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Viola nella rete: Elisabetta Belotti racconta il (cyber)bullismo con un romanzo

Elisabetta Belotti, scrittrice e insegnante di Italiano nella scuola secondaria di primo grado, ci parla di come è nato il suo libro "Viola nella rete", raccontando su quali temi si sviluppa la storia e quale sia la rilevanza di questi argomenti sia per i ragazzi sia per i genitori e gli insegnanti.

Secondaria  Grandi insegnanti 
09 ottobre 2020 di: Elisabetta Belotti
copertina

Bullismo, cyberbullismo e il modo migliore di gestire queste problematiche a scuola sono oggi argomenti centrali nel dibattito quotidiano sulla scuola e sull'educazione. Per questo motivo la nostra redazione ha chiesto a Elisabetta Belotti, insegnante di Italiano e autrice del libro Viola nella rete (edito da Einaudi Ragazzi), di raccontarci la sua esperienza, in classe e non, su questo tema. 

Come è nata l’idea del libro Viola nella rete?

L’idea del libro è nata a scuola. Insegno da tempo nella scuola secondaria di primo grado, e ho vissuto diversi cambiamenti negli ultimi anni, uno dei quali è la diffusione del cyberbullismo, accanto al bullismo “classico”. Nei miei primi anni di insegnamento, gli alunni delle medie non possedevano un cellulare; se lo possedevano, non si collegava a Internet. Ora i ragazzini che arrivano in prima media sono già dotati di telefonino e navigano più o meno liberamente in rete. In particolare, molti di loro hanno dei profili social, soprattutto su Instagram.

Come ha inserito il tema della prevenzione a bullismo e cyberbullismo nella trama di un romanzo per ragazzi?

Il romanzo ha tre personaggi principali, Leo, Viola e Chiara, che frequentano la stessa classe (una seconda media) ed è scritto sotto forma di diario. In questo modo, per il lettore è possibile “ascoltare” tre voci diverse, tre punti di vista sugli stessi avvenimenti. Viola è una ragazzina appena arrivata che deve inserirsi nella nuova classe; Leo è un alunno vivace e poco attento alle regole; Chiara una ragazzina molto presente sui social, e concentrata sul suo aspetto fisico e sulla sua immagine. Attorno a loro ci sono i compagni di classe e i professori, si affrontano laboratori di scrittura e gite scolastiche disastrose, interrogazioni e feste tra compagni di scuola. In questo contesto realistico, si verificano delle dinamiche che possono sembrare solo dei dispetti o delle battute un po’ acide, mentre invece sono il primo segnale di qualcosa che non va. Quando una “normale” antipatia tra compagni/e sfocia in attacchi verbali ripetuti, fenomeni di esclusione, pubblicazione di fotografie senza consenso, creazione di falsi profili social, siamo già nel cyberbullismo, e la situazione è già andata troppo oltre, senza la piena consapevolezza della reale portata di dolore e sofferenza che questa può provocare. Mi interessava mostrare come atteggiamenti che agli adulti sembrano solo “cose da ragazzi” siano invece la spia di qualcosa di molto più profondo e pericoloso.

Come pensa che un insegnante possa agire sulla classe per prevenire il cyberbullismo?

Credo che la famiglia abbia un ruolo importante nell’educare al rispetto delle diversità. Spesso, anche se non sempre, un ragazzino bullo ha assorbito certi valori, certi atteggiamenti e anche certe frasi nella vita familiare, ancor prima di mettere piede a scuola. Certamente a scuola noi insegnanti possiamo fare la nostra parte: far capire l’importanza delle regole nella convivenza quotidiana, cercare di dare spazio a tutti gli alunni, contenendo gli esuberanti e incoraggiando i timidi; non limitarsi a fare lezione frontale, ma costruire lezioni nelle quali i ragazzi collaborino, dialoghino e cerchino insieme soluzioni alle situazioni didattiche proposte. Inoltre, a un insegnante non deve mai mancare la capacità e la voglia di osservare davvero i suoi alunni, di “respirare” l’atmosfera che circola nella classe. A volte i segnali sono palesi, penso allo scontro fisico e alle offese di un certo bullismo tipicamente maschile, altre volte i segnali sono meno evidenti, ma ci sono.

Come potrebbe essere inserito questo tema nella programmazione didattica?

Come docente di Lettere devo dire che il tema del bullismo e del cyberbullismo viene già affrontato in Italiano, tanto che nelle antologie degli ultimi anni c’è sempre una sezione dedicata all’educazione digitale, alla legalità, al tema dei nativi digitali ecc. In realtà si tratta di un tema trasversale alle discipline, soprattutto ora che abbiamo un numero di ore dedicate all’educazione civica.

Ha un’idea per qualche lavoro in classe da realizzare partendo dalla lettura del suo libro?

Di concerto con la casa editrice ho deciso di preparare delle schede didattiche, liberamente scaricabili e utilizzabili in classe. Ci sono varie attività: approfondimenti sui personaggi, sulla storia e sulle dinamiche che si creano tra vittima, bullo, spettatori e aiutanti. In particolare mi sembrano interessanti la riscrittura di alcune pagine di diario, la proposta di testi personali (descrizione di se stessi in modo soggettivo o oggettivo), alcuni esercizi che fanno riflettere sulle differenze tra bullismo e cyberbullismo, e anche sulla differenza tra bullismo e altri fenomeni (litigi occasionali, scherzi con finalità non offensive…). Il link per accedere alle attività è questo.

Ha avuto modo di confrontarsi con i ragazzi che hanno letto il suo libro? Se sì, quali sono le loro esperienze? Il libro è stato loro d’aiuto per comprendere delle situazioni stanno vivendo o che hanno vissuto?

Il libro è uscito nel mese di maggio di quest’anno, e non ho ancora avuto occasione di fare delle vere e proprie presentazioni nelle scuole. Parteciperò agli incontri per le scuole nell’ambito della manifestazione Scrittorincittà, organizzato dalla città di Cuneo, nel mese di novembre. Per ora posso dire che alcuni miei alunni ed ex alunni che lo hanno letto si sono ritrovati nella descrizione delle dinamiche e delle situazioni della classe, e hanno capito meglio alcune situazioni che avevano vissuto. Anche perché uno degli aspetti che più dovrebbe farci riflettere è che tutti o quasi tutti gli alunni intervistati nelle varie ricerche nazionali e internazionali sul bullismo affermano di conoscere delle vittime o dei bulli; ciò significa che, purtroppo, tutti hanno avuto esperienze dirette o indirette (almeno come spettatori) di episodi di questo tipo.Per questo credo che le scuole, e le famiglie, non dovrebbero mai sottovalutare il problema, e quindi continuare a parlarne, sempre.