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Un insegnamento più efficace attraverso lo studio del comportamento

Presentiamo il professor Piero Bonanni, insegnante di scuola secondaria di secondo grado, molto interessato allo studio del comportamento dei suoi studenti con lo scopo di rendere l’insegnamento più efficace.

Secondaria  Esperienze di insegnamento 
14 giugno 2019 di: Piero Bonanni
copertina

Come nasce il suo interesse per il comportamento?

Nasce dai miei studi universitari: nella mia tesi ho affrontato lo studio dei comportamenti aggressivi nell’antica Grecia, in particolare in opere come l’Iliade e l’Odissea.



Quali sono le basi teoriche dei suoi studi?

Ho approfondito lo studio del comportamento avvicinandomi all’etologia, una disciplina che si occupa dello studio comparato del comportamento animale. 

Ho letto le opere di Konrad Lorenz, il padre dell’etologia, e del suo allievo Irenäus Eibl-Eibesfeldt, che hanno stimolato le mie riflessioni sul comportamento. Un altro autore di riferimento per me è Frans de Waal, che si è occupato in particolare dell’empatia e dei metodi di risoluzione dei conflitti nelle comunità di scimpanzé e bonobo.



In quale modo questi studi le sono utili nella sua professione di insegnante?

Iniziando a insegnare mi sono reso conto che il gruppo classe rappresenta una comunità con le sue regole non scritte, in qualche misura equiparabili a quelle studiate dall’etologia. 

Sono convinto che è importante osservare gli studenti e capire come si comportano e quali siano le dinamiche presenti all’interno del gruppo classe; all’inizio dell’anno scolastico preparo un’analisi comportamentale del gruppo, impedendo ai colleghi di fornirmi una loro presentazione: è un inquinamento di prove!  

All’interno di un gruppo sono sempre presenti alcuni soggetti che hanno il ruolo di leader ed è fondamentale per un insegnante individuarli.



In quale modo analizzare il comportamento degli studenti rende più efficace l’apprendimento?

Credo che se non si comprende il modo di comportarsi dei propri studenti e non si riesce ad assumere un ruolo di leader all’interno del gruppo classe, sia complicato rendere significativo l’apprendimento. L’analisi del comportamento è, per me, più importante del contenuto della lezione, perché un leader è ascoltato e seguito all’interno della comunità: il paradosso è che gli insegnanti più preparati dal punto di vista contenutistico ma sprovveduti a livello comportamentale, rischiano di non sembrare credibili e di vanificare le proprie abilità.

In quale modo si può diventare un leader all’interno del gruppo classe?

Si deve partire dal ruolo di osservatore, così come fanno gli etologi quando si avvicinano a una comunità di primati: si deve capire quali siano i ruoli giocati dai membri della comunità che diamo per preesistente, individuare leader positivi e negativi (α), individuare i ruoli residui (β e γ) distribuiti fra gli studenti.

La nostra interazione con queste realtà relazionali autosufficienti è invece post-primatologica, poiché i primatologi non devono intervenire, se non vogliono turbare certi equilibri vitali, mentre il docente educa solo “turbandoli”, cioè introducendo la propria conoscenza come esemplare elemento di riferimento. Proprio questo argomento supera il dibattito sul significato di autorevolezza e autorità e introduce un criterio di esemplarità: grazie ad essa lo studente trova qualcuno da seguire, qualcuno per cui valga la pena impegnarsi e spendere la sua attenzione e il suo tempo libero.

Se poi gli studenti scoprono che il docente applica una tale sensibilità verso di loro, verso le loro relazioni e i loro caratteri, si crea una retroazione positiva: nessuno, del resto, è disposto a lavorare volentieri con qualcuno che non presti attenzione alle sue emozioni e alla sua storia. Perché per gli adolescenti, problematici e critici per definizione, dovrebbe essere diverso? 

   

Come reagiscono gli studenti a questa metodologia?

Gli studenti mi riconoscono un comportamento “differente” ma in senso positivo. È capitato anche che ex studenti abbiano suggerito che mi occupassi della formazione dei docenti, l’ho considerato un grande complimento, perché confermava che alcune intuizioni si stavano trasformando in un metodo.    

Ottengo generalmente buoni risultati sia dal punto di vista relazionale che dell’apprendimento, perché, quando tratto un argomento, cerco di tenere in considerazione le dinamiche esistenti nella classe e le esperienze che i miei studenti hanno vissuto: il risultato più grande però è la qualità del clima in classe, che è sereno e disteso.  



Quali problematiche individua nel campo dell’istruzione?

Penso anzitutto che ci sia un problema nella concezione della formazione degli insegnanti: non dovrebbero essere solo competenti nella materia che insegnano, ma dovrebbero conoscere anche ciò che regola i comportamenti. Credo sarebbe importante che i vari dipartimenti dialogassero tra loro in modo da rendere la formazione degli insegnanti adatta a gestire un gruppo, oltre che a trasmettere i contenuti. Sembra un paradosso, ma abbiamo più bisogno di piccoli etologi della didattica che di grandi eruditi.  

Penso infatti che agli insegnanti capiti di sentirsi frustrati perché si rendono conto di non riuscire a fare la differenza nella formazione dei loro studenti e spesso non sanno come migliorare questa situazione: per chi comunica è indispensabile la certezza che i messaggi vanno generalmente a buon fine. 

Ricordo la reazione esplosiva di un famoso maestro di sushi a Roma, quando vide che una cliente “scomponeva” i suoi piatti, devastandoli con forchetta e coltello: cibo e arte sprecati, come le parole di un docente che studia venti, trent’anni per accorgersi che, durante la sua lezione, gli studenti giocherellano col telefono.    



Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Mi piacerebbe scrivere un libro sull’etologia della didattica, ma per ora è un sogno, dovrei sviluppare ulteriori osservazioni e raccogliere più dati, in modo da avere una solida base scientifica. So bene che il mio non è un metodo tradizionale, anzi lo definisco un po’ “eretico”, ma è sempre stato molto efficace: ho talvolta aiutato dei colleghi ad applicarlo, attraverso consulenze che hanno avuto successo. Anche questo l’ho considerato un buon segno.



Piero Bonanni è docente di scuola secondaria di secondo grado.