Dire, fare, insegnare
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"Cinemasofia" per studenti con bisogni educativi speciali

La docente di Storia e Filosofia Gloria Sica ha condiviso con Dire, fare, insegnare la sua idea per sfruttare il linguaggio del cinema e delle immagini con gli studenti con bisogni educativi speciali.

Inclusione  Grandi insegnanti 
10 febbraio 2021 di: Gloria Sica
copertina

Gloria Sica, docente di Storia e Filosofia, ci presenta il metodo didattico “Cinemasofia” come strumento per rendere accessibili agli alunni BES concetti astratti grazie a una strategia di Cooperative learning.

Il mio ultimo libro, dedicato agli allievi con bisogni educativi speciali, nasce dall’esperienza didattica sul campo, in decenni di insegnamento della Filosofia nei licei e dall’acquisizione di un Master relativo alla didattica inclusiva.

Il progetto “Cinemasofia” nasce, già nel 2002, con l’intenzione di coinvolgere gli studenti in un nuovo modo di imparare la filosofia, attraverso i film e con l’utilizzo di concetti-immagine, oltre che concetti-idea, secondo la concezione di Deleuze.

Le esperienze didattiche relative al progetto iniziale sono state pubblicate nel volume “Cinemasofia”, edito nel 2004, dopo la vittoria al concorso nazionale Cento Scuole della Fondazione per la Scuola – Educatorio Duchessa Isabella della Compagnia di san Paolo.

Applicare il metodo didattico di “Cinemasofia” agli allievi con bisogni educativi speciali ha costituito una sfida appassionante, che ha riguardato soprattutto i temi riguardanti l’autismo e gli studi di Temple Grandin. Infatti Temple Grandin afferma che, per le persone autistiche, le parole scritte risultano troppo astratte per poter essere ricordate. Essendo la filosofia una disciplina che riguarda essenzialmente il pensiero astratto, occorreva trovare una possibile strategia didattica inclusiva ed efficace anche nel caso di allievi con BES. Ecco perché ho pensato a “Cinemasofia”, una strategia didattica che utilizza prevalentemente immagini, come appunto avviene nei film.

Nel libro suggerisco anche di utilizzare questo metodo contro il bullismo o nelle situazioni di svantaggio linguistico e culturale, nella didattica a distanza, pur considerando che uno dei punti di forza di Cinemasofia è costituito dal Cooperative Learning e dunque la presenza è importante. Trattandosi di una metodologia flessibile, che definirei aperta a qualsiasi adattamento della reale situazione didattica, credo che ogni docente potrà piegarla alle esigenze dei propri allievi e sperimentare di volta in volta i benefici relativi alla motivazione, al rendimento, al coinvolgimento di ognuno. Forse il modo migliore di presentare Cinemasofia è proprio quello di partire da un esempio pratico, non tra quelli contenuti nei miei volumi, ma inedito.

Penserei alla visione del film “Lou Salomè” in una classe quinta liceo, sia come approfondimento relativo alla conoscenza del pensiero filosofico di Nietzsche che come introduzione a un modulo relativo alla filosofia al femminile. Ipotizziamo una classe in presenza, con presenza di studenti con BES, e adottiamo le strategie del Cooperative Learning. Divisi gli allievi in piccoli gruppi, si procede alla visione del film. Poi si forniscono le schede di valutazione predisposte dall’insegnante - la scheda è pubblicata nel mio libro – e si procede al lavoro cooperativo con il coinvolgimento di tutti, mentre il docente osserva e valuta lo svolgimento dei vari ruoli all’interno di ogni gruppo: incoraggiatore, praiser, cheerleader, gatekeeper, facilitatore, question domander, checker, taskmaster, recorder, reflector, quiet captain. Sarà poi fondamentale il momento della metariflessione, quando ogni singolo studente sarà invitato a riferire sul valore attribuito alla esperienza didattica.

Solo al termine di tutte le fasi del Cooperative Learningl’insegnante potrà contribuire a un approfondimento del tema trattato con una lezione partecipata e dialogata. Nel nostro caso, il rapporto amoroso e travagliato tra Lou Salomè e Nietzsche potrebbe risultare interessante e coinvolgente. Il testo potrebbe essere questo:

“FRIEDRICH E LOU, una storia d’amore?

“Pensammo male l’uno dell’altra?... Eravamo troppo lontani. Ma ora, in questa capanna piccolissima, attaccati al piuolo di un unico destino, come potremmo ancora esser nemici? Ci si deve pure amare, quando non ci si può sfuggire”.

