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Vivere la cittadinanza, godere la libertà. Una lezione di Educazione civica con Gabriele Laffranchi

Disponibile dal 29 ottobre il nuovo webinar del ciclo del Gruppo Editoriale La Scuola SEI in collaborazione con Dire, fare, insegnare, tenuto dal professor Gabriele Laffranchi sul tema dell’Educazione civica a scuola.

Metodologie 
30 ottobre 2020 di: Redazione
copertina

Il tema dell’insegnamento dell’Educazione civica a scuola e delle sue modalità è stato dibattuto a lungo. In questo webinar Gabriele Laffranchi si rivolge ai docenti e agli studenti per riflettere sui presupposti teorici e gli obiettivi principali di questa disciplina, in una prospettiva legata alla tradizione e ai testi, ma proiettata al futuro. Se per molti docenti, infatti, l’Educazione civica è ancora una materia nuova in cui ci si deve orientare: è necessario quindi partire dalle basi e dagli obiettivi primari per guidare al meglio lo svolgimento dell’attività didattica.

Per farlo, secondo Laffranchi, è opportuno partire dalla legge del 20 agosto 2019, che sancisce l’insegnamento dell’Educazione civica a scuola: «L’educazione civica contribuisce a formare cittadini responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri.»

Dalla lettura del testo emergono due punti cruciali:

Cosa significa essere cittadini responsabili e attivi?

Quali sono i diritti e i doveri che orientano la vita civile?

Al fine di inquadrare coerentemente queste due tematiche la lezione è articolata in tre parti: una prima parte storica, focalizzata sullo sviluppo cronologico della nozione di cittadinanza, una seconda concentrata sui testi e una terza sul “paradosso” moderno della cittadinanza.

Parlando di Educazione civica e cittadinanza, infatti, è fondamentale cogliere i processi che hanno portato le società e gli uomini a definirsi come cittadini di una comunità. E parlando di cittadini non si può certo trascurare il mondo antico, dove affonda le sue radici la nozione stessa di cittadinanza. Nello specifico la prima nozione di cittadinanza, seppur con i dovuti distinguo che non mancheremo di sottolineare, è quella elaborate nelle poleis greche e specialmente all’interno della democrazia ateniese.

La celebre frase di Aristotele «L’uomo è un animale politico» si riferisce proprio al fatto che, nella cultura greca classica, il singolo si realizza diventando un membro attivo della comunità. Tuttavia non tutti coloro che vivono nella polis sono cittadini, anzi, per esserlo devono soddisfare alcuni requisiti: essere nati da genitori ateniesi ed essere liberi e indipendenti economicamente. Di fatto per essere cittadini era necessario far parte di una élite sociale.

Anche a Roma il cittadino doveva soddisfare dei requisiti per essere considerato tale. Un cittadino romano era tale per nascita, per adozione o per volontà collettiva. La cittadinanza romana, inoltre, era una fondamentale forma di tutela giuridica, che, anche in questo caso, poteva riguardare solo uomini e donne liberi. In generale quindi possiamo affermare che nel mondo antico si è cittadini in quanto liberi.

Il cambiamento radicale nella concezione di cittadinanza arriva con la modernità. Dopo la scoperta dell’America, infatti, ci troviamo di fronte a un mondo interconnesso dove non serve solo essere indipendenti e liberi per essere cittadini, ma anzi la cittadinanza diventa sinonimo di tutele, che vengono richieste dai singoli allo Stato a cui appartengono. La cittadinanza moderna infatti è il frutto delle lotte di differenti gruppi sociali che procedono per tre fasi principali:

1.  la creazione di un corpo politico elitario e coeso: si sviluppa intorno alle corti delle grandi monarchie del 600 e del 700 e nel tempo a esso si contrappone una classe emergente;

2.  la borghesia: una grande fetta della popolazione, che possiede grandi ricchezze e chiede di vedere riconosciuta e tutelata la propria attività con una rappresentanza politica;

3.  la socializzazione delle masse: i grandi movimenti di massa del 1800, che portano alla creazione dell’idea di popolo.

In sostanza la moderna concezione di cittadinanza prende le mosse da questo processo storico, nel quale diversi attori rivendicano i propri diritti e chiedono che la legge e la politica proteggano la libertà e l’uguaglianza dei membri di una comunità. La quasi totalità delle proteste e delle battaglie civili e politiche hanno lo scopo primario di veder garantite la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. Di conseguenza, nella modernità, si verifica un capovolgimento per cui si è liberi in quanto cittadini e non il contrario, come avveniva invece nel mondo antico. Il cittadino dunque è colui che appartiene a una comunità, gode di diritti e interessi che sono da essa tutelati e partecipa all’attività politica, in questo modo l’appartenenza, i diritti e la partecipazione diventano i tre pilastri del concetto moderno di cittadinanza.

Per comprendere come questo moderno concetto di cittadinanza venga recepito e interpretato nella società odierna e nella legislazione che regola tale società, non si può prescindere dal testo della Costituzione.

