Fino all’ 8 gennaio 2023 al MAST di Bologna è aperta IMAGE CAPITAL, una mostra immersiva sulla storia della fotografia come tecnologia dell'informazione: Elefteria Morosini l’ha visitata per noi.
Un giorno al museo IMAGE CAPITAL è la nuova grande mostra dedicata alla fotografia allestita al MAST di Bologna: curata da Francesco Zanot, è frutto della collaborazione tra il grande fotografo Armin Linke e la storica della fotografia Estelle Blaschke, ricercatrice dell’Università di Basilea. Il MAST propone in questo allestimento una particolare storia della fotografia, raccontata documentando i suoi innumerevoli utilizzi pratici, la sua funzione come tecnologia dell’informazione e il valore economico connesso.
Molte sono le foto esposte che si apprezzano anche per le loro caratteristiche estetiche, ma il focus è sulla fotografia come fonte di informazioni e come strumento fondamentale in diversi settori del mondo contemporaneo: dalla produzione in ambito agricolo e industriale, al valore documentario che rivestono i materiali fotografici fissati su diverse basi (da conservare con cura), alla realizzazione di apparati di sicurezza per l’identificazione e il controllo. Infine, l’uso della fotografia per rendere disponibili e far circolare un’enorme massa di dati contribuisce alla creazione di un vero e proprio sistema di produzione, elaborazione, archiviazione, protezione e scambio di informazioni visive.
È una strada che la fotografia ha intrapreso fin dalle origini, ma che oggi è potenziata ulteriormente dalle molteplici applicazioni consentite dalla tecnologia digitale, che ha determinato un vero e proprio salto di scala. Nella società dell’informazione chi ottiene l’accesso a questo capitale può sfruttare un enorme vantaggio strategico per i propri fini.“La spinta all’utilizzo della fotografia come tecnologia dell’informazione – spiega il curatore Francesco Zanot – è avvenuta intorno alla metà del Novecento, quando i processi gestionali e amministrativi di aziende e istituzioni si stavano espandendo e necessitavano di essere ottimizzati”.
Le immagini fotografiche acquisiscono così sempre maggiore valore nei sistemi di comunicazione, produzione e accesso alle informazioni , che vengono utilizzati dalle industrie globali e dai vasti apparati governativi.Il fotografo Armin Linke e la storica della fotografia Estelle Blaschke, che hanno lavorato al progetto per oltre quattro anni, mostrano attraverso immagini, testi, video e altri materiali le diverse situazioni e modalità in cui la fotografia viene utilizzata in molteplici processi di produzione, in ambito scientifico, culturale e industriale.
La storia dell’industrializzazione e quella della fotografia si intrecciano. Prodotto dell’evoluzione della tecnologia, la fotografia ha documento le mille facce della rivoluzione industriale: la produzione di massa, il cambiamento indotto nelle abitudini di vita e di consumo, lo sfruttamento della forza-lavoro (e il lavoro minorile e femminile era diffuso e sottopagato nell’industria fotografica). Tutto questo è stato raccontato della fotografia stessa.
Ma le fotografie in mostra evidenziano un capovolgimento del tradizionale rapporto tra oggetto e rappresentazione. Non servono infatti soltanto a raccontare il prodotto per venderlo e a moltiplicarne le immagini, ma determinano i modi di produzione e le caratteristiche del prodotto stesso. Le bellissime fotografie di grappoli di pomodori e di orchidee sono strumenti per orientare la produzione e organizzare la selezione di prodotti con caratteristiche diverse verso i mercati internazionali che più le apprezzano e richiedono.
Così le piantine di orchidee con i fiori più aperti vengono inviate nei mercati del sud, che vogliono godere subito della loro bellezza, mentre quelle coi boccioli vanno a nord, dove si è disposti ad attendere la fioritura. “Anziché essere soltanto i soggetti delle fotografie, – prosegue Zanot – gli oggetti del nostro mondo vengono oggi costruiti sulla base delle fotografie stesse e delle loro rielaborazioni, invertendo un rapporto precedente unidirezionale.” La grande quantità di immagini che alimenta questo sistema ha acquisito un valore elevatissimo, conferendo a chi le possiede e gestisce poteri sterminati: “Nella società capitalista la fotografia non domina soltanto l’immaginario, ma molto di più”.
La mostra approfondisce i diversi usi della fotografia in sei sezioni, ciascuna corredata da interviste, video, immagini d’archivio, pubblicazioni e altri oggetti originali che richiedono tempo per essere esaminati.Tutte le sezioni sono poste sullo stesso piano per offrire agli spettatori di scegliere liberamente, secondo i propri interessi, come seguire questa narrazione-esperienza immersiva. Ai visitatori viene inoltre fornito un booklet informativo gratuito per orientasi nel percorso.