Nietzsche intitola questi suoi versi, contenuti in “Poesie e frammenti poetici dell’autunno 1888”, “La strega” e come non pensare a Lou Salomé come musa ispiratrice? Il filosofo aveva incontrato la bella e intelligente giovane russa di origine finlandese a Roma, nel 1882. Lou si trovava in Italia per dimenticare una delusione amorosa e il primo a incontrarla fu Paul Rée, grande amico di Nietzsche, nel salotto di Malwida von Meysenburg. Restiamo veramente stupiti nell’apprendere che sia Paul che Malwida si convinsero subito che Lou fosse la donna ideale per Friedrich e glielo scrissero, tessendone le lodi e stimolando la sua curiosità.

Non era la prima volta che Nietzsche pensava a una relazione amorosa: nel 1876 aveva rivolto una domanda di matrimonio a Matilde von Trompedach, che aveva conosciuto attraverso il musicista Hugo von Senger, e nel 1877 aveva progettato il matrimonio con Natalie Herzen, poi rifiutata perché aveva già 30 anni. Nelle lettere di Paul e Malwida, Lou gli viene presentata come una ragazza molto particolare, come una persona straordinaria ed energica, incredibilmente intelligente, pur con tratti di carattere molto femminili, al punto che Nietzsche scriverà in risposta di aver sete di un’anima così.

D’altra parte, anche Lou era molto incuriosita dall’incontro con il filosofo e alla fine i due si conobbero a Roma il 20 aprile 1882. E lì, a san Pietro, folgorato da quella ragazza, Nietzsche esclamò: “Da quali stelle siamo caduti per incontrarci qui?”. Un colpo di fulmine? Nel periodo in cui Friedrich amava moltissimo la “Carmen”di Bizet, egli forse trovò in Lou lo stesso spirito libero di Carmen. Inoltre il filosofo era allora in cerca di una persona giovane ma abbastanza intelligente e istruita per poter lavorare insieme, come una discepola ideale.

I due decisero di compiere un viaggio in Svizzera, accompagnati da Paul e dalla madre di Lou. Nella sosta a Orta sarebbe avvenuto l’episodio più emblematico di questa relazione cosi particolare, tanto particolare da non potersi definire semplicisticamente amorosa: il bacio sul Sacro Monte. Il bacio, che segnò in modo indelebile l’animo del filosofo, al punto da fondare la sua teoria dell’eterno ritorno dell’uguale sulla possibilità di ripetere infinitamente quell’istante, in realtà viene messo stranamente in dubbio dalla stessa Lou; infatti, molti anni dopo, nelle sue memorie, lei scriverà di non ricordare se avesse baciato o meno Nietzsche sul Sacro Monte. Sembrerebbe dunque che il bacio avesse significato molto di più per il filosofo che per la giovane discepola, una discepola che lui vedeva anche come possibile erede e continuatrice del suo pensiero.

A complicare il tutto si aggiunge il fatto che anche Paul si era innamorato di Lou e Friedrich non lo sospettava minimamente, al punto da chiedere proprio all’amico di rivolgere alla giovane russa la sua prima proposta di matrimonio. La seconda proposta, anche questa rifiutata, la fece invece personalmente a Lucerna. Il secondo rifiuto contribuì molto al peggioramento dello stato di salute del filosofo e la cosa si aggravò nel 1883, con la rottura definitiva dei rapporti con Lou, a causa della madre e della terribile sorella di Friedrich, Elisabeth. All’inizio di agosto 1882, Nietzsche si trovava a Tautenburg e qui lo raggiunsero Lou ed Elisabeth. La gelosissima sorella cominciò subito a seminare discordia, facendo dubitare il fratello sul rapporto che legava Lou e Paul. Ma Friedrich, pur soffrendo moltissimo per queste insinuazioni, incolpava di tutto l’amico e non la giovane russa. Allora Elisabeth portò dalla sua parte anche la madre, la quale si rifiutò di ricevere Lou in casa, a causa dei suoi pregiudizi moralistici. E Nietzsche preferì parteggiare per Lou, rompendo con le due terribili donne ed esprimendo tutto il suo dolore per il trattamento che gli avevano riservato.

Da parte sua Lou si rimproverava di non essere stata più decisa nel primo rifiuto, dal momento che, per non ferire troppo il filosofo, gli aveva lasciato credere che Paul non le avesse riferito la proposta. Così Nietzsche aveva potuto coltivare l’illusione di poter essere ricambiato da quella giovane donna, che lui ammirava moltissimo per le eccezionali qualità intellettuali.

Nel 1882 Lou e Friedrich composero insieme l’“Inno alla vita”, un inno per coro e orchestra. Nietzsche aveva scritto la musica e Salomé il testo, un testo che il filosofo esalta in “Ecce homo”, sperando che le sue note possano essere all’altezza di quelle parole sublimi: “Non hai più altra felicità da darmi, bene! Hai ancora la tua pena”, parole che fanno elaborare al filosofo la teoria secondo la quale il dolore non è una obiezione alla vita.

