Dire, fare, insegnare
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Il classico diventa metodo. L'Estetica dell'apprendimento

Alberto Cividati riflette sul valore educativo degli studi classici e su come ogni epoca si faccia contemporanea nell’apprendimento e utile a interpretare la vita quotidiana.

Metodologie  Grandi insegnanti 
05 novembre di: Alberto Cividati
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L’oggetto di conoscenza della scuola è la vita, in tutte le forme che ha assunto, e la vita è un processo in continuo movimento: è generazione. Se la vita è un processo continuo, le conoscenze mutano, cambiano, non sono mai definitive, si trasformano. Il compito della scuola è quindi educare alla vita che si muove nelle sue molteplici forme. In questo contributo vedremo come la via estetica supera la distinzione tra materie umanistiche e materie scientifiche e prova a costruire la definizione di “classico” come “metodo” a partire dall’analisi dell’opera d’arte, facendosi misura di ogni forma di sapere.

Metacognizione dell’approccio al reale

Per studiare il processo è necessario essere consapevoli del modo con il quale ci si approccia alla realtà. Emanuele Severino, nel suo costante confronto con Aristotele, propone come inizio l’apparire di significati che orientano l’azione; ad esempio, quando si vuole mangiare del cibo è necessario che appaia il significato “cibo”. Nella Scolastica questa posizione è stata sintetizzata nella formula Nihil volitum nisi praecognitum: si può volere qualcosa soltanto se il senso del qualcosa voluto appare e quindi i significati determinano il senso delle azioni umane.

Ogni significato determina un numero di azioni umane e più ampio è il significato maggiore è il numero di azioni influenzate da quel significato. Il significato più ampio è il termine “cosa”, poiché, se ci fosse un significato più ampio sarebbe una “cert’altra cosa”. In ogni lingua “cosa” indica un modo diverso di stare innanzi alle cose. In italiano “cosa” rimanda alla causa, “res” in latino richiama la ricchezza (i beni che una persona possiede), ma si potrebbero analizzare πράγμα, χρῆμα e χρήματα in greco, thing,matter, stuff in inglese, e altri ancora.

Il termine “cosa” percorre due vie: se designa un modo particolare di leggere le cose, l’ampiezza del significato diminuisce; se l’accezione del termine coincide con la definizione di “ente” introdotta dalla filosofia greca, stabilisce delle cose il loro differenziarsi dal niente, non considerando le differenze tra le cose.

La via estetica raccoglie dal precedente percorso la ricerca del significato più ampio, ma intende evitare di perdere la specificità delle cose e propone il significato di “complessità” per indicare sia la realtà sia ogni cosa. Nella forma tutto è complesso (cum + plècto = avvolgere con) perché è “complicato” (cum + plico= piegare con): tutto è intrecciato perché ogni elemento è una piega piegata che deve essere s-piegata.

L’apprendimento consiste nello svolgere le pieghe nella propria immaginazione. È necessario riconoscere il carattere costitutivamente interdisciplinare (intreccio di saperi) e transdisciplinare (grammatica comune a più saperi) di ogni conoscenza, così da imparare a trattare le complessità come insiemi di problemi e domande e non solo come articolazioni di semplici nozioni.



“Estetica” deriva dal verbo greco αἰσθάνομαι, solitamente tradotto con “sentire”. Prima di essere una teoria del bello l’Estetica riguarda il sentire e pone il bello come uno degli eventi di questo “sentire”. Questa disciplina si domanda che cosa si vede quando si guarda, che cosa si coglie mentre si ascolta, quale immaginario produce un gusto o un profumo, come muove il desiderio il toccare ed essere toccati, perché le forme coinvolgono il “sentire” in modo differente rispetto alle sensibilità. La sensibilità è originaria nella costruzione dei significati ed è a fondamento di ogni forma di intelligenza.

Dal punto di vista grammaticale non è del tutto corretto tradurre αἰσθάνομαι con “sentire”, poiché è un verbo in diatesi media e indica un “sentirsi sentire”. Il soggetto non esercita una capacità attiva né subisce un’azione in modo passivo; nella diatesi media il soggetto del processo si produce all’interno del processo come esito del processo stesso. Questo è il modo di intendere l’apprendimento.

