Il tema del futuro resiliente, del benessere psicologico e della necessità di equilibrio fra operatività e riposo sono stati i temi centrali della terza giornata di BettFest 2021.
Problematiche scolastiche La terza giornata di incontri del BettFestival si è concentrata sul tema del futuro resiliente. Con questa espressione viene identificata la necessità di costruire nuovi ambienti di apprendimento e di lavoro, che siano più sani e attenti alle esigenze cognitive ed emotive di coloro che ne fanno parte; ma anche la necessità di formare le nuove generazioni di studenti e insegnanti ad abitare questi spazi – virtuali e non – in modo da prevenire fenomeni di burnout, stress e insoddisfazione. Il benessere mentale e gli aspetti emotivi e sociali, infatti, rivestiranno un’importanza sempre maggiore in futuro, soprattutto negli ambienti di lavoro.
A conferma della necessità di aprire un dialogo sul tema, l’indagine divulgata da Intel mostra come la rilevanza di questi aspetti crescerà notevolmente nel prossimo futuro. Si stima, infatti, che entro il 2030 l’utilizzo di competenze tecnologiche crescerà del 52% e quello di capacità sociali ed emotive del 22%, a fronte di una riduzione dell’11% delle abilità manuali e del 14% delle abilità cognitive di base: la cosiddetta Quarta rivoluzione industriale ha integrato la tecnologia in ogni aspetto della nostra vita ed è per questo che anche le competenze richieste nel mondo del lavoro saranno ridefinite. In aggiunta a ciò la pandemia da Covid-19 ha causato un’impennata dell’uso della tecnologia in tutto il mondo, portando al centro della scena i metodi di apprendimento misti, in asincrono, da remoto. Questa esperienza ha messo in luce la necessità di rifondare il sistema educativo, integrandolo ancora di più con le nuove tecnologie.
Le tecnologie proposte da Intel, in particolare, mirano a cambiare l’approccio alla tecnologia stessa, che non dovrebbe più essere intesa come un mezzo per accedere a contenuti già esistenti, bensì come l’elemento centrale per creare direttamente le competenze di apprendimento. Secondo Intel è dunque necessario ripensare la tecnologia stessa, rendendola per i docenti uno strumento di progettazione e arricchimento dei programmi e per gli studenti uno strumento di costruzione delle capacità critiche.
Per costruire questa nuova versione del sistema educativo occorre però tenere a mente alcuni concetti base: il primo è la flessibilità. È fondamentale passare da una visione a breve termine a un modello di pianificazione a lungo termine. L’obiettivo, infatti, dev’essere una pianificazione rivolta al futuro, ben oltre la pandemia. Il secondo obiettivo è la solidità: le risorse tecnologiche devono essere accessibili, facili da usare e versatili, così da fornire un accesso all’istruzione solido e affidabile.
Un’altra delle grandi sfide che si prospettano è quella del benessere psicologico e della salute mentale degli studenti, dei docenti e dei membri del personale di ogni istituzione scolastica ed educativa. Il tema è stato al centro dell’incontro Resilient Futures Supporting Mental Health in Students and Staff, nel corso del quale esperti del settore si sono confrontati su come raggiungere questo obiettivo. A moderare l’incontro è stata Sarah Griffiths, vicedirettrice della Caterham School, da poco nominata fra i primi 25 innovatori e influencer nell’educazione indipendente nel Regno Unito, impegnata nella promozione del benessere come parte integrante dell’istruzione da più di un decennio.
Sotto la sua guida si sono confrontate esperte come Becki Lee, a capo del settore per il miglioramento qualitativo e l’esperienza degli studenti dell’Hopwood Hall College nell’area metropolitana di Manchester; Laura Dickinson, direttrice della Finch Woods Academy di Merseyside, entrata tra le scuole finalista del TES Award nella categoria “benessere e salute mentale”, e la dottoressa Sadie Hollins, direttrice dell’ultimo anno di corso alla Lanna International School in Thailandia e coordinatrice del programma di benessere della scuola recentemente entrato nella rosa dei finalisti per l’International School Awards Wellbeing Initiative.
La prima parte della discussione si è concentrata sul nuovo significato che benessere, supporto psicologico e competenze emotive hanno assunto nel 2020. Durante quest’anno, infatti, si è resa necessaria una maggiore attenzione al benessere psicologico ed emotivo da parte degli educatori. Alla Caterham School, per esempio, la grande attenzione già rivolta in precedenza al benessere degli studenti ha significato un grande vantaggio quando sono emerse le nuove sfide della didattica a distanza. E questa rinnovata attenzione non è venuta solo dai membri dello staff, ma dagli studenti stessi, che sono diventati più consapevoli delle ripercussioni del benessere mentale sull’apprendimento. Secondo Sarah Griffiths, quindi, accorgimenti per incrementare tale benessere dovrebbero essere inclusi in ogni parte del corso di studi.
Nell’esperienza dell’accademia Finch Woods, invece, è stato chiaro fin dal primo momento che la situazione di ogni studente era radicalmente diversa, a seconda delle esigenze personali. Dunque, per aiutare i ragazzi ad abituarsi alle nuove modalità, il team di Dickinson ha condotto chiamate individuali con le famiglie, in modo da superare lo scoglio iniziale.
