La redazione di Dire, fare, insegnare ha intervistato il professor Carlo Mazzone, il primo italiano nella rosa dei finalisti del "Global teacher prize".
Esperienze di insegnamento  Grandi insegnanti Carlo Mazzone, professore di informatica all'Istituto Tecnico Lucarelli di Benevento e finalista del Global Teacher Prize, ci parla della connessione tra cultura umanistica e informatica e di che cosa significhi per lui insegnare informatica nel ventunesimo secolo.
Lei è stato il primo italiano a entrare nella shortlist del Global Teacher Prize. La commissione è stata colpita dalla sua capacità di infondere agli allievi voglia di fare e di credere in progetti e attività innovative: può dare agli altri docenti tre consigli a riguardo?
In tutta sincerità non mi sento di dare consigli ai miei colleghi in quanto io mi sento, semplicemente, un docente come tanti che, ogni giorno, porta la propria passione per la sua disciplina e per l’insegnamento nel rapporto con i propri alunni. Posso però riferirmi, nello specifico, alla mia presenza nella shortlist del “Nobel dei docenti” che ha premiato il mio approccio all’imprenditorialità che riesce a trasformare il docente in un mentore e far sì che egli sia un elemento d’ispirazione che riesce a motivare e coinvolgere anche gli alunni meno propensi al dialogo didattico. Inoltre, tra le altre cose, è stato riconosciuto il mio lavoro di divulgatore informatico che si realizza anche attraverso diverse mie pubblicazioni a carattere nazionale. Tali libri sono nati proprio nel contesto scolastico che io ho prodotto, a mia volta ispirato dai miei alunni, usando la mia esperienza maturata in tanti anni di consulenza aziendale nell’ambito informatico.
Lei insegna informatica, ma è cresciuto in un contesto umanistico: pensa che le materie umanistiche possano aiutare nell’apprendimento di materie scientifiche? Se sì, come?
Assolutamente sì. In linea del tutto generale lo studio inteso come propensione alla comprensione del mondo è un qualcosa di assolutamente orizzontale e, quindi, la speculazione umanistica non può che giovare anche a quella scientifica. Tuttavia, ciò deve avvenire non solo per un fatto meramente “tecnico” e didattico ma anche e soprattutto per gli aspetti etici legati all’istruzione. Noi formiamo innanzitutto delle persone che devono vivere la società nella sua interezza come cittadini partecipi e consapevoli. Io ritengo, come credo sia ovvio fare, che si debba sempre riferirsi alla Cultura in senso totale e mai verticale. Spesso ricordo come cultura non significhi semplicemente “saper fare” ma innanzitutto “essere”. Ricordo, infatti, come in passato siano state commesse atrocità inenarrabili da persone brave dal punto di vista tecnico ma evidentemente vuote dal punto di vista morale. Lo scopo della scuola è quindi, sempre e comunque, formare al bene comune e questo è anche il motivo per cui da tempo parlo della necessità di un nuovo “Umanesimo Digitale” che quindi unisca appunto il contesto “umanistico” a quello scientifico ponendo sempre al centro l’essere umano.
Didattica digitale integrata e insegnamento dell’informatica sembrerebbero un facile sodalizio: è stato così? Come è cambiato l’insegnamento della sua disciplina a distanza?
Credo che questo sodalizio sia semplice solo dal punto di vista tecnico, nel senso che in questo ambito l’informatica sfrutta per la didattica strumenti che per i docenti di questa disciplina, e per dei futuri informatici, sono sicuramente meno complessi da usare che per altri. Inoltre, è sicuramente più naturale creare dei “laboratori virtuali” rispetto ad altre discipline tecniche che richiedono al contrario specifiche apparecchiature non sempre facilmente sostituibili da software di simulazione.
