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Area Secondaria II grado

Educazione e cambiamento per una visione ecologica

In una fase di guerre e negazionismo climatico, l’educazione ecologista ha il compito di rimettere al centro l’ecologia politica, a partire dalle scuole.

Tempo di lettura: 6 minuti

Matteo CarosiMatteo Carosi
Educazione e cambiamento per una visione ecologica

Il 23 settembre scorso, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump dichiarava, all’Assemblea Generale dell’ONU a New York, che «il cambiamento climatico è la più grande truffa mai perpetrata», per poi elogiare il gas, il petrolio e persino il carbone americano. Questo attacco alle politiche climatiche evidenzia i conflitti che ne attraversano il campo, spesso radicati in motivazioni economiche: gli equilibri geopolitici tra le potenze globali e gli interessi delle multinazionali pesano spesso molto di più rispetto alle strategie ambientali.

In questo contesto, per parlare di ecologia a scuola è necessario fornire a studenti e studentesse una visione allargata, che tenga conto della complessità della realtà. Tra le convinzioni di A Sud, infatti, c’è quella per cui nessun popolo e nessuna persona viene smossa e spinta all’azione solo da freddi dati scientifici: come dice Marco Armiero, storico e docente universitario, in un tool didattico che ha scritto con A Sud per le scuole, «abbiamo bisogno di dati scientifici per capire il cambiamento climatico e monitorare la Terra, ma non saranno mai dei grafici a spingere le persone all’azione». Per smuovere le coscienze serve qualcosa di più: è a partire da queste considerazioni, e alla luce degli sviluppi inediti della fase attuale, che noi educatori ed educatrici di A Sud portiamo l’ecologia a scuola.

Le “Assemblee per il clima”

Nei nostri percorsi, sperimentiamo in scuole di diverso ordine e grado quelle che potremmo chiamare le “Assemblee per il clima”. Queste assemblee possono essere costituite in ciascuna classe, o in accordo con altre classi dell’istituto, con chiari obiettivi trasformativi sul lato dell’impatto climatico-ecologico della scuola, partendo però sempre e prioritariamente dai loro bisogni effettivi.

Studenti e studentesse sono chiamate a indagare diversi temi: il trasporto casa-scuola, i rifiuti, l’alimentazione a scuola e il consumo di energia, intrecciandoli con questioni più generali, come le motivazioni commerciali ed economiche dietro il costo elevato dell’energia o dei veicoli elettrici. Insieme, tentano di interrogarsi su possibili soluzioni da trovare insieme ad alcune questioni pratiche, come l’impatto ecologico e climatico del trasporto privato e l’accesso diseguale alla mobilità sostenibile. Spesso si tratta di soluzioni mutualistiche, come il car pooling, la proposta di un bus scolastico o la creazione di un percorso di pedibus.

Le assemblee per il clima possono mettersi in comunicazione con il quartiere e le istituzioni amministrative e scolastiche, come un vero e proprio gruppo di influenza, per sperimentare insieme la potenza del fare politica per trasformare i nostri spazi. In questo modo, la scuola diventa il centro della costruzione di una effettiva comunità educante, in cui l’educazione diviene una questione collettiva e la scuola non è più solo luogo di apprendimento, ma un dispositivo relazionale e culturale inserito in una rete territoriale.

La crisi ambientale e i cambiamenti climatici non sono solo un problema tecnico o scientifico, ma culturale ed educativo. Per affrontarlo, serve un cambiamento profondo nei modi di pensare, nelle relazioni con la natura e nei modelli etici che orientano la vita umana.

Come dice Luigina Mortari, «essere nel mondo significa essere con gli altri — umani e non umani» e «solo chi si sente parte del vivente può sviluppare la responsabilità di custodirlo».

È dunque necessario un movimento, muoversi per trasformare gli spazi in cui viviamo. Scardinare e decostruire le nostre relazioni per rendere i giovani e le giovani protagoniste del cambiamento.

La partecipazione attiva come chiave di svolta: alcuni esempi

Oltre alle Assemblee per il clima, ci sono diversi modi in cui tentiamo di stimolare la partecipazione consapevole a scuola. Come esempio laboratoriale e ludico, ad esempio, abbiamo da tempo sperimentato un gioco di carte, l’Affresco Climatico – elaborato da un’associazione francese – che ha l’obiettivo di rendere evidenti le cause e le conseguenze della crisi climatica restituendo un quadro sistemico che tiene insieme scienza del clima, economia e vulnerabilità sociali e climatiche.

Come pratica educativa quotidiana, inoltre, utilizziamo la scienza partecipata, o citizen science: uno strumento necessario per rimediare alla distanza percepita della scienza accademica, e per farla uscire dalle biblioteche universitarie. Gli abitanti e le abitanti dei territori, così come le scuole, diventano centrali nella raccolta dati e nei monitoraggi ambientali e climatici, assumendo il ruolo di sentinelle sul territorio per monitorare le tossicità ambientali e i conflitti possibili, oltre che per essere garanti della salubrità dei territori.

Al fine di stimolare coscienza e azione politica – intesa nel suo più alto significato -, nel nostro impegno educativo scegliamo quindi di utilizzare strumenti legati alla partecipazione attiva, orizzontale e assembleare, facendo nostra la visione dell’educazione cooperativa del MCE (Movimento di Cooperazione Educativa). In questo contesto la classe cooperativa diventa spazio di relazioni ed organizzazione democratica e partecipata come antidoto all’individualismo e alle disuguaglianze.

Sperimentare, fin dalla Scuola primaria, metodologie e forme di partecipazione attiva rende i bambini e le bambine protagonisti non solo del processo di apprendimento ma della vita stessa della comunità e del territorio in cui abitano.

Conclusioni: fare ecologia politica a scuola

Gli strumenti e le metodologie didattiche che portiamo in classe e che ogni giorno studiamo e approfondiamo sono pensate proprio per mettere in luce la complessità dei fenomeni climatici con un approccio sistemico e interdisciplinare.

Di tutta questa complessità ci sembra importante far emergere anche alcuni temi spesso considerati spinosi, come il rapporto tra ambiente, guerra ed economia. Le analisi e le riflessioni delineate servono per costruire quella che potremmo definire una pedagogia della resistenza, ovvero una pedagogia in grado di suscitare consapevolezza critica che guidi e muova verso un cambiamento sempre più urgente e che guardi ai cambiamenti climatici con le lenti della giustizia e dei diritti delle persone. Una pedagogia che riconosca e affronti temi come quello dei conflitti bellici in atto per l’accaparramento delle risorse naturali, il costo reale della transizione energetica per i cittadini e il tema della redistribuzione della ricchezza, divenendo in questo modo ecologia politica.

In tutte le attività formative, da quelle più frontali e teoriche a quelle più laboratoriali e interattive, diventa quindi fondamentale mettere al centro i nodi e le connessioni tra questi mondi, spesso erroneamente tenuti separati: ci sembra necessario proporre attività in grado di allenare le competenze logiche, il pensiero sistemico e la capacità di decostruire modelli relazionali.

Bibliografia

23 Ottobre 2025

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Roberto CastaldoRoberto Castaldo - DFI Books

Pensatori abituali: Make Learning and Thinking Visible nell’era dell’IA generativa

Un viaggio condiviso nella metodologia Making Learning and Thinking Visible (MLTV) per conoscere routine di pensiero semplici e ripetibili, che aiutano a rendere visibili i processi di apprendimento. Un libro pensato per gli insegnanti-eroi che vogliono accettare la chiamata al cambiamento, anche con l’aiuto dell’intelligenza artificiale generativa.
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