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Area Secondaria II grado

Insegnare l’astronomia al liceo: un caso studio tra entusiasmo e approccio storico-scientifico 

Lucrezia Aste, laureata in Storia e Didattica della Fisica, ci racconta un percorso didattico per introdurre studenti e studentesse all’astronomia.

Tempo di lettura: 9 minuti

Lucrezia AsteLucrezia Aste
Insegnare l’astronomia al liceo: un caso studio tra entusiasmo e approccio storico-scientifico

Perché parlare di astronomia in classe? 

Nonostante il suo fascino universale, l’astronomia è poco presente nei percorsi didattici della scuola secondaria di II grado. Eppure, è una disciplina capace di generare domande, stimolare curiosità e interesse, creare collegamenti spontanei con Storia, Filosofia, Matematica, Fisica, Arte. Da questa consapevolezza – e dal desiderio di capire come gli studenti vivano questo tema – è nata la mia tesi di laurea magistrale in Fisica presso l’Università di Bologna, nel curriculum Storia e Didattica della Fisica

La domanda di partenza era duplice: gli studenti e le studentesse del liceo sono interessati all’astronomia? E, soprattutto, un approccio storico-scientifico può aiutarli a comprenderla meglio e rendere lo studio più coinvolgente? 

Per rispondere, ho progettato e realizzato un piccolo caso studio in due classi terze di un liceo scientifico, con l’obiettivo di osservare non solo il livello di conoscenze astronomiche, ma anche l’atteggiamento e la motivazione degli studenti. 

Misconcezioni e potenzialità: cosa dice la letteratura 

La ricerca in didattica dell’astronomia è un ambito molto giovane, che fin da subito ha evidenziato delle criticità. Quello che si evince è che gli studenti e le studentesse possiedono spesso conoscenze parziali o idee ingenue su fenomeni fondamentali come le stagioni, i moti della Terra o le fasi della Luna. Queste misconcezioni compaiono molto presto, persistono fino all’età adulta e resistono anche all’insegnamento formale. 

Allo stesso tempo, però, l’astronomia possiede un potenziale educativo straordinario: suscita stupore, stimola domande autentiche, crea opportunità di collegare scienza, Storia e cultura. È un terreno fertile per percorsi interdisciplinari e per lo sviluppo di competenze trasversali, come il pensiero critico e la capacità di interpretare fenomeni naturali complessi. 

Queste riflessioni hanno guidato la progettazione dell’intervento in classe. 

Il progetto: raccontare i calendari per spiegare il cielo 

Per esplorare in modo concreto come gli studenti e le studentesse vivano l’astronomia e come reagiscano a un approccio storico-scientifico, ho progettato e realizzato un intervento didattico nelle classi 3ASA e 3BSA del Liceo A. Rosmini di Rovereto (39 studenti in totale). Come già accennato, questo progetto si configura come esempio di caso studio, pensato con finalità esplorative e senza la pretesa di trarre conclusioni generalizzabili o di validare modelli teorici. 

Il percorso, articolato in due ore di lezione, aveva come filo conduttore l’evoluzione dei calendari: dai primi sistemi lunari a quelli concepiti dai Romani, con particolare attenzione verso quello Giuliano, che in Italia è rimasto in uso per oltre 1500 anni, e in altre parti d’Europa anche più a lungo. Ho chiuso poi presentando alla classe come è nato il calendario correntemente in uso in gran parte del mondo, quello gregoriano, e parlandone ho presentato la figura di Giovanni Domenico Cassini, che nel Seicento costruì la grande meridiana di San Petronio a Bologna anche per confermare la bontà del calendario gregoriano. 

Attraverso questa narrazione storica ho introdotto e ripreso i principali fenomeni astronomici legati al moto di Sole, Terra e Luna, alle stagioni e alle fasi lunari. 

La scelta del calendario come traccia narrativa mi ha permesso di mostrare l’astronomia non come un insieme di nozioni isolate, ma come un sapere costruito nel tempo, modellato dalle esigenze delle società e dagli strumenti di misura disponibili. Si tratta di una storia umana, fatta di tentativi, errori, innovazioni e rivoluzioni concettuali. 

Lo scenario di partenza: entusiasmo alto, conoscenze fragili 

Prima e dopo il percorso, gli studenti e le studentesse hanno svolto un test per valutare conoscenze e interesse, che ha permesso di raccogliere dati preziosi sul loro rapporto con l’astronomia. 

I risultati del test iniziale hanno confermato un quadro chiaro. L’interesse verso l’astronomia è elevato: molti studenti hanno dichiarato di essere curiosi e motivati a studiare questi temi. Tuttavia questa disposizione positiva non si traduce necessariamente in una comprensione solida. Il livello di conoscenze di base era infatti modesto: difficoltà nel riconoscere i moti relativi dei corpi celesti, incertezze sulle cause delle stagioni, confusione sulle fasi lunari.  

Nello specifico: 

  • su 10 domande a risposta multipla, solo in una la risposta corretta è stata scelta da più del 50% del campione; 
  • nelle altre domande emergevano incertezze diffuse oppure forti convinzioni errate, segno della persistenza di misconcezioni radicate. 

