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La plusdotazione e il dono del talento. Intervista sulla “gifted and talented education” con Martina Brazzolotto

L'inclusione a scuola passa anche dal riconoscimento dei bisogni educativi dei bambini gifted e talented, e dalla promozione dei talenti individuali di ciascuno studente: ne parliamo con Martina Brazzolotto, esperta di plusdotazione e di didattica per lo sviluppo dei talenti.

Metodologie  Problematiche scolastiche 
18 marzo 2022 di: Martina Brazzolotto
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Riconoscere i cosiddetti bambini gifted e talented, cioè studenti ad alto potenziale che necessitano di una didattica orientata sui loro bisogni, è una necessità sempre più urgente se la scuola italiana vuole essere veramente inclusiva. Il tema è complesso e ai docenti devono essere forniti strumenti adeguati e momenti di formazione che li portino ad aggiornare il loro approccio didattico e a trasformare le lezioni in un’occasione educativa che riconosca e promuova i talenti di tutti, e non solo dei gifted children.

Mercoledì 23 marzo alla Mediateca di San Lazzaro di Savena genitori e insegnanti sono invitati all’evento Il dono del talento - Riconoscere i bambini ad alto potenziale e rispondere ai loro bisogni: un incontro che, grazie all’aiuto di formatori esperti, si pone l’obiettivo di informare e sensibilizzare sul tema del talento e della plusdotazione di bambini e ragazzi in età scolastica. Martina Brazzolotto, specialista in didattica per la plusdotazione e didattica per lo sviluppo dei talenti e coordinatrice della Rete Nazionale di Scuole “TalentInclusivi”, aprirà l’incontro con il suo intervento su "Il talento a scuola": con Dire, fare, insegnare ha parlato di come i docenti possono rispondere a queste sfide educative.

Di che cosa si occupa la “gifted and talented education”? Quale è stato il suo percorso per specializzarsi in questo campo?

Sulla scia del modello di Gagné, possiamo fare una distinzione tra gifted e talented children: i primi sono bambini che possiedono delle potenzialità latenti e non riconosciute dal soggetto stesso oppure dal contesto; i bambini di talento invece hanno avuto la fortuna di essere stati riconosciuti come tali e hanno avuto la possibilità di coltivare il proprio talento. Di conseguenza, è possibile distinguere tra un’educazione specifica per i gifted children, che viene definita gifted education, e un’altra chiamata talented education. Se nel contesto americano si promuove un’educazione per i gifted children, nel contesto europeo, e in particolare in Italia, essa si coniuga con una talent development education, ossia una didattica per lo sviluppo dei talenti di ciascuno. Come ci insegna Maria Montessori, infatti, il talento non appartiene solo ai gifted children, ma ogni bambino ne possiede uno.

Seguendo il mio interesse per questo campo della didattica mi sono specializzata in Gifted & Talented Education in diverse università (Università di Pavia; Irvine University, California; University of Connecticut; Radboud University, Nijmegen-Paesi Bassi). Dal 2012 mi occupo della formazione degli insegnanti nel settore della didattica per la plusdotazione e della didattica per lo sviluppo dei talenti con un approccio pedagogico-inclusivo. Dopo un dottorato di ricerca in Scienze Pedagogiche all’Università di Bologna con una tesi su questi ambiti, a settembre 2021 ho concluso un Post-dottorato presso il Great Plains Center for Gifted Studies (Emporia State University, Kansas).

Sono stata Membro del Tavolo Tecnico istituito dal MIUR sulla plusdotazione per scrivere le linee guida nazionali a supporto dei gifted children, e dal 2019 sono membro e delegata per l’Italia del World Council for Gifted and Talented Children (WCGTC), organizzazione mondiale no profit per i bambini con plusdotazione. Faccio parte dell’European Council for High Ability (ECHA), e attualmente sono Cultore della materia in Pedagogia Speciale all'Università Cattolica del Sacro Cuore, presso la cattedra della Prof.ssa Mariateresa Cairo.

Lei ha fondato la rete di scuole “TalentInclusivi”: di che cosa si occupa il progetto e quali obiettivi si pone?

Innanzitutto, io sono uno dei membri fondatori della rete “TalentInclusivi”: ho infatti riunito un gruppo di insegnanti molto motivati e interessati ad approfondire e divulgare le tematiche della plusdotazione nel loro territorio di appartenenza. Il merito dell’impresa va a loro: Emanuela Ballanti, Guglielmo Borgia, Vania Bovino, Paola Cirina, Sandra Covino, Carolina Foti, Lucia Maffei, Maria Manzi, Rita Settembrini; oltre che alla Dirigente Scolastica Anna Milena Ricchiuto, che ha permesso che il nostro I.C. di Campodarsego (PD) fosse il capofila. Sono fiera, pertanto, di essere la coordinatrice di un gruppo di insegnanti entusiasti di promuovere la didattica per lo sviluppo dei talenti.