Opera d’arte come “origine”

L’opera d’arte è l’oggetto complesso che educa alla complessità del reale in quanto è “origine”. La forma è sostanza e il linguaggio è pensiero. Spesso si dice che il concetto è corretto, ma la forma scelta per esprimerlo è sbagliata e sarebbe stato preferibile comportarsi altrimenti. Comportarsi diversamente è un’opzione, ma bisogna essere consapevoli che il modo con il quale le cose vengono dette è la sostanza di ciò che si esprime. Cambiare il modo significa cambiare il contenuto.

Il metodo non deve essere uno strumento esterno alla vita che permette di comprendere la vita, come una rete che cerca di trattenere qualcosa nelle sue maglie, ma deve coincidere con l’insieme dei linguaggi attraverso i quali la vita si esprime e senza di essi la vita non potrebbe determinarsi. I linguaggi non sono strumenti, ma sono condizioni dell’apparire del mondo: ogni uomo vive ciò di cui si accorge, rispetto alla propria conoscenza e padronanza dei linguaggi.

Ogni forma (testo, formula, teoria, immagine, spartito) ha le stesse caratteristiche dell’opera d’arte ed è l’esito del processo del movimento di uno o più linguaggi (scrittura alfabetica, simbolo, colore, suono). Ogni forma educa ai linguaggi che le sono propri. I linguaggi possono essere condivisi, ma l’esercizio è sempre unico e singolare. Un linguaggio come l’alfabeto produce tipi di testi differenti (documenti giuridici, romanzi o poesie). Allo stesso tempo l’alterità sta, ad esempio, anche nella poesia stessa: la poesia di Montale è diversa da quella di Dante.

Il linguaggio non esprime soltanto le singolarità dei prodotti culturali, ma anche della persona. Ognuno ha il proprio stile, ovvero ognuno è il modo con il quale tocca ed insieme è toccato dal reale. Qualcuno domanda: «Come stai?». Un altro risponde: «Bene». Ci sono espressioni condivise che non hanno significati equivoci e le risposte tuttavia non hanno un unico significato valido per ogni persona, contesto o situazione, perché ciò che esprime il significato effettivo è il proprio stile, il modo d’essere di ognuno. Parole e gesti possono essere colti con puntualità da una sensibilità che sa leggere le tonalità dell’affezione: è necessario discernere quando è opportuno l’esercizio della logica che interpreta il mondo nell’alternativa tra bianco e nero e quando è opportuno cogliere le gradazioni di colori.

Opera d’arte come “sintesi”

L’opera d’arte è l’oggetto complesso che educa alla complessità del reale anche in quanto “sintesi” che genera una nuova sintesi: l’intuizione (pensiero creativo) si sviluppa in una forma (pensiero tecnologico) in movimento (pensiero critico). Il pensiero spirituale abbraccia le tre modalità del pensiero, perché è l’elemento di continuità che porta alla formazione della cultura personale.

Il metodo deve istruire riguardo la “scientificità” degli studi classici, poiché ogni linguaggio è l’esercizio corretto di una tecnica, e la “classicità” degli studi classici, poiché bisogna stimolare la capacità del pensiero dissonante e divergente: la conoscenza di idee che sanno mettere in discussione le conoscenze acquisite per rifigurare il sapere in modo nuovo.

Il primo rischio della scuola è l’astrattezza del contenuto, un sapere già confezionato che deve essere appreso e ripetuto dagli studenti. Il secondo rischio è la creatività senza metodo. L’originalità senza il metodo, che consiste nella grammatica del linguaggio, è esercizio che ricade su se stesso, nell’illusione data dal costruire il nuovo come “slegato da tutto” e non come dissonante e divergente in quanto capace di reinterpretare il limite del contesto. L’essenziale sta in due linee: ognuno è creativo se comprende i propri limiti, perché il limite non deve essere letto come “limitante”, ma come la misura del possibile, poiché non tutti possono fare tutto; c’è un dover essere, c’è un modo giusto performativo della prassi. Ogni fare è espressione di un pensare e ogni pensare è il risultato di un fare.

Il dialogo antico-contemporaneo

Nella vita come generazione ogni elemento è attuale in una mente che sa apprendere ed è possibile non leggere gli eventi soltanto in ordine cronologico, ma intuire le “costellazioni”, come ha insegnato Walter Benjamin, con le quali gli uomini dialogano attraverso i secoli per il loro comune sentire. Così nel sapere attuale la cultura antica interpreta la contemporaneità e la cultura contemporanea è una nuova chiave di lettura dell’antichità.