La pedagogista Giovanna Giacomini condivide spunti di riflessione e strategie per affrontare il momento della valutazione finale con serenità.
Metodologie Le lezioni sono ormai finite e la scuola può dirsi conclusa, ma lo stesso non si può dire di pagelle e valutazioni, che sono alle porte tanto quanto le attese vacanze.
Quello dei risultati alla fine dell’anno scolastico è uno dei momenti più temuti dagli studenti, ma genera preoccupazione anche nei genitori, che si trovano spesso ad avere poche informazioni su quello che accade durante i mesi di scuola. Per molte ragazze e ragazzi è infatti difficile condividere qualcosa in più di un generico “tutto bene” quando viene chiesto loro come sono andate le lezioni; per questo motivo la conclusione del percorso formativo può diventare un’occasione per analizzare insieme la strada fatta durante l’anno e aprire al dialogo e al confronto tra genitori e figli.
Bisogna quindi capire come è meglio comportarsi in questa fase finale. È da evitare il terzo grado: questo momento è da sfruttare come spunto di riflessione e non come l’occasione per adottare un un atteggiamento indagatore, inquisitorio o punitivo. Bisogna ricordare che la pagella e le valutazioni possono essere vissuti come un punto di partenza per riflettere insieme su quali sono state le difficoltà riscontrate e utilizzare queste informazioni per riorganizzare il metodo di studio, il luogo dove avviene e la distribuzione del tempo, nonché l’eventuale coinvolgimento di un professionista con un ruolo di supporto. La pagella e le valutazioni devono quindi diventare strumenti di crescita per aiutare i ragazzi e le ragazze a migliorare non solo il rendimento ma anche e soprattutto la motivazione.
I voti e la pagella sono infatti solo una fotografia, un istante nel percorso degli studenti e dicono poco del vissuto a scuola. Di fronte a un voto o a una pagella negativa evitiamo di mettere in atto punizioni o castighi che non sollecitano i ragazzi a impegnarsi maggiormente e fomentano l’idea di fallimento: gli studenti non si preoccupano tanto del brutto voto ma arrivano a percepirlo in questo modo perché è la famiglia a viverlo come tale. Questo accade perché gli adulti hanno faticano a porsi alla giusta distanza che permetterebbe loro di vedere i propri figli come persone diverse da loro e non come estensioni di loro stessi.
Questa visione diventa un problema nel momento in cui il bambino o il ragazzo prende decisioni diverse da quelle che avremmo preso noi genitori o se incontra una frustrazione o un fallimento. Quando le cose non vanno per il verso giusto frasi come “da te non me lo sarei aspettato” vanno assolutamente evitate perché non fanno altro che porre il focus su quello che sta succedendo, sulle nostre emozioni e non su quelle dei ragazzi che già vivono un disagio incrementato dalla nostra delusione.
Le proprie emozioni come genitori vanno quindi messe da parte e l'attenzione va focalizzata sul vissuto dei propri figli. Non si può tornare indietro e non ha senso rimuginare sul passato, è più utile partire dal “qui e ora”, e cercare di tracciare nuove linee per il futuro insieme, dando il proprio supporto e sostegno.
Sicuramente la società attuale non è di grande aiuto dato che oggi viviamo in un’epoca dove la performance è tutto. La società ci ripete a gran voce che dobbiamo essere performativi e non contempla tempi morti.
I nostri giovani sono impegnati in tante attività extra-scolastiche, ma come esseri umani abbiamo invece bisogno di uno spazio contemplativo. Frasi d’uso comune come “il tempo è denaro” sono esemplificative della nostra società: la lingua mostra sempre la realtà che ci circonda e questo spinge verso la convinzione che la felicità si raggiunga con il successo. Ma c'è una grande differenza tra essere felici e raggiungere un successo dettato da qualcosa che sta al fuori di noi. In realtà la felicità va ritrovata e ricollocata dentro di noi e non è assolutamente detto che coincida per forza con gli obiettivi prefissati dall'esterno. La soluzione è normalizzare il fallimento e prendersi maggior tempo per ripensare al proprio benessere, altrimenti i più giovani si sentiranno sempre più sopraffatti. È necessario ridisegnare le nostre priorità di adulti e in qualche maniera coinvolgere i nostri figli in questo processo di acquisizione di una maggiore consapevolezza. La conclusione dell’anno scolastico può essere anche questo, un momento in cui ribadire a noi stessi e ai nostri figli che sbagliare è umano e che un insuccesso non definisce chi siamo.
Voto e giudizio sono due cose ben distinte. Il voto è una valutazione e nell'ambito scolastico formativo possiamo immaginarcelo come un lavoro diagnostico che serve a fotografare l'apprendimento, i progressi e le capacità sviluppate dallo studente nell’anno scolastico. Misura le competenze che il bambino o il ragazzo ha raggiunto nelle materie di studio e serve per fornire un feedback comprensibile tutti.
Il giudizio va però oltre le valutazioni. È un concetto molto più ampio di natura qualitativa e consente di descrivere quello che stiamo osservando. Attenzione a distinguere il giudizio su un comportamento o su una situazione dal giudizio sulla persona! È importante aiutare i bambini e i ragazzi a capire questa differenza e spiegare loro che il giudizio sulle pagelle si riferisce sempre al loro ruolo di studenti e non a loro come persone.
Di fronte a un successo scolastico è importante sostenere la visione positiva che i ragazzi hanno di sé senza però caricarli con le nostre aspettative. Possiamo focalizzarci sull'impegno e non lodare solo i risultati, riconoscendo il loro sforzo, la dedizione e la perseveranza perché l’obiettivo è promuovere una mentalità di crescita continua. Frasi come “sei migliorato molto in questo aspetto” o “hai fatto un ottimo lavoro” rientrano in un uso del linguaggio che pone l’attenzione sul miglioramento e l'apprendimento continuo senza fermarsi al singolo risultato.