Quello che ci contraddistingue dalle altre reti presenti sul territorio è che “TalentInclusivi” è costituita da insegnanti che continuano ad aggiornarsi, tenendo così molto alto il livello di qualità di formazione che condividono con i colleghi; ma, soprattutto, è il nostro approccio che fa la differenza. Sappiamo che le pratiche didattiche si basano su conoscenze, credenze e punti di vista dell’insegnante, e che di conseguenza “le lenti” che si usano per affrontare una tematica, come quella della plusdotazione, possono veramente portare ad agire in modi molto diversi. Noi di TalentInclusivi crediamo che l’alunno non debba coincidere con la sua etichetta: per esempio, siamo consapevoli che il valore del quoziente intellettivo (Q.I.) non ci permette né di identificare l’alunno, né tantomeno di pretendere di prevedere i suoi atteggiamenti.

Il nostro vuole essere un approccio pedagogico-inclusivo dove si pone al centro l’alunno con i suoi bisogni e i suoi talenti, con la consapevolezza che il talento non appartiene solo ai gifted children e che pertanto ciò che dobbiamo promuovere è il riconoscimento del talento in ogni alunno, anche in quegli alunni dove spicca un disturbo o una disabilità.



Il tema della plusdotazione spesso si accompagna al tema della doppia eccezionalità: di che cosa si tratta?

La questione della doppia-eccezionalità(twice-exceptionality) è stata affrontata molto negli USA già a partire dagli anni Ottanta, con gli studi di Susan Baum. Quando la plusdotazione (giftedness) si trova in compresenza con un disturbo dell’apprendimento (come la dislessia, la discalculia, ecc.), con una disabilità (per esempio la cecità) o con un bisogno educativo speciale (TRA CUI l’ADHD oppure il DOP, ossia disturbo oppositivo provocatorio), si parla di doppia-eccezionalità. Sembra quasi impossibile che uno stesso individuo possa avere un disturbo e una plusdotazione contemporaneamente, eppure è un fenomeno reale. Se in Italia, anche grazie all’ampia normativa scolastica, si conoscono meglio le disabilità (L. 104 del 1992), i DSA (L. 170 del 2010) e i BES (Direttiva MIUR del 2012 e seguenti), conosciamo meno la plusdotazione, anche se un primo passo è stato fatto con la nota ministeriale 562 del 2019 che riconosce l’esistenza dei gifted children, collocandoli nella categoria dei BES.

Quindi, la doppia eccezionalità è ancora meno nota della plusdotazione e pone ulteriori sfide ai docenti: come ci insegna Baum, la plusdotazione potrebbe infatti mascherare un disturbo di apprendimento o un BES, o viceversa il disturbo o il BES potrebbe mascherare la plusdotazione. In questo senso, è sempre più urgente riflettere sulle dimensioni del talento umano e sulle modalità per riconoscerlo nel contesto scolastico. Nel mio libroLa didattica per lo sviluppo dei talenti(edito da Pitagora nel 2019) potete trovare utili consigli e strumenti didattici per riconoscere il talento di ciascuno, in primis adottando un cambio di prospettiva.

Lei interverrà all’incontro “Il dono del talento” del 23 marzo: vuole anticiparci i temi del suo intervento?

Il mio intervento sarà focalizzato sui paradigmi della gifted education, elaborati da Dai e Chen nel 2013. I paradigmi offrono delle lenti importanti e promuovono la consapevolezza sulle motivazioni che spingono ad adottare alcune pratiche didattiche rispetto ad altre. Infatti, è noto che la formazione sulla gifted education e la conoscenza dei profili dei gifted children non sono sufficienti per modificare lo stile di insegnamento.

Inoltre, molte sono le ricerche nella letteratura scientifica che documentano che gli stessi gifted children instaurano una relazione positiva prevalentemente con quei docenti che dimostrano degli atteggiamenti disponibili al riconoscimento del talento, piuttosto che con quei docenti che centrano tutta la loro didattica sui saperi. Il pilastro, quindi, di una didattica inclusiva (se vogliamo includere anche i gifted children) è la riflessione profonda sul talento, e questo significa spingersi oltre l’etichetta di plusdotazione e di gifted child.