Tuttavia, permangono, a distanza, le stesse criticità di tutte le altre discipline. Per esempio, quando si parla di insegnare a distanza, in linea generale, ritengo fondamentale adattare non solo i modi ma anche i tempi. Inevitabilmente bisogna considerare come sia assolutamente importante lasciare i giusti, a volte anche lunghi, momenti di riposo agli studenti, in quanto lo sforzo di concentrazione di fronte a uno schermo può essere davvero affaticante soprattutto in alcuni soggetti. Inoltre, gli elementi “distrattori” in un ambiente domestico posso essere davvero tanti. Lasciare quindi ampi spazi di confronto con gli alunni e far capire loro che sono al centro di tutte le nostre attività. Infatti, uno degli elementi maggiormente a rischio nel rapporto a distanza è dato dall’attenuazione, se non dalla perdita, della carica empatica da parte del docente. Di norma, mi sono sempre preoccupato di “buttare un occhio” verso gli ultimi banchi dell’aula per cercare di capire come aiutare anche i ragazzi che si sentivano più estranei al rapporto con il sottoscritto. Ora vedo sorgere una nuova versione di “ultimo banco” fatto di piccole icone sullo schermo in cui è presente solo il nome dell’alunno, in quanto questi ha la videocamera spenta. È quindi importante cercare il dialogo e indagare rispetto ai motivi che vedono la non presenza in video dello studente. Seppure possa risultare vero che in alcune occasioni ciò sia dovuto a una volontà di rinuncia al dialogo con il docente, più spesso possono esserci problemi reali quali la mancanza di strumenti tecnologici adeguati oppure problematiche legate alla presenza di diversi familiari in ambienti domestici ristretti. Bilanciare la necessità di “fare scuola” con il vincolo che l’aula sia un tinello oppure un piccolo corridoio di casa è cosa non sempre semplice.
L’insegnamento dell’informatica potrebbe essere cruciale nell’era digitale. Come potrebbe essere valorizzato nei programmi scolastici?
In effetti l’informatica è già uno degli elementi cardine della nostra società e lo sarà di certo sempre di più in futuro. L’alfabetizzazione informatica, già presente in diversi contesti, lo dovrà essere probabilmente ancora in senso più importante in particolare per riuscire a formare una giusta e sana consapevolezza per l’uso di questi strumenti. Se ci riflettiamo scopriamo, per esempio, quanto complesso sia il mondo dei social network e quanta poca comprensione ci sia da parte dei più del fatto che quel mondo è solo apparentemente virtuale. Infatti, ormai esiste una sorta di estensione di noi stessi sulla rete, nei confronti della quale molti ignorano di avere gli stessi doveri di quella fisica, nel senso, per esempio, del rispetto dell’altro e delle altrui opinioni. Inoltre, ormai un numero enorme di attività informative, burocratiche e/o di pagamento che prima avvenivano in maniera tradizionale ora passano attraverso la rete e si necessita così di una sempre aggiornata consapevolezza e competenza in tali ambiti. In senso più concreto, sarà quindi importante che un po’ tutti i docenti, delle varie e differenti discipline, sulla scorta di tutte le esperienze maturate nei lunghi mesi di didattica a distanza, continuino a sfruttare, in modo critico e ognuno a seconda degli specifici contesti, gli strumenti informatici. Tutto ciò potrà portare a una naturale valorizzazione all’interno dei vari percorsi scolastici delle discipline informatiche che saranno così anche traversali e attuali come lo sono ormai nella società.
Quali sono le competenze digitali che a suo parere un ragazzo dovrebbe avere oggi prima di affacciarsi al mondo del lavoro?
Se ci riferiamo a un contesto specificatamente di professionisti dell’informatica, di sicuro le competenze di interesse maggiore saranno quelle legate all’intelligenza artificiale, ai cosiddetti big data e a tutto ciò che ha a che fare con il cloud computing. Più in generale, i lavori del futuro, che saranno sicuramente impregnati di digitale sono ancora per molti aspetti non precisamente definiti in quanto l’evoluzione corre ormai a velocità superiori rispetto alla nostra capacità di prevedere ciò che avverrà. In tal senso è sempre più importante considerare per i nostri giovani una preparazione culturale tecnologica improntata alla massima apertura mentale in cui la motivazione per la professione scelta, mossa da una altrettanto grande passione, sarà la chiave per essere protagonisti del proprio futuro.