Dire, fare, insegnare
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Creatività e gradualità emotiva a scuola

Asteria Bramati spiega come la creatività parta dal cervello e perché sia fondamentale per comprendere le emozioni di studenti e studentesse.

Metodologie 
08 aprile di: Asteria Bramati
copertina

Creare è vivere due volte (A. Camus)

Alcuni scienziati ritengono che la creatività non sia un argomento che merita di essere studiato all'interno delle neuroscienze, in quanto troppo “incorporea” e per questo non pertinente allo studio scientifico. Non sono d’accordo: la capacità dell’uomo di creare soluzioni “creative” ai problemi che si presentano nella vita di ognuno di noi denota un uso innegabile del cervello.

Paul Valery diceva: “il massimo poeta possibile è il sistema nervoso: l’inventore del tutto, ma, piuttosto l’unico poeta”. Le ricerche neurologiche mettono in evidenza che la creatività non si trova in una sezione distinta del cervello, ma che il processo creativo implica condivisione di diverse regioni e prevede un “concerto” (musicale) di attività neuronali a livello celebrale.

Il cervello per orientarsi nella realtà è tenuto a eliminare costantemente le informazioni irrilevanti e a porre la giusta enfasi e attenzione sulle informazioni in arrivo ritenute rilevanti. Questa capacità di ignorare certe informazioni si chiama inibizione latente: essa è cruciale in quanto il cervello vuole dare ordine a ciò che i nostri sensi percepiscono. I soggetti che hanno bassi livelli di inibizione latente sono però avvantaggiati quando si tratta di produrre contenuti creativi e originali.

Secondo una ricerca condotta dall’Università di Toronto e da quella di Harvard le persone originali restano più a contatto con le informazioni “extra” che fluiscono costantemente dall’ambiente (colori, odori, forme…), come se riuscissero in modo imprecisato a cogliere tutte le sfumature di ciò che li circonda invece di eliminare ciò che non serve. In passato, gli scienziati hanno associato tale incapacità di schermarsi dall’eccesso di stimoli esterni con un tipo di psicosi. Oggi, invece, se questo fattore è unito ad alti livelli di intelligenza, solitamente è associato a molti fattori di creatività.

Docenti esperti di emozioni

Ma chi è la persona creativa? Se, da un lato, chi sa formulare idee creative deve selezionare la propria attenzione per cogliere l’Elemento che fa la differenza (Ken Robison), innescando l’effetto eureka, dall’altro lato la persona creativa ha una caratteristica psicologica importante: quella cioè di saper cogliere non solo la globalità della persona che ha di fronte, come generalmente facciamo, ma anche le sfumature delle emozioni nella loro interezza.

Non a caso, le idee creative sono legate a quelli che gli psicologici chiamano la gradualità emotiva. Quest’ultima assomiglia alla capacità di degustazione dei vini: gli intenditori percepiscono variazioni di sapore estremamente sottili, che invece, ma la maggior parte delle persone non sanno distinguere. Allo stesso modo, per indurre la creatività a scuola gli insegnanti devono possedere una elevata gradualità emotiva, cioè, devono essere degli esperti di emozioni.



Il loro cervello deve cioè essere in grado di costruire automaticamente esperienze emotive con sottili differenze, come per esempio tra l’essere sorpreso o sbalordito. Se è vero che la maggior parte degli insegnanti sa cogliere i tratti emotivi principali dei propri studenti, non tutti sanno cogliere tutti i sottili fili emotivi dei giovani. Come ci dice Isabel Allende, “la vita è un arazzo e si ricama giorno per giorno con fili di molti colori, alcuni grossi e scuri, altri sottili e luminosi, tutti i fili servono”. Se il cervello degli insegnanti è in grado di costruire automaticamente emozioni diverse e creare distinzioni sottili tra loro, vuol dire che sono in grado di personalizzare le emozioni degli studenti in base alla situazione. In questo modo, il docente è attrezzato a livello professionale per anticipare e percepire le emozioni dei propri alunni in un batter occhio.

Le ricerche neuroscientifiche confermano infatti che più emozioni un individuo conosce, più il cervello può costruire automaticamente e in modo preciso un significato emotivo deducendolo delle azioni degli altri, compresi quelli gli studenti. E questo non solo grazie all’esistenza dei neuroni-specchio, ma anche per l’uso dei neuroni di simulazione. Se i primi sono legati ai meccanismi dell’empatia e sono cruciali nella costruzione del Sé in rapporto alle emozioni e alle sensazioni degli altri, i secondi riguardano l’apprendimento sociale, cioè quello che avviene in gruppo, come a scuola.

In un recente studio condotto dall’Università di Cambridge si è scoperta l’importanza del secondo tipo di neuroni. Se i neuroni-specchio, che risiedono fondamentalmente nella corteccia premotoria, reagiscono a particolari azioni, osservate oppure svolte in prima persona, i neuroni della simulazione che si trovano nella amigdala prevedono decisioni dei pari ancora prima che accada qualcosa e sono quindi decisivi per quanto riguarda i meccanismi dell’attenzione sociale.

Quest’ultima costituisce uno degli elementi cruciali per creare insieme qualcosa di innovativo. Non a caso, come dice Steve Jobs, “la creatività è mettere in connessione le cose”.