Dire, fare, insegnare
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Insegnare le STEAM con il tinkering

Che cosa sono le STEAM? Che cos’è il tinkering? Imparare le scienze smanettando con piattaforme 3D e con carta, forbici e colla realizzando un progetto dall’idea al prototipo.

Metodologie 
10 giugno 2020 di: Viviana L. Pinto
copertina

STEM è l’acronimo inglese che si riferisce alle discipline scientifiche: Science, Technology, Engineering, Mathematics. Quando si parla di STEM, però, non ci si riferisce alle singole aree tematiche, ma piuttosto a un sistema integrato di conoscenze scientifiche da collocare in un nuovo paradigma. Le STEM, infatti, sono la chiave di un sistema educativo che guarda avanti, orientato a crescere, formare e preparare individui capaci di gestire un futuro sconosciuto e incerto. Alla base delle STEM c’è la ricerca, la curiosità, la voglia di scoprire e creare cose nuove, ma anche la passione e l’uso della regola come cammino per poter tracciare strade ancora inesplorate. 

Negli ultimi anni al tradizionale acronimo STEM si è aggiunta la A di Arts, passando da STEM a STEAM. Aggiungere l’arte alle discipline del nucleo scientifico vuol dire soprattutto adottare un approccio interdisciplinare. In fondo se pensiamo a grandi geni come Leonardo da Vinci o Michelangelo abbiamo difficoltà a separare lo scienziato dall’artista. Nell’approccio STEAM gli studenti sono incoraggiati ad assumere un atteggiamento sperimentale, ricorrendo all’immaginazione e alla creatività per fare nuovi collegamenti fra le idee. 

Una delle attività che meglio concilia gli aspetti scientifici con quelli artistici e creativi è il tinkering. Letteralmente tinkering significa “armeggiare”, ma in senso più ampio si intende smontare e montare, svitare, attaccare, ritagliare. Insomma, tutto quello che ha a che fare con il capire come funziona qualcosa. Lo scopo del tinkering è realizzare oggetti di vario genere a partire da materiali di recupero, piccole parti meccaniche ed elettroniche, materiali semplici come carta, cartone o legno. 

L’idea del tinkering come attività educativa nasce all’Exploratorium di San Francisco, il primo Science Center del mondo, dove la scienza non la si guarda, ma la si fa e la si tocca. In Italia possiamo trovare un meraviglioso laboratorio di tinkering al Museo Nazionale Scienza e Tecnica di Milano in cui c’è un po’ di tutto, dalle biglie alle macchine per cucire, ma anche nei numerosi FabLab sparsi su tutto il territorio. 

Quando si parla di tinkering, tuttavia, può capitare che ci si perda fra le infinite possibilità che offre questa metodologia (basta fare una breve ricerca su internet per rischiare di annegare in un mare di idee). Proviamo a mettere in ordine le idee e a capire come integrare questo tipo di attività nella didattica. 

Prima di tutto distinguiamo due dimensioni: digitale e “analogica”. Possiamo smanettare al computer e costruire oggetti digitali che, eventualmente, possono essere stampati (in 3D o con altre tecniche), oppure possiamo smanettare con forbici, colla e materiale vario, alla vecchia maniera, insomma. 

Se vogliamo fare tinkering digitale ci sono diversi strumenti online che possono venirci in auto. Uno dei più famosi e dei più completi è Tinkercad: potentissimo, intuitivo, chiaro e, soprattutto, gratuito. Questa piattaforma permette di realizzare modelli tridimensionali partendo da zero e scegliendo forme, colori, materiali. Si impara ad usare Tinkercad in 10 minuti e una caratteristica che rende questo strumento molto adatto anche ai bambini: le creazioni tridimensionali si possono realizzare anche con i mattoncini Lego o con i blocchi di Minecraft! 

Per il tinkering analogico, quello più tradizionale, gli strumenti sono infiniti: qualsiasi cosa capiti sotto mano può andar bene, anche se aggiungere un po’ di tecnologia generalmente stimola di più gli studenti. Si possono acquistare semplici parti elettriche e elettroniche (per esempio lampadine, piccoli motori elettrici, interruttori, buzzer, piccoli schermi) oppure interi kit da integrare. Fra i kit pensati per il tinkering troviamo, per esempio, Makeblock Neuron o Sphero LittleBits, entrambi semplici da usare e senza la necessità di essere programmati (pur mantenendo la possibilità di farlo). 

Per applicare questa metodologia alla didattica una buona idea è quella di dare agli studenti degli obiettivi o dei temi intorno cui lavorare. Uno dei temi che genera più interesse e partecipazione è quello delle reazioni a catena: la richiesta è quella di sistemare una serie di oggetti in modo che, con un piccolo impulso iniziale (una spinta, il lancio di una pallina, il taglio di un filo o la pressione su un interruttore), si generino, uno dopo l’altro, tanti piccoli eventi collegati fra loro. Potete trovare un bellissimo esempio, molto articolato, qui

Con un progetto di tinkering si sviluppano tantissime competenze, specifiche e trasversali: si impara a progettare, si dà sfogo alla creatività e si sviluppa il problem solving, inoltre si integrano in modo naturale principi di fisica e di matematica, di chimica e di tecnologia. Insomma, un’attività STEAM a 360 gradi. 

Tuttavia, quello che conta davvero in un processo di tinkering è sperimentare: si può provare e riprovare, sbagliare e correggere, cambiare strada a metà del processo. Insomma, l’errore non è visto come fallimento, ma come parte del processo di apprendimento. Fondamentale per completare un’attività di questo genere, poi, è la narrazione: ai makers (coloro che creano, gli studenti) deve essere chiesto di descrivere il loro processo creativo-ingegneristico, di documentare durante tutte le fasi dell’attività le loro azioni, di raccontare l’idea da cui sono partiti per arrivare al risultato che presentano.