Occorre però ricordare che la preoccupazione per il benessere mentale non riguarda solo il corpo studentesco. Durante l’emergenza sanitaria la comunità educante si è dovuta fare carico anche del benessere del corpo docente, del personale scolastico e delle famiglie. Tutti i membri dello staff si sono trovati a dover fare molto più che assicurarsi che gli studenti avessero buoni voti; scuole e università, infatti, sono diventate luoghi centrali della comunità e si sono fatte carico di problemi emotivi, sociali, finanziari e tecnologici. L’Hopwood Hall College per esempio nei primi mesi della pandemia ha offerto agli insegnanti corsi online gratuiti, per aiutare a rimettere a fuoco i nuovi obiettivi e le nuove abilità richieste, proprio nel momento in cui il mondo dell’istruzione e del lavoro stava cambiando. Come ha notato Lee, la necessità di ripensare le modalità di supporto alla comunità hanno permesso a lei e al suo staff di comprendere quanto effettivamente potessero aiutare tutta la comunità.
Per realizzare queste nuove sinergie e aiutare davvero le comunità strette intorno alle istituzioni scolastiche, uno dei punti cruciali emersi durante questi mesi è senza dubbio l’importanza della comunicazione, che rimane uno strumento irrinunciabile. È innegabile che il 2020 abbia costretto studenti e docenti a sviluppare una maggiore resilienza, in modo da affrontare sfide inaspettate, tuttavia il passaggio a nuovi metodi di apprendimento e insegnamento ha avuto molto più successo quando è stato accompagnato da una comunicazione chiara all’interno di tutta la comunità. Alla Lanna International School questo si è concretizzato in iniziative studentesche come riunioni di supporto e focus groups integrati dalla “Newsletter del benessere” promossa dalla dottoressa Hollins, che includeva articoli scritti da studenti, genitori, educatori e membri dello staff, per incrementare le occasioni di comunicazione e scambio all’interno della comunità. Molte altre iniziative simili sono state adottate per consolidare i legami e aiutare la resilienza dei singoli: per esempio i “Wellbeing Wednesdays” della Finch Woods o i caffè e le chat del mattino del corpo docenti con il preside dell’Hopwood Hall College.
Pur considerando tutto questo e tenendo sempre a mente che la costruzione di legami e la comunicazione sono elementi essenziali della resilienza di una comunità, quali altre strategie è possibile mettere in campo per evitare il burnout e costruire una maggiore resilienza? È su questo tema che si è concentrato l’incontro Building strength and resilience in your teacher and student community, condotto da Bruce Daisley.
Nell’esperienza di Daisley un ambiente di lavoro accogliente è un elemento fondamentale non solo per il benessere collettivo ma anche dal punto di vista della performance, che ne viene estremamente migliorata.
Il primo elemento da considerare è la sicurezza psicologica, ossia la capacità di credere che non ci saranno conseguenze nell’essere sé stessi in quell’ambiente. È possibile, infatti, che non ci si senta a proprio agio a raccontare ai colleghi alcuni aspetti della propria personalità o sessualità o delle proprie convinzioni. Il secondo punto da considerare è l’effetto positivo, ossia il fatto che un atteggiamento positivo può influenzare per il meglio la vita lavorativa e accademica delle persone. La sfida è quindi quella di creare e mantenere un atteggiamento mentale positivo. L’esatto opposto di questo atteggiamento positivo è il burnout, che si verifica quando lavoratori e studenti sono esausti, sopraffatti e incapaci di dare il meglio. Da questo punto di vista acquista particolare rilevanza il radicale cambiamento della divisione tra tempo personale e professionale avvenuta durante la pandemia. I confini tradizionali tra vita lavorativa e personale sono crollati e se da un lato questa potrebbe configurarsi come una dinamica positiva, che permette di prendere una pausa dal lavoro quando necessario, molto più spesso si trasforma in una pervasività del lavoro o dello studio, che invadono parti della vita dalle quali prima erano esclusi.
Nell’ultimo anno la giornata lavorativa è aumentata in media di 45 minuti: è quindi diventato fondamentale analizzarne attentamente i confini. Dal momento che non è sempre possibile uscire e partecipare ad attività fuori casa, diventa essenziale crearsi una routine. Un altro elemento fondamentale è creare e rispettare dei momenti di pausa, che spesso sono percepiti come una perdita di tempo ma invece, come mostrano diversi studi, ci rendono più produttivi. Siamo circondati da tecnologie che mantengono sempre lo stesso livello di performance, non importa per quante ore li usiamo. Non è lo stesso per il cervello: abbiamo un limite di decisioni fondamentali che possiamo prendere durante una giornata, un limite di valutazioni profonde e accurate, e superato quel limite, non importa quanto possa essere cruciale l’argomento, semplicemente non riusciremo a concentrarci. L’idea generalmente diffusa è che il successo derivi dall’essere costantemente produttivi, tuttavia dalle neuroscienze arriva una risposta molto più complessa e articolata: la nostra mente funzione secondo schemi e metodi diversi, con differenti gradi di concentrazione, e non sempre a un maggior stress corrisponde un miglior risultato, anzi. È stato dimostrato che il nostro cervello lavora al meglio quando effettivamente gli si dà il tempo di “respirare”.
Dai molteplici spunti raccolti in questa rassegna emerge chiaramente come il benessere mentale e la resilienza saranno capacità fondamentali per affrontare il futuro e dunque dovranno essere necessariamente incluse nelle competenze che si insegneranno alle prossime generazioni di studenti. Ambienti di studio e di lavoro sani creano studenti, lavoratori e cittadini più sani, dotati di strumenti migliori per gestire le situazioni straordinarie, ma anche semplicemente capaci di avere idee migliori e trovare soluzioni più semplici ai problemi professionali e personali che gli si presenteranno davanti. Il segreto per conciliare al meglio i momenti di produttività e riposo sembra essere la capacità di mantenere e difendere l’equilibrio fondamentale della nostra mente.