La Costituzione infatti è la legge fondamentale dello Stato, il documento che definisce le linee guida di tutta l’attività legislativa e giuridica, un testo essenziale per comprendere le istituzioni e le modalità della loro azione, nonché i rapporti fra gli attori politici. Nel caso specifico dell’Italia il testo costituzionale è frutto di quello che potrebbe quasi definirsi un “miracolo”: emerge da un momento di crisi profonda e rinascita della società italiana, appena uscita dalla tragedia della guerra e del fascismo, ma anche dal confronto e dallo scontro fra tutti coloro che avevano contribuito a quella rinascita. Dall’acceso dibattito tra fazioni e ideologie diverse risultò un testo che esprimeva il bisogno condiviso di lasciarsi alle spalle quel periodo buio e riaffermare la libertà del paese dei suoi cittadini: il manifesto di uno Stato libero.

È utile tenere a mente questa genesi leggendo i primi tre articoli della Costituzione, che sono illuminanti sulla moderna interpretazione di cittadinanza.

1.  «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.»

L’articolo 1 mette al centro l’importanza del lavoro e della sovranità del popolo, in quanto espressione di democrazia, dunque si concepisce l’individuo come un membro attivo nella comunità.

2.  «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.»

L’articolo 2 esplicita la natura del rapporto fra Stato e singolo cittadino: “diritti inviolabili” e “doveri inderogabili” sono due facce della stessa medaglia. Il cittadino in questa concezione precede lo Stato, il quale “riconosce”, ossia garantisce i diritti in quanto prerogative preesistenti e serve il cittadino. Tuttavia lo Stato non esiste senza l’impegno dei cittadini che quindi hanno nei suoi confronti anche dei doveri. Per esempio per veder garantito il diritto alla salute, ogni cittadino deve pagare le tasse che finanziano la sanità pubblica.

3.  «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.»

Il primo comma dell’articolo 3 riguarda l’uguaglianza formale di tutti i cittadini, che si traduce nella frase simbolo presente in tutti i tribunali: “La legge è uguale per tutti”.

Comma 2. «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»

Nel secondo comma però si fa un ulteriore passo avanti: dall’uguaglianza formale lo Stato si impegna ad arrivare a quella sostanziale. Non si limita dire che tutti siano uguali ma si impegna a far sì che lo diventino nella pratica. C’è sempre stato un forte dibattito intorno a questo articolo proprio perché in base alla sua interpretazione cambia l’orientamento essenziale dell’azione dello Stato. In pratica i due poli del dilemma sono: il compito dello Stato è rendere tutti i cittadini uguali (dal punto di vista sociale, economico, culturale, ecc.) o garantire a tutti le stesse opportunità? Per esempio, parlando del diritto all’istruzione, ci si chiede: lo Stato deve far sì che siamo tutti istruiti allo stesso modo o che tutti possiamo accedere allo stesso livello di istruzione?

Nella Costituzione italiana la libertà e l’uguaglianza sono davvero i canoni che animano tutta l’impalcatura costituzionale del nostro paese.

Per allargare i nostri orizzonti è utile analizzare come questi due termini si riflettano anche nella legislazione sovranazionale e nello specifico nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’ONU, scritta con l’obiettivo di istituire un ideale comune cui tendere in quanto umanità.

1.  «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.»

Non esistono in natura esseri umani che siano privi di libertà e l’ordinamento politico di ogni Stato deve garantire queste libertà e l’uguaglianza fra gli uomini.

2.  «Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.»

Uguaglianza quindi non vuol dire essere tutti identici, con le stesse caratteristiche, bensì avere il diritto di essere diversi gli uni dagli altri senza che questo sia fonte di discriminazione.

Per raggiungere concretamente questo e altri obiettivi fondamentali per l’umanità l’ONU ha stilato l’Agenda 2030, un programma a lungo termine che riguarda tutte le nazioni e il loro futuro. I 17 goals (obiettivi appunto) che sono enunciati nell’Agenda nascono dalla consapevolezza di essere in un momento cruciale della storia, la nostra generazione si trova a un bivio: potrebbe essere la prima a porre fine alla povertà o l’ultima a poter salvare il pianeta. Fra i 17 goals dell’ONU due in particolare riguardano l’uguaglianza:

• Il n°10 Ridurre le disuguaglianze:

«Potenziare e promuovere l’inclusione sociale, economica e politica di tutti, a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, stato economico o altro».

«Assicurare pari opportunità e ridurre le disuguaglianze nei risultati, anche eliminando leggi, politiche e pratiche discriminatorie e promuovendo legislazioni, politiche e azioni appropriate a tale proposito».

L’elemento di rilievo non è solo l’intenzione enunciata nell’obiettivo, ma la volontà di mettere in pratica tale intenzione misurandone i risultati ed eliminando concretamente gli ostacoli verso l’uguaglianza reale.

• Il n°5 La parità di genere:

«Il raggiungimento del pieno sviluppo del potenziale umano e dello sviluppo sostenibile non potrà realizzarsi se ancora metà della popolazione mondiale è privata di diritti e opportunità».

Menzione a parte merita il discorso sulla parità di genere, che come dice l’obiettivo stesso riguarda una discriminazione che interessa la metà della popolazione mondiale. Anche in questo caso però non contano solo le parole, ma anche a soprattutto i fatti.

In conclusione dunque, libertà e uguaglianza sono allo stesso tempo i pilastri della cittadinanza e i suoi obiettivi come comunità. La cittadinanza quindi è il diritto di avere dei diritti e tali diritti individuali della persona sono garantiti dalla sua appartenenza a una comunità, nonché dall’azione della comunità stessa. Per questo motivo si delinea un “paradosso della cittadinanza”, il complesso di tutti i nostri diritti deriva dall’esercizio di un solo diritto principale, quello di cittadinanza.