“Ed io che sono?” il nuovo tema delle Romanae Disputationes
Sono ripartite le Romanae Disputationes, il concorso nazionale di filosofia che dal 2013 coinvolge migliaia di studenti e studentesse liceali in un percorso di riflessione filosofica rigoroso e appassionante. Quest’anno il tema al centro del dibattito è quanto mai attuale e profondo: “Ed io che sono? Soggetto, individuo, persona“. Una domanda che attraversa la storia del pensiero occidentale e che oggi, nell’epoca della frammentazione identitaria e delle trasformazioni tecnologiche, acquisisce una rinnovata urgenza.
La lezione inaugurale dell’edizione 2025/26 si è svolta venerdì 3 ottobre presso l’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con l’intervento di Stefano Bancalari, Professore di Filosofia della religione presso Università “La Sapienza” di Roma, sotto la presidenza di Marco Ferrari, fondatore e anima del progetto. L’evento ha dato il via ufficiale a un percorso che vedrà studenti e studentesse confrontarsi con i grandi interrogativi sulla natura dell’io e che culminerà il 10 marzo 2026 a Bologna con il convegno finale, durante il quale verranno premiati i lavori migliori.
L’esperienza del Liceo Classico “G. D’Annunzio”
Tra le scuole che hanno raccolto con maggiore entusiasmo la sfida delle Romanae Disputationes c’è il Liceo Classico “G. D’Annunzio” di Pescara, che per il terzo anno consecutivo ha inaugurato il proprio percorso con un’iniziativa di grande respiro. Dal 7 al 9 ottobre, 200 studenti e studentesse si sono ritrovati a Pescasseroli per tre giorni intensi di lavoro sul tema dell’identità. Le mattinate sono state dedicate a escursioni nella Val Fondillo e al Lago di Barrea, dove il paesaggio del Parco Nazionale d’Abruzzo è diventato sfondo naturale per il dialogo filosofico. I pomeriggi hanno visto ragazzi e ragazze impegnati in laboratori di approfondimento e scrittura filosofica per dare forma concreta alla domanda “ed io che sono?”.
L’esperienza di Pescasseroli ha mostrato qualcosa di raro nella scuola di oggi: la possibilità che la filosofia torni a essere ciò che era alle sue origini, un cammino condiviso di ricerca della verità. Non solo trasmissione di nozioni, ma comunicazione di un bene attraverso il rapporto da persona a persona. Durante i tre giorni, le passeggiate non sono state semplici escursioni naturalistiche, ma momenti in cui il pensiero si è fatto dialogo, dove la bellezza del paesaggio apriva domande sul senso dell’esistenza. E nei laboratori pomeridiani, insegnanti e studenti e studentesse si sono trovati insieme a interrogarsi, creando quella polifonia di voci e prospettive che è la sostanza dell’educazione.

Ciò che ha colpito tutti i partecipanti è stata la crescita umana che questo confronto ha generato. Ragazzi e ragazze hanno scoperto che la filosofia non è un esercizio astratto riservato a pochi, ma un cammino culturale avvincente che non lascia fuori nulla della vita reale. E i docenti hanno ritrovato il senso più profondo del loro lavoro: accompagnare giovani menti in una ricerca che non ha mai fine, dove il maestro stesso continua a imparare dalla relazione educativa.
Identità e adolescenza
Ma torniamo alla domanda che attraversa questa edizione delle Romanae Disputationes: “ed io che sono?”. È il verso leopardiano che risuona nel Canto notturno, ma è anche l’interrogativo che ogni adolescente porta dentro di sé con particolare urgenza. Chi sono io? Sono questo corpo che cambia? Questi pensieri che si susseguono? Questi ruoli sociali che interpreto? Questa storia personale che mi racconto?
La tentazione è rispondere cercando un nucleo immutabile, un’essenza nascosta da proteggere. Ma forse dovremmo rovesciare completamente la prospettiva. L’io non è qualcosa che possediamo, chiuso dentro di noi come in una scatola. L’io è piuttosto il luogo in cui la totalità dell’essere si manifesta. Non siamo atomi separati e isolati: siamo aperture attraverso cui l’intero si rivela. Ciò che chiamiamo “io” è il manifestarsi stesso della realtà.
Questo significa che l’io non va cercato nella separazione, ma nella relazione. Non nell’isolamento, ma nell’apertura. L’io è ciò che appare quando è insieme all’essere che si dispiega, e si dispiega sempre in rapporto: con gli altri, con il mondo, con la totalità che ci attraversa. Per questo l’esperienza di Pescasseroli è stata così significativa: perché ha mostrato concretamente che l’identità personale si costruisce e si scopre nel confronto, nella condivisione, nell’ascolto reciproco.
La domanda “ed io che sono?” non trova risposta in un’affermazione definitiva, ma in un cammino. Un cammino in cui scopriamo progressivamente che siamo molto più di quanto pensavamo: non individui chiusi, ma manifestazioni dell’intero; non soggetti isolati, ma persone in relazione e, come scrive Rilke nelle Lettere a un giovane poeta, “il punto è vivere ogni cosa. Vivi le domande ora. Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga, di vivere fino al lontano giorno in cui avrai la risposta“.
Claudio Amicantonio
Nicole Marcellini
Silvia Giordano
Redazione
Sabrina Rizzi
Roberto Castaldo