Questo approccio può stimolare in particolare la fruizione autonoma dei giovani, immersi in questo nostro mondo di immagini fin da piccoli. Guardando le immagini e i video e ascoltando le testimonianze, emergono inoltre diversi ambiti e figure professionali collegate alla fotografia, da cui ciascuno può cogliere stimoli per costruire un proprio percorso di sviluppo personale.
La prima sezione ci mostra la capacità delle fotografie di raccogliere e immagazzinare informazioni a partire dalla riproducibilità meccanica, fino alle potenzialità sempre più elevate determinate dall’avvento della tecnologia digitale. La fotografia nasce come “un occhio meccanico e un dispositivo per la copia”.
Nella fase di riproducibilità meccanica della realtà la fotografia mostra la sua capacità di cogliere i dettagli al di là delle possibilità dell’occhio umano. A ciò si aggiunge la possibilità di riprodurre più immagini identiche da un singolo negativo o master digitale. Le immagini possono essere archiviate e riprodotte in infiniti modi, in tempi e luoghi diversi. Gli archivi fotografici sono importanti depositi di memoria visiva, supporto per molte discipline.
Oggi si producono più immagini che mai, molte di più di quelle che possono essere processate e archiviate. In questa sezione si documentano le modalità di archiviazione, reperimento e indicizzazione delle immagini. Col digitale le immagini e le corrispondenti informazioni costituiscono un unico file, gestibile con un software. I metadati (parole chiave, geodati, didascalie) permettono di organizzare le immagini in sistemi ordinati per poterle ritrovare e utilizzare attraverso una rete interconnessa, composta anche da infrastrutture materiali: cavi, schermi, computer, server, reti elettriche. Le fotografie in mostra ci fanno vedere magnificamente queste stesse strutture.
Nei primi decenni del XX secolo si diffonde la pratica di usare la fotografia per conservare i dati su microfilm e simili, che riducono sensibilmente gli spazi di archiviazione. Il sistema viene applicato prima di tutto dalle banche, seguite da assicurazioni, industrie, apparati governativi, ponendo anche la necessità di una gestione sicura per evitare la fuga di dati sensibili. Nascono strategie per la conservazione a lungo termine delle immagini e delle informazioni per proteggere i dati non solo dalla deteriorabilità del supporto ma anche da usi indebiti.
Le foto mostrano gli archivi di dimensioni monumentali, come le viscere sotterranee del sito di Iron Mountain in USA, e i sistemi di back-up per la conservazione delle immagini. Ad Iron Mountain sono conservati i frammenti della lastra di una foto storica, di cui dimostrano l’autenticità: è la foto scattata nel 1932 a 11 operai in pausa sospesi in aria sullo sfondo di New York.
Qui si illustra la grande quantità di immagini prodotte, archiviate e organizzate in enormi banche dati, che dispongono dei sistemi necessari per poterle estrarre e utilizzare per il riconoscimento automatico di oggetti e modelli. È la cosiddetta “computer vision”, oggi fondamentale nei settori delle attività produttive e della sicurezza. L’obiettivo è realizzare una comunicazione tra macchina e macchina che non necessiti del controllo umano.
Propone la capacità della fotografia di andare oltre i limiti dell’occhio umano, cogliendo particolari infinitesimali o infinitamente lontani, scomponendo il movimento in minime fasi successive. I ”big data vision” sono la base di partenza da cui la realtà viene progettata e costruita. Altra applicazione riguarda la modellazione o la riproduzione di oggetti sulla base di una rappresentazione fotografica particolareggiata: manipolare l’immagine consente di modificare e progettare nuovi oggetti e costruire gli ambienti virtuali del futuro.
Qui si riflette sul valore associato alle immagini, basato sulla capacità di accumularne grandi quantità e di collegare a ognuna di esse ampi set di informazioni. Fuori dalla sfera artistica le fotografie non hanno valore di per sé, ma la loro sempre più facile riproducibilità e manipolabilità, la duplicità di legame con entità reali e virtuali rende possibile utilizzare le fotografie in forme e contesti diversi, associandole a sistemi di valore esterni.
Ciò si evidenzia nella pubblicità, che fa ampio uso dell’immagine dilagando nello spazio pubblico e in quello privato, proponendo modelli di vita e di consumo. Le immagini riconducibili a dati e metadati sono oggi fondamentali merce di scambio del capitalismo informatico.
Progetto espositivo in collaborazione tra FONDAZIONE MAST (Bologna), MUSEUM FOLKWANG (Essen), CENTRE POMPIDOU (Paris) e DEUTSCHE BÖRSE PHOTOGRAPHY FOUNDATION (Frankfurt/Eschborn).
Immagini: © IMAGE CAPITAL, MAST