Dire, fare, insegnare
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Il progetto “no”: in città e al museo, “parliamo d’altro”

Un progetto curato dal Mart di Rovereto e OHT ha chiesto a un gruppo di ragazzi di immaginare un festival culturale la città: ce lo hanno raccontato due protagoniste.

Secondaria  Un giorno al museo 
06 dicembre 2024 di: Redazione
copertina

Ci sono temi, voci ed esperienze artistiche che quando entrano nello spazio collettivo di una città diventano occasioni di creazione, riflessione, trasformazione. Cosa succederebbe se queste proposte arrivassero da un gruppo di adolescenti? Coinvolgere la comunità adolescente per dare vita un programma culturale per Rovereto è quello che ha fatto il progetto no di OHT (Office for a Human Theatre) eMart (Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto).

Il progetto è realizzato, grazie al contributo di Fondazione Caritro e Comune di Rovereto, nell’ambito di The Floor is Yours, un progetto europeo che vede il Mart impegnato con diversi attori e partner locali, tra cui appunto OHT, e che ha come obiettivo quello di cominciare a dialogare con pubblici meno presenti all'interno delle istituzioni museali, mettendo in atto strategie e iniziative di ascolto e coinvolgimento rivolte ai giovani.

L'idea alla base di no, che ha coinvolto dieci ragazzi e ragazze tra i 16 e i 22 anni insieme alle referenti del progetto Anna Benazzoli (OHT) e Annalisa Casagranda (Area Educazione Mart), è stata quella di sperimentare diverse pratiche artistiche per costruire uno spazio collaborativo in termini di proposte ed immaginari. Il gruppo di giovani è stato così chiamato a prendere parte ai processi decisionali e invitato a ripensare alla programmazione culturale come strumento comunitario, creando nuovi spazi di libertà e di espressione. Da questo percorso è emerso forte il loro desiderio e bisogno collettivo di esplorare argomenti "di cui non si parla a scuola", e di farlo attraverso opportunità di apprendimento che mettessero al centro le pratiche artistiche.

Nel corso della scorsa estate, il gruppo ha così partecipato ad alcune formazioni con artiste e progettisti culturali, che li hanno accompagnati nel dare forma a un programma culturale pensato per i loro coetanei e per tutta la città: un micro-festival pensato per gli spazi esterni del Mart. Il 28 settembre è stato così presentato On Festival, evento di cui il gruppo ha curato la programmazione, la comunicazione e l’organizzazione. Il nome del festival è l’opposto di “no”, che a sua volta deriva da "noh", una parola vietnamita che esprime il ricordo e la mancanza. On ha rappresentato invece l'accensione, l'apertura, uno spazio libero dove ogni persona può interpretare e vivere l’esperienza in maniera personale, ma nello stesso tempo collettiva.

Nel programma del festival, che ha portato al Mart anche aree gioco e relax, concerti e dj set serali, il centro sono stati i quattro talk-laboratori che hanno affrontato i temi scelti da ragazzi e ragazze attraverso il dialogo con gli ospiti e diverse pratiche artistiche: Fuori campo, un’esplorazione del potere delle immagini con talk sull'islamofobia; Magliette manifesto, un laboratorio per recuperare le proprie magliette e trasformarle in uno strumento di espressione personale; Ceramica & Affettività, per imparare ad accettare le imperfezioni dei propri corpi mentre si creano piccoli oggetti; Infusioni climatiche, un viaggio nel mondo delle erbe spontanee che affronta il tema della crisi climatica.

Abbiamo chiesto come è andato il progetto e come si è arrivati al successo del Festival On a due protagoniste del gruppo giovani, Irene Matassoni e Valeria Fumanelli.



1. Irene e Valeria, come avete deciso di partecipare al progetto no? Come ha funzionato il lavoro collettivo su temi e linguaggi artistici?

Irene: Un nostro professore aveva mandato il progettovia mail: io ero un po' indecisa perché non sapevo cosa avrei fatto l'estate dopo la maturità, ma Valeria mi ha convinto a partecipare. Non sapevamo cosa aspettarci e infatti abbiamo trovato persone che non conoscevamo e che venivano non solo da Rovereto. È stato molto divertente.

Valeria: L'idea del progetto è partita come un tentativo di chiederci cosa volessimo condividere con gli altri, di cosa volessimo parlare. Ognuno ha quindi parlato dei propri interessi e fatto delle proposte, per esempio di workshop su qualcosa che non avevamo mai avuto occasione di imparare e che avremmo voluto fare anche con gli altri. È stato molto interessante proprio perché abbiamo dovuto esporci, davanti a persone che con conoscevamo e con cui abbiamo formato un gruppo per portare poi i temi scelti, che erano quelli di cui non sentivamo parlare a scuola, a tutta la città.

