La scrittrice per ragazzi Silvia Bernardi parla della sua esperienza come esperta di storytelling nei corsi di formazione per gli insegnanti.
Metodologie Negli ultimi mesi ho avuto l’opportunità di portare la mia esperienza come esperta di scrittura e storytelling, anche digitale, in diversi corsi di formazione per insegnanti ed educatori. Abbiamo condiviso esperienze, osservato metodologie e focalizzato best practice per fare storytelling in classe. In questo articolo ho sintetizzato tre attività pratiche basate sulla scrittura creativa che sono state ritenute utili e ben replicabili in diversi contesti per muoversi tra le materie con lo storytelling.
Proprio come evidenziato anche in questo articolo, quando ci si muove insieme allo storytelling - insieme alla storia, insieme ai compagni, insieme a se stessi - avviene l’efficace e meraviglioso processo di immedesimazione, da cui deriva una maggior sedimentazione dei concetti trasmessi.
Narrare e ascoltare una narrazione, anche in classe, è fare esperienza, e bisogna ricordare che l’esperienza donata ai bambini e ai ragazzi è, a mio avviso, davvero efficace quando è sincera anche per l’adulto.
La creazione di storie attraverso la scrittura è una strada spesso in salita - anche se per i piccoli lo è spesso molto meno che per i grandi - lungo la quale, se ben condotti, abbiamo un’opportunità eccezionale: farci delle domande.
Fin dagli albori del metodo maieutico sappiamo bene che porre e porsi domande di diverso tipo stimola il ragionamento autonomo e permette di andare alla ricerca di risposte che, combinate tra loro, ci aiutano a formulare ipotesi e apprendere concetti, oltre che a non perdere la sana, sanissima, attitudine alla curiosità.
Un’attività pratica molto interessante che si può svolgere già dalla fine della primaria è quella del “cosa succederebbe se”. Ad esempio, cosa succederebbe se…
E così via. Per rispondere a una domanda “what if” bisogna necessariamente porsi molte altre domande: ecco che riflettere su cosa succederebbe se scomparisse la forza di gravità ci porta a osservare come la gravità insiste anche sulle nostre stesse funzioni vitali, su molti processi industriali, sulle maree, eccetera; oppure, l’esistenza di Mozart diventa un pretesto per parlare di storia della musica e di come, oggi (proprio come nel divertentissimo film di Danny Boyle, Yesterday) qualcuno potrebbe reinventarsi Mozart … ma potrebbe davvero?E se tutto ciò che tocchiamo si trasformasse in fiori, come si trasformerebbe la nostra quotidianità? Cosa accadrebbe se il verde prende il sopravvento? E qual è la vera essenza della natura? Quali problemi si risolverebbero? Quali aumenterebbero a dismisura?
Questi sono solo esempi di come l’esercizio del “cosa succederebbe se” lasci svelare a bambini e ragazzi il loro essere davvero filosofi, per dirla insieme ad Alison Gopnik (Alison Gopnik, Il bambino filosofo, Bollati Boringhieri, 2014).
Dagli esempi emerge quindi che il “cosa succederebbe se…?” ci traghetta in modo originale verso approfondimenti trasversali a moltissime materie: storia, scienze, arte, ma anche matematica, tecnologia, geografia, eccetera.
Sul sito Once Upon a Picture è possibile trovare immagini create da illustratori e raccolte proprio per ispirare la creazione di storie. Ogni immagine, infatti, è accompagnata da una serie di domande che permettono di entrare dentro la rappresentazione, i personaggi, i dettagli e molto altro, che danno il viaalla possibile creazione di una narrazione.
Grazie a Once Upon a Picture si possono svolgere diverse attività di scrittura creativa lavorando, per esempio, tutti sulla stessa immagine e osservando poi le diverse storie che emergono. Oppure, ognuno può scegliere un’immagine diversa e lavorare sulla propria creatività. O ancora: i personaggi che nascono da diverse immagini possono poi incontrarsi e partecipare insieme ad un’altra storia.
Se si preferisce lavorare “in cartaceo”, questi stessi esercizi possono essere svolti con cartoline, ritagli di giornali, fotografie, eccetera.
Proprio come approfondito anche in questo articolo, l’intervista impossibile è una tecnica che permette di intervistare un personaggio storico, o un personaggio famoso, di fantasia, appartenente alla cultura tradizionale, oppure un personaggio di un libro, di un film, o appartenente a qualsiasi settore della realtà o dell’immaginazione. Famose negli anni ‘70 grazie al programma radiofonico Rai di Giorgio Manganelli, oggi le interviste impossibili sono un’ottima occasione per approfondire la conoscenza di personaggi, vicende, contesti, eccetera, agevolando quindi lo studio non solo del personaggio, ma anche di tutto ciò che gli ruota intorno. Per intervistare davvero un personaggio impossibile, infatti, occorre compiere un ampio processo di studio, immaginazione e - anche in questo caso - elaborazione di domande per dare corpo a un corpo che, per forza di cose, non c’è.
L’intervista, se registrata in formato audio, può diventare anche un’opportunità per sperimentare la creazione di un podcast, o di un programma radio di classe.
Grazie al movimento dello storytelling, che è un’attitudine più che un metodo, anche gli insegnanti e gli educatori entrano quindi nell’esperienza, offrendo agli alunni, ma anche a sè stessi, una possibilità: entrare in una storia senza pretendere che insegni qualcosa - un messaggio, una morale, una materia! - ma lasciandole fare il suo corso, come da millenni accade con le belle storie ben raccontate.