Dire, fare, insegnare
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“La cosa più grandiosa”: un’attività per stare bene a scuola

Sara Adobati ha condiviso con noi una proposta di attività per lavorare sulle competenze linguistiche e digitali per l’inclusione e che unisce cooperative learning e creatività.

Metodologie 
26 ottobre 2023 di: Sara Adobati
copertina

Immaginiamo di planare su di una città, poi di fare uno zoom all’interno di un quartiere periferico e poi ancora all’interno di una scuola. Cosa troveremo? Scoveremo la diversità culturale, che caratterizza la società moderna e avremo l’occasione, insegnando ai ragazzi, di scoprire il mondo senza bisogno di viaggiare. Siamo nella scuola secondaria di primo grado “Adele Ponte”, dell’IC Perasso di Milano. Qui, in una classe prima eterogenea per provenienza e cultura, si parla spagnolo, inglese, arabo, filippino e si usa anche la Lingua dei segni italiana.

L’insegnamento dell’italiano è sostenuto da corsi di alfabetizzazione, i testi sono semplificati, si utilizzano i vocabolari digitali, eppure la competenza linguistica raggiunta durante l’anno non è sufficiente a una buona comunicazione e a favorire lo star bene a scuola, intendendo la comunicazione corretta come un trampolino per innescare delle dinamiche sociali positive. Il riconoscimento dell’altro è offuscato dalla mancanza di comprensione di tutte le situazioni quotidiane, che vanno a ledere l’autostima e rendono l’ambiente di apprendimento caotico.

Queste premesse hanno posto una sfida e un’occasione al nostro consiglio di classe: insegnare il valore dell’inclusione, ponendo come obiettivi l’accrescimento dell’autoefficacia, della consapevolezza del sé e il riconoscimento nell’altro “diverso da sé”. Come? Attraverso un’attività di cooperative learning, con un pizzico di competenze disciplinari, una buona dose di multimediale per coinvolgere tutti, e qualche grammo di media literacy.

L'attività ha inizio dalla lettura dell’albo La cosa più grandiosa di Ashley Spires (autrice e illustratrice) e prevede la realizzazione di un video e di un dibattito sul video stesso, volto a elaborare un pensiero critico rispetto all'uso della comunicazione inclusiva e accessibile. Nella fase preliminare la classe, composta da studenti di prima che vanno dagli 11 ai 14 anni, viene divisa in piccoli gruppi che analizzano le fasi di lavoro e si spartiscono i compiti.

Prima fase – La comprensione

La prima fase consiste nella lettura ad alta voce del testo dell’albo proiettato alla LIM e segnato in Lingua dei segni grazie all’interprete. Questo primo step risulta complesso, ma grazie alle indicazioni tratte dal metodo della Logogenia diviene un momento di condivisione, di riflessione, di drammatizzazione.Vengono così messe in atto strategie che permettono a tutti di comprendere al meglio il contenuto del testo. Per esempio, si favorisce la comprensione dei pronomi personali e si esplicitano gli ostici sottintesi, in modo che diventino argomento di discussione all’interno del gruppo: chi e che cosa effettivamente compia l’azione? Alla storia avvincente il merito di coinvolgere i ragazzi per tutto il resto dell’attività.

Seconda fase – Lo storyboard



Una volta superato il primo scoglio della comprensione, si suddivide il testo in sequenze per poter iniziare a progettare la parte multimediale e visuale, tramite uno storyboard originale.Le immagini dell’albo, infatti, sono state oscurate in precedenza, così che sia la classe a disegnare i tratti peculiari della protagonista e del suo aiutante.

Al centro della storia ci sono una ragazza di tredici anni di origine asiatica e il suo fedele hachiko. Insieme sono chiamati a cimentarsi nella costruzione di qualcosa – “qualcosa di grandioso” –, proprio come ogni nostro studente.Una volta ottenuto lo storyboard, i gruppi si cimentano nella traduzione delle tre seconde lingue che settimanalmente apprendono: la LIS, lo spagnolo e l’inglese. I sottotitoli sono pronti per il montaggio del video.

La progettazione realizzata dagli studenti è vicina al loro linguaggio, non tanto per una questione estetica o “contemporanea” in quanto non include inquadrature social, ma perché ha in sé i tratti dell’Universal Design Learning, che prevede una multicanalità per rendere il video accessibile a tutti.

Terza fase – La produzione video

Ecco che finalmente inizia il bello: gli alunni sperimentano le mansioni di una vera e propria produzione video. C’è chi si cimenta in interpretazioni in LIS come un vero e proprio attore, chi lavora come cameraman, chi come produttore e regista. Con qualche ora di postproduzione il video è pronto e i sottotitoli sono incorporati. Resta solo la proiezione e, come per una prima in una sala cinematografica, si crea un’atmosfera di grande attesa.

Quarta fase – La riflessione

L’attività svolta porta al dibattito in classe attorno a un quesito: che cosa è la comunicazione? Per nessuno degli studenti questa si identifica con l’italiano inteso come lingua comune. La priorità condivisa corrisponde al bisogno di “farsi capire”, grazie agli strumenti più variegati e digitali tipici della generazione 2.0 e attraverso canali che non vertono per forza alla comunicazione verbale.

L’autovalutazione

L’autovalutazione in itinere e quella finale hanno innescato un alto livello di metacognizione. Il lavoro cooperativo ha creato sinergie e nuove amicizie, “le cose più grandiose”. L’anno scolastico continua con nuove competenze da acquisire, finalmente in classe: la nostra classe.