità di fare sport, di frequentare gli amici e di stare a contatto con la natura. Inoltre in molti casi continuiamo a educarli con metodi direttivi e trasmissivi senza aiutarli in quelle competenze che oggi più di ieri sono indispensabili: la capacità di risolvere i problemi, di analizzare, di sintetizzare, di criticare, di creare, di inventare, di usare le tecnologie in modo autonomo e responsabile.

Oggi, rifondare la scuola, ripensare a una educazione reciproca e non trasmissiva, creare ambienti di apprendimento piacevoli e stimolanti è la cosa più urgente e importante a cui possiamo dedicarci. Il nostro futuro dipende da come siamo capaci di rendere i nostri figli migliori di noi.

E qual è la strategia usata al Parco della Gratitudine per rendere un bambino migliore dei suoi genitori?

Abbiamo creato un modello pedagogico fondato sulla creatività, sullo spirito di iniziativa, su l'autoapprendimento e sull’autovalutazione. Nel nostro modello apprendere non è mai un ascolto passivo ma nasce sempre da un’attività di coppia o di gruppo, stimolante e coinvolgente. Un modello diverso da quello in uso nella maggior parte degli ambienti scolastici. Un modello tropo rigido e trasmissivo oggi rischia di creare ragazzi spaesati, privi di creatività, di autonomia o di capacità collaborative. Il modello lezione, studio a casa, interrogazione, oggi non riesce a soddisfare pienamente le esigenze dei ragazzi né a motivarli.

Quali strategie seguite per motivare ragazze e ragazzi in modo diverso rispetto al modello tradizionale?

Lo studio è come il cibo: un bisogno. Non serve obbligare a studiare come è inutile obbligare a mangiare. Anzi, non serve mai obbligare qualcuno a fare qualcosa “per il suo bene”. Non lo diciamo solo noi: lo ha scritto a caratteri cubitali tutta la pedagogia del ‘900 e del 2000, da Duwey alla Montessori, da Freinet a Carl Rogers. Ma i nostri riferimenti pedagogici sono anche Bergman e Sams, creatori del Flipped Learning, i fratelli Johnson, fondatori dell’apprendimento cooperativo, Thomas Gordon, il primo a chiarire cosa rende efficace l’insegnamento e cosa lo vanifica. Poi c’è il grande Marshall Rosenberg, padre della comunicazione empatica e non violenta.



Come è organizzata la giornata al parco?

A inizio anno consegniamo a ogni bambino o ragazzo un notebook sul quale egli lavora come sui quaderni. Non usiamo libri di testo perché le risorse web sono varie e complete. Solo per la narrativa utilizziamo libri cartacei ma a volte anche ebook.

Ogni giorno proponiamo attività creative, autentiche e cooperative, sempre in contatto con la realtà e il mondo del lavoro. Ogni alunno impara a creare un sito web personale sul quale riporta i risultati delle attività giornaliere. Se crea una pittura, una ceramica, un oggetto artistico, lo fotografa e lo archivia sul sito. Se ripete un brano di storia, un concetto scientifico, un dialogo in inglese, registra tutto e lo mette sul suo sito. Molto spesso si creano mappe concettuali online oppure presentazioni multimediali con voce registrata. Queste cose piacciono moltissimo anche ai bambini che imparano a costruirle e a presentarle in pubblico molto presto.

Quindi tanta informatica, come bilanciate l’uso di strumenti digitali e tradizionali?

Noi non forziamo mai un bambino a privilegiare la penna, il calamaio o una tastiera. Noi proponiamo degli strumenti mostrandone il funzionamento. È naturale che il bambino prediliga la scrittura digitale a quella cartacea. La puoi immediatamente condividere con l’insegnante anche se sei disgrafico o se sta a casa. L’importante non è la tipologia dello strumento didattico ma il rispetto profondo verso tutti i bisogni del bambino. Primi fra tutti i bisogni di movimento e di amicizia. Per questo nelle 8 ore giornaliere al Parco della Gratitudine sono previste almeno due ore al giorno di attività fisica, giochi di gruppo il più possibile all’aria aperta, sui prati o nell’orto didattico.

Ritiene che questo approccio sia facilmente traslabile nella scuola statale?

Non è detto che i nostri allievi dovranno tornare in una scuola statale. Se si trovano bene a studiare storia davanti al caminetto e a fare yoga o capoeira o basket perché dovrebbero cambiare? La nostra è una scuola parentale: si può stare anche fino a 18 anni e fare il liceo breve in 4 anni.

La vostra scuola punta a rivolgersi a un gruppo specifico di studenti e genitori?

Al contrario questa è una scuola per tutti. La quota associativa è come quella di una scuola privata ma si risparmia sui libri e sugli sport. Inoltre almeno il 30% dei nostri iscritti soffriva di disturbi dell’apprendimento. Ma da noi gli strumenti compensativi sono sempre disponibili a tutti, così che nessuno si sente etichettato o ghettizzato. Addirittura, i genitori sono così solidali che vengono a svolgere volontariato per aiutare i compagni dislessici dei loro figli! Siamo un popolo: il popolo del Parco.