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Impro Conversation: (re)imparare a giocare per parlare una lingua straniera

Mike Manchester con il progetto Impro Conversation usa l’improvvisazione teatrale nelle scuole come palestra linguistica, per imparare la lingua giocandoci insieme.

Metodologie  Esperienze di insegnamento 
30 settembre di: Mike Manchester
copertina

Da piccoli, per imparare a parlare tutti noi osserviamo i nostri genitori, e pian piano iniziamo a ripetere le loro parole, facendo attenzione alle espressioni, i toni, le emozioni, e all’ordine delle parole. A un certo punto aggiungiamo un elemento fondamentale: iniziamo a giocare.

Una conversazione tra bambini di 2 o 3 anni è una meravigliosa follia fatta di esperimenti, errori e immaginazione. Quando i bambini parlano, emulano tutto ciò che hanno assorbito intorno a loro: in un certo senso, interpretano personaggi (reali o immaginari)a partire dall’input ricevuto. Guardano, sentono,sperimentano e giocano.Sappiamo che il gioco è fondamentale nello sviluppo umano, e quindi anche nello sviluppo linguistico, eppure più cresciamo più ci allontaniamo dal gioco e, dalla Primaria in poi, iniziamo a introdurre regole e correzioni.

Quest’anno mio figlio inizierà con la Secondaria di I grado lo studio del francese. È già bilingue, poiché parla italiano e inglese, ma la domanda resta: riuscirà davvero a parlare francese? Forse imparerà come funziona questa lingua, ma difficilmente inizierà a usarla come ha fatto con l’italiano e l’inglese, sperimentandoli senza conseguenze in un mondo immaginario prima di focalizzarsi sulla grammatica.

Ecco il punto: sapere come funziona una lingua non significa saperla usare per comunicare. Le regole grammaticali hanno il loro posto, certo. Ma dobbiamo davvero rinunciare del tutto ai mondi fantastici e immaginari? Io non credo.

Un esperimento iniziato quasi per caso

Cinque anni fa, durante il periodo del COVID, i programmi per studenti stranieri che seguivo erano stati interrotti e lavoravo come lettore madrelingua di Inglese in una Secondaria di I grado. Cercando attività coinvolgenti per i miei studenti, mi sono imbattuto in alcuni giochi di improvvisazione teatrale.

Le attività chiedevano di immaginare personaggi e inventare mondi insieme. Funzionò benissimo: far parlare in inglese dei ragazzi tra di loro non è facile, ma attraverso quei primi giochi ho intravisto un modo nuovo di rendere le lezioni vive, imprevedibili e profondamente umane, come lo è ogni lingua.Ho iniziato così un percorso personale per riscoprire il gioco attraverso l’improvvisazione teatrale. Ho ritrovato la libertà di esplorare idee folli, di sbagliare, e di collaborare. Ho imparato di nuovo a giocare con gli altri e a comunicare con loro.

L’impro come palestra linguistica

L’improvvisazione teatrale o impro, come si dice in gergo, non solo divertentissima, ma è anche uno strumento didattico potentissimo.È già molto usata in ambito aziendale per migliorare la collaborazione nei team, e tra i manager per potenziare le capacità di leadership. Ho iniziato a frequentare i corsi di ImproJungle a Bologna con un obiettivo diverso: capire come usare l’impro per insegnare l’inglese.



All’inizio pensavo che sarebbe stato semplice adattare gli esercizi all'insegnamento linguistico. Invece ho capito che da adulti, e purtroppo anche da adolescenti, facciamo fatica a giocare, immaginare e creare insieme. Se un bambino, quando dice “io sono un cavaliere!”, nella sua testa e in quella dei suoi compagni di gioco lo è davvero, un adulto non riesce a immergersi nella finzione e si sente ridicolo. È proprio questa però la magia dell’improvvisazione: accettare l’immaginazione dell’altro come verità, anche solo per giocare insieme.

Se vogliamo parlare una lingua, dobbiamo immaginare una versione di noi stessi che la parla. Dobbiamo credere nella versione di noi stessa che ancora non c’è. Per farlo, dobbiamo esercitare i suoni, ascoltare, reagire con il corpo e con le emozioni. L’impro crea una palestra sicura dove tutto questo è possibile proprio come abbiamo fatto da bambini con la nostra lingua madre.

Impro Conversation

Nell’autunno del 2024 ho fatto un passo in più. Ho creato Impro Conversation, il mio progetto ufficiale di impro per imparare l’inglese, e ho avviato per due piccoli gruppi di adulti coraggiosi otto lezioni. Ho spiegato subito ai partecipanti che era un esperimento: l’obiettivo era creare lezioni che rispecchiassero la struttura di una sessione d’improvvisazione, con l’inglese come lingua di lavoro. Un ibrido tra una lezione d’impro e una d’inglese, o meglio, due lezioni in una.

Insegnavo le basi dell’improvvisazione per far funzionare gli esercizi, ma nel frattempo annotavo, correggevo il lessico, proponevo alternative e tra un esercizio e l’altro riflettevamo su come esprimere meglio certi concetti in inglese. Partecipavo anch’io agli esercizi per offrire un esempio diretto di uso della lingua da madrelingua.

Ho riproposto quindi l’idea alla stessa scuola di Bologna dove avevo lavorato qualche anno prima. Per l’anno scolastico 2024/2025 ho potuto sperimentare l’approccio con tutte le classi seconde e terze (10 sezioni in totale) durante le ore di lettorato.Ho dovuto adattare gli esercizi all’età e al numero di studenti, ma l’esperienza è stata estremamente positiva e con la scuola proseguiremo il progetto anche quest’anno.

Nel prossimo articolo su Dire, fare, insegnare racconterò gli esercizi, le strategie e le osservazioni raccolte durante questo primo anno di sperimentazione. C’è ancora tanto da mettere a punto, ma credo davvero nel potenziale dell’impro come strumento per l’insegnamento delle lingue. Non è mai troppo tardi per (re)imparare a giocare!