Le famiglie di Pietro e Gulia si ritrovano sempre per trascorrere insieme il Natale: si scambiano doni, pranzano insieme, e mentre fuori fa troppo freddo per uscire a giocare e gli adulti parlano tra di loro, Pietro e Giulia giocano “al Buio”.
Raccolgono oggetti e pensieri, vanno in camera, chiudono bene porta e tapparelle, girano su se stessi per dimenticare dove sono, e poi lasciano che siano le mani a descrivere il mondo.
Toccano gli oggetti che hanno sparso in giro, cercano di dare loro un nome, una funzione, una storia: prima di tornare a essere una decorazione di Natale una pallina dorata può essere una sfera magica oppure un piccolo pianeta; e anche una scarpa può ambire a diventare uno gnomo o il letto di una fata.
Il mondo per Pietro e Giulia assume un’altra forma, il tatto e l’immaginazione permette loro di ricrearlo e stravolgerlo in un gioco potenzialmente infinito in cui nessuno vince e in cui ogni scoperta è incredibile e unica.
Ma nessuno dei due si aspetta qualcosa di tanto singolare: perla prima volta nella lunga storia del loro gioco, i due bambini trovano… loro stessi. Giulia e Pietro si toccano, sentono il viso uno dell’altra, i dettagli dei vestiti, e i pensieri che ciascuno ha su di se e sull’altro. Cosa possono diventare? Cosa si sentono? Cosa immaginano? Pietro sente i pensieri, i desideri, le paure di Giulia, e per Gulia è lo stesso. Come è possibile?
È una scoperta inedita e unica, che viene interrotta in modo inatteso e doloroso da un adulto, uno dei “grandi” che accende la luce e fa tornare il mondo alla sua veste ordinaria.
Ma questa nuova consapevolezza non li abbandona, anche se il giorno di Natale torna alle sue routine, Giulia e Pietro sanno di essersi visti davvero, di aver trovato qualcosa che va al di là dell’apparenza e dell’immagine che conoscono uno dell’altra.
La storia di Francesca Scotti in L’incanto del buio. Racconto di Natale non è solo un racconto per le feste: grazie alle illustrazioni di Claudia Palmarucci l’autrice ha dato all’albo plurime chiavi di lettura e utilizzo.
C’è molto da riflettere dopo la lettura in classe di questo albo e molto da sperimentare, come suggerisce anche la scheda dedicata al libro su sito dell’editore Orecchio Acerbo.
C’è differenza tra vedere e guardare, e cosa succede quando non possiamo guardare la superficie ma siamo costretti a vedere per davvero? Cosa succede alle nostre mani, ai nostri pensieri, alla nostra immaginazione quando siamo al buio?
La fine dell’incanto e dell’esplorazione è causata da una persona adulta, che non si rende conto di quello che sta succedendo. Gli adulti hanno ancora questa capacità di vedere davvero? Di mettersi in gioco esplorando nel buio con il rischio di scoprire molto di più?
L’incanto del buio. Racconto di Natale è una proposta da mettere sotto l’albero e da tenere poi in libreria tutto l’anno per interrogarsi, mettersi alla prova, scoprire.
Redazione
Roberto Castaldo