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Alunni in formato “standard”: la prova nazionale svedese

Elisa Bastiani racconta come si svolgono gli esami di Stato svedesi, tra bisogno di correttezza giuridica e giudizi buonisti.

Problematiche scolastiche  Scuole nel mondo 
02 maggio di: Elisa Bastiani
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Chi ricorda l'emozione dell’esame di quinta elementare? Io, malgrado le mie due lauree, lo ricordo ancora come uno dei momenti più emozionanti della mia vita e, contemporaneamente, uno dei momenti che mi hanno reso più orgogliosa di me stessa. Da bambina timida, la mia più grande vittoria è stata parlare della vita del panda cinese, l’argomento della mia ricerchina, davanti ad adulti sconosciuti che rappresentavano lo Stato italiano nella valutazione delle mie competenze.

La cosa veramente interessante degli esami di Stato di qualsiasi tipo, grado e livello è infatti la certificazione delle competenze dell’individuo, non solo tramite gli insegnanti che lo seguono da sempre e che svolgono un ruolo cruciale nella sua preparazione, ma anche tramite i rappresentanti statali delle commissioni e sottocommissioni che funzionano come garanti dell’oggettività nella valutazione. L’esame fornisce infatti, qualora promossi, un documento di valore giuridico all’individuo che lo seguirà per tutta la vita e che funzionerà come chiave di accesso agli studi superiori.

Inoltre, i dati raccolti durante gli esami di stato servono come parametro di confronto a livello locale, nazionale e internazionale per monitorare educazione della società tutta. La Svezia di oggi lotta cercando questa oggettività giuridica e scientifica, ma la privatizzazione del sistema scolastico e l’eliminazione delle commissioni esterne costituiscono due grossi ostacoli.

Dall’esame statale del primo ciclo alla "nationella provet"

L’istituzione nel 1927 di un esame statale di ammissione alla realskola, l’equivalente delle nostre scuole medie, con lo scopo di certificare obiettivamente le conoscenze di base della scuola elementare, è stato il primo passo dello stato svedese alla ricerca di sistemi di valutazione giuridicamente corretta e quanto più oggettiva possibile. Immediatamente dopo la sua istituzione però, furono sollevate critiche secondo le quali l’esame alla realskola sarebbe stato ingiusto, poiché favoriva le famiglie più agiate che pagavano insegnanti privati per la preparazione dei bambini; e impraticabile, perché bambini così piccoli non erano in grado di sostenerne lo stress.

Nel 1939, si passò a un sistema più moderno, dove il voto finale della scuola primaria di primo grado, la grundskolan, veniva assegnato dagli insegnanti che avevano seguito gli alunni durante tutto il ciclo e questo voto era la base per l’ammissione al livello successivo. Per garantire un giudizio equo, si introdusse anche una “prova standard” strutturata centralmente dal Ministero dell'Istruzione, ma corretta dagli stessi insegnanti degli studenti, che avrebbero poi dovuto usarla come base per determinare il voto finale.

Questo sistema, nonostante piccoli cambiamenti e modifiche, è sostanzialmente ancora in vigore e si chiama oggi “nationella provet” o prova nazionale. La prova nazionale è obbligatoria per le materie di svedese, inglese, matematica, scienze e storia all’ultimo anno della scuola dell’obbligo (età 15 anni) mentre al ginnasio cade l’obbligatorietà per scienze e storia. Nel 2008 è stata inoltre istituita la prova nazionale di svedese e matematica in terza elementare (età 9 anni), e nel 2011 la prova nazionale di svedese, matematica e inglese in sesta elementare(ultimo anno delle elementari, età 12 anni).

Il preside, in collaborazione con il collegio dei docenti, può decidere quali altre prove standard effettuare nell’istituto scolastico oltre a quelle obbligatorie, ma i dati indicano che il numero di prove standard richieste dagli istituti scolastici, sebbene ancora elevato, tende a diminuire di anno in anno.

Nel grafico qui sotto, i risultati di una ricerca che domandava "Sei stressato per la prova nazionale?", con in alto la risposta data più volte dagli studenti: "Sì, molto".

Critiche alla prova nazionale

Gli insegnanti hanno un rapporto di amore-odio con la prova nazionale. La prova viene effettuata a metà del semestre, il che comporta la perdita di un’infinità di ore di lezione in classe e l’aggiunta di altrettante ore di lavoro di correzione per gli insegnanti. Inoltre, gli insegnanti spesso riferiscono che i testi delle prove, formulati dalle università del Paese, sono molto più complessi del livello reale di competenze degli studenti. Ragazzi e ragazze li percepiscono tra l’altro come frustranti e stressanti, risultando disconnessi dalla realtà della scuola e di conseguenza non utilizzabili come base per una valutazione finale accurata.

Diversi ricercatori criticano invece la struttura stessa della prova sostenendo che misura non tanto la complessità delle conoscenze e competenze in una materia, ma offre soltanto un “assaggio” della prestazione dell’alunno in un determinato momento, cioè quello a metà anno durante il quale si sta effettuando la prova. Va aggiunto che anche la validità giuridica è messa in discussione poiché alcune parti della prova nazionale possono essere preparate a casa, magari con l'ausilio di un AI, e che le scuole private tendono a valutare i propri allievi con parametri troppo flessibili, denominati glädjebetyg (letteralmente “i voti gioiosi”).

Nell'immagine qui sotto, il servizio di un telegiornale svedese dal titolo "I voti gioiosi distruggono".

La prova nazionale come “meglio di niente”

Allora, perché le scuole continuano a utilizzare la prova nazionale? O, altrimenti, perché non tornare, almeno in parte, a esaminatori esterni? La risposta alla prima domanda è semplice: gli insegnanti nelle scuole pubbliche del new public management e gli insegnanti delle scuole private sono sempre più sotto attacco da parte di genitori e studenti-clienti che richiedono favoritismi e “voti gioiosi”. La prova nazionale offre sostegno al giudizio degli insegnanti ed evita che le loro valutazioni vengano messe in discussione continuamente. La prova quindi, malgrado tutte le elasticità di valutazione, svolge ancora un minimo di funzione di controllo di oggettività e valore giuridico.

La risposta alla seconda domanda, perché non tornare a valutatori esterni, è invece più complessa, e qui mi permetto di esprimere il mio parere da professionista dell'insegnamento in Svezia. Anni di prove corrette da insegnanti vicini agli alunni, pressati dal sistema alunno-cliente a salvare piuttosto che bocciare, anche quando i parametri per passare non ci sarebbero, hanno abituato la società svedese a un sistema scolastico che non ammette selezioni, se non parzialmente nell’ammissione a determinati ginnasi di punta e all’università.

Gli alunni sono quindi spinti in avanti attraverso i vari livelli della scuola senza le conoscenze e le competenze richieste dal livello e dal grado. Qualora si tornasse a valutatori esterni, si avrebbe un calo notevole nei risultati nazionali a tutti i livelli e questo comporterebbe conseguenze politiche, organizzative e sociali difficili da prevedere ma sicuramente spiacevoli per tutti.