2. Come avete scelto la connessione tra certi temi e i linguaggi artistici possibili? Come la guida delle referenti e gli incontri con alcune figure professionali vi ha aiutato a dare forma dal Festival?

Valeria: Abbiamo fatto una selezione dei temi e dei linguaggi artisticiche più ci interessavano e che quindi ci rispecchiavano, senza escludere nessuno. E poi tra quelli che sono rimasti abbiamo visto quale si associassero bene tra di loro, per esempio il laboratorio di tisane con il tema dell'ambiente.

Gli incontri sono stati davvero utili perché ci hanno messo nell'ottica di pensare che in effetti le idee che avevamo potevano essere realizzate. Le figure con cui ci siamo confrontati, gli adulti che ci hanno seguito per tutto il progetto come i professionisti che ci hanno portato la loro esperienza, ci hanno dato gli strumenti e anche gli esempi per capire comerendere concrete le idee, all’inizio un po’ confuse, che avevamo in mente.

Irene: Sì, tutti gli ospiti del progetto avevano approcci diversi rispetto a festival o comunque al loro lavoro. Con OHT ovviamente c’è stato un altro tipo di rapporto perché ci hanno seguito costantemente. Per quanto riguarda i laboratori, secondo me è stato molto più difficile scegliere i temi iniziali che collegarli a certi linguaggi.

3. Come è andato il festival, in cui avete portato creatività, riflessione e gioco?

Irene: Non sapevo quanta gente aspettarmi, pensavo che rischiava di essere un flop e invece è stato molto bello: c'è stata un sacco di gente che partecipava ai workshop, anche che si è aggiunta all’ultimo ed è rimasta ad ascoltare. Chi voleva poteva farsi una partita a ping-pong o rilassarsinelle aree dedicate. Per gli eventi dopo i workshop avevamo cercato qualcuno che potesse suonare e fare musica, ma è stato proprio ai laboratori del pomeriggio che sono passate più persone: è stato bellissimo partecipare,ascoltare le idee degli altri, parlare.

Valeria: Il giorno del festival è stato veramente bello, anche perché erano mesi che ci lavoravamo e ci tenevamo tanto a portare questa cosa ad altre persone. Quando abbiamo visto tutti i workshop strapieni, la gente che andava a prendere altre sedie per partecipare, abbiamo detto “wow, che figata, ce l'abbiamo fatta!” È stata un'occasione bellissima anche perché ci siamo occupati di tutte le fasi dell’organizzazione. Io per esempio ho seguito la comunicazione ed è stato bello poter decidere il modo di raccontare quello che volevamo portare agli altri, di passare un messaggio e di poterlo fare e con chi ne sapeva molto più di me.

4. Cosa vi ha lasciato questa esperienza, anche in termini di competenze e di possibilità individuali e collettive?

Irene: Di sicuro abbiamo capito che a Rovereto si può collaborarecon diverse realtà, come ad esempio il Mart ma anche con gli ospiti, che basta parlarsi e capire se si può fare qualcosa insieme. Per me è stato molto importante capirlo perché questo ti dà una visione molto più ampia di cosa si può fare veramente, non per forza come come lavoro ma anche per fare la differenza in una città come la nostra.

Per me una delle cose più belle che ci ha lasciato il progetto sono state le persone con cui abbiamo collaborato, quelle che hanno condotto i talk e avevano tutte dei background diversi e quelle di OHT che ci hanno fatto un po' ricredere sul fatto che a Rovereto si possano fare tante cose belle anche per noi giovani.

Valeria: A me il progetto ha lasciato l'idea che se ti impegni e cerchi di connetterti con le persone, poi loro capiscono quella che è la tua visione, partecipano e ti danno in cambio molto di più. E poi, come competenze, un po' di organizzazione e capacità di mettere in pratica quello che immagino insieme ad altre persone.

no

un progetto adolescenziale di Office for a Human Theatre

con Area educazione del Mart - Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

con il contributo di Fondazione Caritro di Trento e Rovereto, Comune di Rovereto, MiC

realizzato nell’ambito del progetto The Floor is Yours, con il contributo di Europa Creativa



Immagini: courtesy Mart e Office for a Human Theatre; ©Giacomo Bianco