Da questi dati emerge un quadro coerente con quanto riportato in letteratura: molto entusiasmo, ma una comprensione frammentaria

Tra le risposte, una domanda in particolare ha colpito in modo significativo. Alla domanda: “Se l’orbita terrestre diventasse perfettamente circolare, come cambierebbero le stagioni?” la maggior parte degli studenti (45,7%) ha scelto l’opzione “Non percepiremmo più le stagioni”. Le altre opzioni erano: “Continueremmo a percepire le stagioni, ma la differenza sarebbe molto meno evidente”; “Continueremmo a percepire le stagioni, ma la differenza sarebbe molto più evidente”; “Continueremmo a percepire le stagioni nello stesso modo in cui le percepiamo ora” [risposta corretta]; “Non lo so”. 

Questo dato riflette uno degli errori concettuali più diffusi riportati in letteratura: l’idea che le stagioni dipendano dalla distanza Terra–Sole. Il ragionamento – erroneo – che molti studenti e studentesse seguono è che se la Terra si trova più vicina al Sole allora sentiamo più caldo e quindi ci troviamo in estate, se invece la Terra si trova più lontana allora sentiamo più freddo e ci troviamo in inverno. È però un’idea che non regge di fronte all’osservazione dei dati reali: l’orbita terrestre è quasi circolare e la minima variazione di distanza non è sufficiente a spiegare le differenze stagionali, tanto più che, quando nell’emisfero nord è inverno, la Terra si trova addirittura un po’ più vicina al Sole. 

Per chiarire questo nodo concettuale, ho portato un esempio concreto che unisce fenomeno astronomico, storia della scienza e osservazione diretta: la meridiana di San Petronio a Bologna. Realizzata da Giovanni Domenico Cassini nel 1655 per verificare l’accuratezza del Calendario Gregoriano (in vigore dal 1582), la meridiana mostra come i raggi solari, entrando dalla basilica, cambino inclinazione nel corso dell’anno (vedi Figura 1). Ed è proprio questa variazione – conseguenza dell’inclinazione dell’asse terrestre – a generare le stagioni: raggi più diretti portano a temperature più alte, raggi più obliqui a temperature più basse. Un fenomeno che non dipende dalla distanza della Terra dal Sole, e che la meridiana permette di visualizzare con immediatezza (vedi Figura 2). 

Dopo il percorso didattico, il test finale ha mostrato un netto miglioramento

  • su 15 domande, in 12 la risposta corretta è stata scelta da più del 50% degli studenti; 
  • la chiarezza sui moti celesti, sulle stagioni e sulle fasi lunari è aumentata in modo evidente. 

Anche l’approccio storico-scientifico è stato valutato positivamente dalla maggior parte degli studenti, che lo hanno percepito come un elemento capace di dare senso, contesto e concretezza alla disciplina. Non tutti, però, hanno colto pienamente il valore dell’intreccio tra storia e scienza, segno che è necessario creare percorsi più lunghi e continuativi per consolidare un vero sguardo interdisciplinare. 

meridiana san petronio bologna
Figura 1. Meridiana di Danti nella Basilica di San Petronio a Bologna. Meridiana precedente a quella di Cassini, oggi andata distrutta. Disegno tratto dall’opera Almagestum Novum di Riccioli (1651) (FONTE: Bònoli, F., 2005).
terra stagioni 1
Terra-stagioni-2
Figura 2. Schema che mostra come i raggi solari colpiscono la Terra durante i solstizi. Sopra, il solstizio d’estate per l’emisfero boreale (massima inclinazione verso il Sole). Sotto, il solstizio d’inverno per l’emisfero boreale (massima inclinazione opposta al Sole).

Conclusioni: cosa abbiamo imparato da questa esperienza 

Dai dati raccolti e dall’osservazione delle classi emergono alcune considerazioni generali: 

  1. Gli studenti e le studentesse sono disposti e interessati ad affrontare dei percorsi di astronomia a scuola. Essi mostrano curiosità e coinvolgimento quando si parla di cielo e fenomeni celesti. 
  1. L’esperienza pregressa e l’interesse nella disciplina non garantiscono la reale comprensione dei concetti. Anche gli studenti più appassionati possono presentare difficoltà concettuali e misconcezioni radicate: ciò conferma l’importanza di interventi mirati. 
  1. L’approccio storico-scientifico è percepito come un valore aggiunto, rendendo i contenuti più significativi e motivanti per molti studenti e studentesse. Talvolta non viene compreso e apprezzato da tutti, segno che questo approccio va accompagnato e coltivato. 
  1. L’astronomia si conferma un potente strumento didattico. Favorisce curiosità, interdisciplinarità e una visione integrata del sapere, collegando fenomeni fisici, cultura e sviluppo delle civiltà. 

Bibliografia: 

  • Fraknoi, A. (2014). A Brief History Of Publishing Papers On Astronomy Education Research. Journal of Astronomy & Earth Sciences Education, 1(1), 37–40. https://doi.org/10.19030/jaese.v1i1.9105 
  • Ronchi, C. (2013). Rassegna degli studi sulle (mis)concezioni astronomiche e il cambiamento concettuale in bambini e insegnanti di scuola primaria [Pubblicato dicembre 2013, Open Access]. Giornale Italiano della Ricerca Educativa, (11), 176–193. https://ojs.pensamultimedia.it/index.php/sird/article/view/192 

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