Dire, fare, insegnare
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Alla scoperta del Children's Museum di Verona

Il Children's Museum nasce da un’idea del Gruppo Pleiadi s.c.s. – realtà nazionale specializzata nella comunicazione della scienza – trovando casa nella zona degli Ex Magazzini Generali di Verona, un’area di archeologia industriale ricca di significati per la città.

Un giorno al museo 
09 febbraio 2023 di: Redazione
copertina

Il Children's Museum di Verona è il primo museo dei bambini del Nord Est e il quarto in Italia. DFI ha intervistato Alessio Scaboro, direttore scientifico di Pleiadi e del Children's Musem.

Qual è la storia del Children's Museum di Verona e su quali principi si basa?

Il Children’s Museum nasce dall'esperienza decennale nelle classi del Gruppo Pleiadi, società-cooperativa di educazione sperimentale negli ambiti STEM. A un certo punto del suo percorso Pleiadi ha deciso di creare una casa dell'educazione dove poter apprendere attraverso il coinvolgimento attivo del bambino. Dopo un'attenta analisi dell'esperienza educativa nelle scuole, Pleiadi ha lanciato il progetto del Children's Museum. Il museo è rivolto ai bambini e ragazzi dagli 0 ai 12 anni, e si basa sui principi del gioco di Maria Montessori, ma anche dell'esperienza libera; dove il bambino impara da sé, senza un percorso prestabilito. L'obiettivo è stimolare la curiosità nei giovani, accendere in loro il gusto della ricerca, il farsi domande e trovare risposte: introdurli con il gioco al metodo scientifico. Insomma, per noi è fondamentale stimolare bambini e ragazzi affinché pensino criticamente e diventino, un domani, cittadini responsabili.

Quando abbiamo pensato a come volevamo il museo, ci siamo ispirati a un tipo di design che fosse bello e inclusivo, adatto a tutti. In una sola espressione: volevamo che stimolasse l'osservazione dei bambini. Così nel 2019, dopo più di un anno di sviluppo e realizzazione, abbiamo aperto i battenti. Il Children's Museum di Verona è statoil quarto "children's museum" in Italia (dopo Roma, Milano e Genova), ma il primo pensato in "stile americano”, ovvero – come dicevamo poco fa – di forte impatto visivo e a grandezza di bambino.

Ci siamo dati da fare per rendere il nostro museo ricco e denso di esperienze per i bambini e per i ragazzi, per le scuole, ma anche per le famiglie. Poi è successo l'imponderabile: poco dopo l'apertura è scoppiato il Covid e in un luogo dove la frase d'ordine è "vietato-non-toccare", è abbastanza intuitivo che abbiamo dovuto interrompere tutto. Da un anno a questa parte abbiamo riaperto, e nel giro di poco i numeri ci hanno dato ragione: oggi il Children's Museum di Verona conta 65mila visitatori all'anno.

Da cosa è caratterizzata la collezione permanente del museo?

Il museo è diviso in 5 aree, dedicate a macro argomenti: Genius zone, dedicata all'ingegneria. Qui l'obiettivo per i bambini è creare le mura di una casa, che è costruita solo parzialmente. I bambini devono imparare a calibrare pulegge e azioni meccaniche, tutti vestiti con muta e caschetti gialli. Altro luogo: il Playground dell'immaginazione. Grandi blocchi blu che arrivano dagli USA, costruiti da designer di fama mondiale. Abbiamo creato una scenografia tutta blu e i bambini devono costruire qualcosa frutto della loro immaginazione utilizzando gli incastri di questi blocchi, basati sulle forme e non sui colori, quindi si lavora (e si gioca) solo sulle geometrie. Poi abbiamo una zona specifica 0-3 anni: qui ci sono giochi di specchi e di luci, l'angolo lettura dove il genitore si siede per leggere una storia al proprio figlio, ma anche giochi sensoriali e di costruzione per i piccolissimi. Altra area permanente è quella dedicata all'acqua, dove i bambini dotati di impermeabili possono divertirsi con l'acqua, svolgere giochi di densità e utilizzare tecniche per costruire circuiti idraulici. La quinta è la Fun Zone, tra tutte, la zona più ludica: qui abbiamo macchine d'aria che sparano palline arancioni (ce ne sono 130mila nel museo); i bambini insieme agli adulti giocano con queste palle sfruttando l'aria compressa o si tuffano in una morbida piscina fatta di palline. Infine, all'ingresso, c'è l'icona del museo (non possiamo non citarla!): una mucca – finta ovviamente – che i bambini possono mungere, questo per fargli prendere esperienza anche con il senso tattile e affettivo.

A proposito di "animali", in che cosa consiste l'ambizioso progetto "Animal city"? Come avviene il processo di coinvolgimento attivo della cittadinanza?

È un progetto nato un anno fa. La volontà è quella di informare adulti e bambini sulla fauna che popola le città: non solo gli animali domestici ma anche quelli "selvatici" che hanno trovato nelle zone urbane luoghi di sostentamento, e con cui dobbiamo imparare a convivere. Penso, per esempio, ai gabbiani, ai cinghiali, ai piccioni, ma anche grilli, topi, cimici, api ecc., che ormai popolano i nostri paesaggi del quotidiano.

Alla base dell'idea c'è l'idea di sensibilizzare alla biodiversità. Abbiamo iniziato con attività all'aperto, dove coinvolgevamo bambini e famiglie, ragionando e giocando - appunto - sul concetto di biodiversità. Da qui è nata una mostra-gioco e da questa l'idea di Animal City. Gli stessi bambini ci hanno aiutato nell'allestimento e ideando loro stessi alcune esperienze e installazioni, tutto all'insegna di comprendere e aiutare la biodiversità e, quindi, l'ecosostenibilità del nostro ambiente. Un progetto che è stato finanziato dalla Fondazione Cariverona.

Qual è il rapporto del museo con le scuole del territorio? Quali iniziative didattiche? Quali opportunità formative?

Le scuole sono centrali nell'attività del museo. Noi nasciamo dalla scuola e organizziamo una serie di attività per le scolaresche; che non si limita alla sola visita guidata. Il tutto si arricchisce di esperimenti di approfondimento pensati con le singole classi all'interno delle varie zone del museo. Al Children's Museum organizziamo anche il Thinklab, il laboratorio del pensiero, dove vengono fatte attività laboratoriali sui temi che nascono dalla visita al museo e dalle sue esposizioni permanenti o temporanee. E soprattutto, il nostro lavoro non termina al museo, ma spesso andiamo, anzi entriamo nelle classi – soprattutto scuole dell'infanzia – svolgendo attività sperimentali in aula.