Romain Borgna, proponendo l’esperienza di una futura insegnante che ha partecipato alle sue lezioni in classe, ci racconta l’utilità del tirocinio d’osservazione in Francia.
Scuole nel mondo Come per tutte le professioni del “care”, la scelta dell’insegnamento non è una scelta banale. Spesso, la visione predominante dei futuri insegnanti è quella dell’ex studente che si immagina di insegnare. Le sorprese e le delusioni possono essere molte e impreviste. Ecco perché è importante iniziare a osservare l’insegnante, così come le sue pratiche e i suoi gesti professionali, prima di intraprendere un simile percorso professionale.
In questo articolo vorrei offrirvi uno spaccato di prospettive, a partire da quella di un’insegnante tirocinante al secondo anno di laurea triennale in storia che ha gentilmente accettato di contribuire a questo articolo, Natalène Cramone. La sua visione dell’insegnamento sarà poi incrociata con la mia, di insegnante di storia e geografia, che ha avuto l’opportunità di accoglierla nelle mie classi per un mese nell’ambito di un tirocinio di osservazione.
Il tirocinio di osservazione non è una pratica nuova. Inoltre, leggendo l’articolo di Bruna Ramella Pralungo su Dire, fare, insegnare mi sono reso conto che in Italia, come in Francia, il tirocinio è una parte importante della carriera dell’insegnante. Nell’ambito della mia carriera professionale, ho avuto l’opportunità di farne uno. Avevo appena terminato il mio anno di Master 2 francese in Scienze storiche e una Laurea magistrale all’Università degli Studi di Milano e mi stavo preparando per i concorsi per l’insegnamento in Francia.
All’epoca, all’inizio degli anni 2010, era stato appena creato un nuovo corso: il Master MEEF (Métiers de l’Enseignement, de l’Éducation et de la Formation). Nell’ambito di questo corso, preparato presso l’Università di Parigi 1 Panthéon-Sorbonne, tutti i candidati dovevano partecipare a un tirocinio di osservazione di un mese presso un insegnante. Avevo già avuto l’opportunità di fare una supplenza di sei mesi; tuttavia questa ulteriore esperienza, maturata con gli studenti di un liceo (di un grande e privilegiato liceo parigino), si è rivelata molto utile per la mia pratica successiva. Ma prima di parlarne, lasciamo introdurre a Natalène Cramone il suo background e la sua esperienza.
Natalène Cramone ha seguito (e segue tuttora) un percorso relativamente tradizionale: ha frequentato un liceo generale e tecnologico e ha conseguito un baccalauréat generale (cioè la preparazione alla maturità), con specializzazione in “Storia-Geografia-Geopolitica-Scienze politiche”, “Lettere, letteratura e filosofia” e “Matematica”. Ottima studentessa, ha superato tutti gli esami senza difficoltà, sempre con molta serietà e applicazione – alimentando il tenue pregiudizio che gli insegnanti (anche futuri) siano sempre ex buoni allievi!
Dopo aver superato la maturità, Natalène ha scelto di studiare le Scienze storiche all’Università Gustave-Eiffel, a Champs-sur-Marne, vicino a Parigi. Durante il primo anno di università, ha seguito un corso pluridisciplinare che comprendeva storia, geografia e sociologia. Questo corso di laurea consente agli studenti di acquisire competenze che possono essere messe a frutto in un’ampia gamma di settori. Gli studenti sviluppano le loro capacità analitiche, critiche e di ricerca, nonché la loro capacità di esprimersi oralmente e per iscritto. Queste conoscenze sono abbinate a metodi pratici e rigorosi di lavoro personale, come un’introduzione a progetti professionali e dunque anche all’insegnamento.
Attualmente Natalène frequenta il secondo anno e durante il quarto semestre ha scelto un corso dedicato al tirocinio e un altro relativo alla “Storia dell’arte”. La scelta del tirocinio, concepita come prerequisito - se non introduzione – all’insegnamento, ha portato Natalène a svolgere un tirocinio di osservazione nel suo ex liceo, con il suo ex insegnante e ora suo tutor, cioè il sottoscritto. Natalène stessa aveva dichiarato chiaramente il suo obiettivo: “Ho scelto di studiare perché volevo diventare insegnante. Così, quando si è presentata l’opportunità di fare un tirocinio di osservazione in una scuola, l’ho colta al volo.”
A prima vista, il tirocinio di osservazione ha uno scopo ovvio: fornire un’introduzione alla professione insegnante. Ma quando viene applicato allo studio dei metodi di insegnamento, assume una dimensione più profonda, che implica non solo l’osservazione ma anche l’analisi di pratiche, gesti e posture. È proprio questo che Natalène Cramone ha cercato di analizzare osservando la mia pratica. A questo proposito, ho avuto l’opportunità di rispondere a numerose domande, condotte sulla base metodologica di un’intervista sociologica – quindi pluridisciplinare. Quello che lei non sapeva in quel momento è che io le avrei chiesto la stessa cosa in cambio!
Di conseguenza, e secondo le sue parole, Natalène ha potuto “osservare la professione dell’insegnante e le difficoltà che incontra”. Ben presto, nonostante Natalène conoscesse bene il luogo e anche me, si è resa conto che “diventare insegnante significa saper bilanciare le proprie conoscenze con la loro trasmissione a giovani che, per la maggior parte, ne sanno ben poco”.
L’osservazione le ha fatto capire che “gli insegnanti devono adattare ciò che dicono ai bambini/adolescenti, e il modo in cui lo fanno è altrettanto importante. Tiene conto dell’età, della maturità e dell’atmosfera della sua classe. La sfida consiste nel catturare l’attenzione dei propri alunni, e questo può essere complicato. Quello che ho capito nel complesso è che l’insegnamento è un’attività professionale che va preparata, controllata e padroneggiata.” Infine, Natalène riassume perfettamente il ruolo dell’insegnante alla luce del suo periodo di osservazione: “Essere un insegnante significa conoscere, trasmettere e adattarsi.” Parole belle e sagge!
Vorrei ringraziare sinceramente Natalène Cramone, mia ex studentessa e spero mia futura collega, per la sua pazienza e il suo prezioso contributo a questo articolo.