Nell’ottobre del 1882 il filosofo incontrò per l’ultima volta Lou e Paul, a Lipsia; ormai egli si sentiva un terzo incomodo tra i due e, alla fine dell’anno, scrisse a Lou una lettera piena di rimproveri per il suo comportamento. Quello spirito libero, che era stato la causa del suo innamoramento, ora diventava la prima causa del suo dolore e della sua delusione.

Bisogna anche sottolineare che spesso il rapporto tra i tre amici è stato malignamente interpretato, come a esempio nel film “Al di là del bene e del male “di Liliana Cavani, mentre la verità non si può ricostruire con certezza perché la documentazione sulla relazione tra Friedrich, Paul e Lou è lacunosa e può dunque condurre all’errore.

Quale fu allora la vera natura del rapporto tra Nietzsche e Lou Salomé? Forse non lo sapremo mai, ma possiamo leggere le parole che il filosofo scrisse in una lettera senza data indirizzata a Ida Overbeck, probabilmente verso la fine dell’estate 1883:

“E ancora una parola sulla signorina Salomè. A parte la luce idealistica in cui mi fu presentata (da Malwida von Meysenburg), cioè come una martire della conoscenza quasi fino dalla fanciullezza, anzi come un’eroina più ancora che una martire, ella è e rimane per me una natura di prim’ordine, che è eterna disgrazia vedere così sciupata. Secondo l’energia della sua volontà e l’originalità del suo spirito ella era fatta per qualcosa di grande: certo, con la sua moralità effettuale, il carcere o il manicomio potrebbero essere i luoghi più adatti per lei. A me ella manca, persino nelle sue cattive qualità: noi eravamo così diversi, da poter trarre sempre qualcosa di utile dai nostri colloqui, non ho trovato nessuno così libero da pregiudizi, così intelligente, così preparato per il mio genere di problemi. Da allora è come se io sia stato condannato al silenzio o ad una sorta di ipocrisia umanitaria nei rapporti con tutti gli uomini”. (Cfr. Gloria Sica, “Nietzsche e le donne, ovvero la donna in Nietzsche”, Bianchini editore, 1987, pag. 35)

Fu dunque veramente amore quello che legò Friedrich a Lou? Non certo nel senso comune ai più, come ritiene anche uno dei maggiori studiosi del filosofo tedesco, Mazzino Montinari.

Nel 1889 ci fu il crollo psichico definitivo di Nietzsche, ricoverato prima nella clinica per malattie mentali di Basilea e poi nel manicomio di Jena.

Uno dei celebri biglietti della follia, scritto dal filosofo prima di morire e firmato Dionysos, contiene queste poche ma significative parole: “Ti amo, Arianna” ed Arianna era il nome con il quale veniva indicata Cosima Wagner nel circolo di Bayreuth frequentato dal giovane Nietzsche fino alla sua rottura con Richard, causata dalle critiche del filosofo al “Parsifal”.

Dunque Cosima e non Lou era nei pensieri del povero Friedrich malato e giunto al termine della sua vita.

Da parte sua, Lou, già nel 1894, aveva pubblicato il suo libro su Nietzsche, nel quale si occupava essenzialmente del pensiero del filosofo, vedendolo permeato di religiosità, quasi di misticismo, comunque di una religiosità della conoscenza. Una lettura molto interessante ma che lascia poco spazio al romanticismo o a ricordi di tipo sentimentale.

Possiamo dedurre che il rapporto tra Friedrich e Lou è unico, non si può incasellare sotto qualche etichetta. Forse i due provenivano davvero da qualche stella e il vero miracolo è stato il loro incontro, un incontro di menti e di anime, che ha segnato le loro vite in modo indelebile nella sua eccezionalità. E ricordiamo che Nietzsche aveva scritto, in “Al di là del bene e del male”, (237): “Sino ad oggi le donne sono state trattate dagli uomini come uccelli che da una qualche altezza si sono smarriti giù in basso fino a loro: come una cosa più delicata, più fragile, più selvatica, più strana, più dolce, più ricca di sentimento, ma anche come qualcosa che si deve imprigionare perché non se ne voli via”. Ecco, Lou era volata via, da vero spirito libero quale era, e Friedrich l’aveva amata nel modo giusto per lasciarla andare.

A questo punto tutti gli allievi potranno dibattere su quanto nel film li ha agevolati nella conoscenza delle personalità di Lou e Friedrich e potranno anche trattare la tematica dell’amore in filosofia, da Eros alla Agape. Dedicando poche ore curricolari allo svolgimento del modulo didattico su Nietzsche e Lou Salomè, l’insegnante potrà ottenere ottimi risultati sia in termini di svolgimento di argomenti programmati che, soprattutto, in quelli di rendimento e coinvolgimento degli allievi, anche di quelli che, in una scuola caratterizzata solo da didattica di tipo frontale, risulterebbero svantaggiati e resterebbero indietro.

Ecco perché credo in Cinemasofia.