Dire, fare, insegnare
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Scambiarsi racconti. Una sperimentazione didattica

Giusi Palazzo ha sperimentato con una classe di liceo la strategia didattico-motivazionale basata sullo scambio di storie e ispirata dal maestro Manzi.

Secondaria  Esperienze di insegnamento 
20 marzo di: Giusi Palazzo
copertina

Le suggestioni offerte dalla pratica educativa di Alberto Manzi, che in questo articolo abbiamo legato a una strategia didattico-motivazionale che coinvolge l’emotività degli studenti, portano a perseguire la formazione come un progetto articolato e diffuso attraverso l’individualizzazione e la personalizzazione. L’attenzione prestata alle specificità affettive, culturali e sociali degli studenti stimola processi personali di elaborazione dei dati acquisiti e di costruzione delle conoscenze, tali da indurli alla significatività dei saperi assimilati.

A partire da quel bisogno e da quell’istinto tutto umano di scambiarsi storie e memorie, attraverso le quali le nostre esperienze si intrecciano alle altre e si arricchiscono di altre, la cultura può rendere abitabile il mondo attraverso il racconto. La parola raccontata consente di vincere resistenze, di aprire varchi, inondando il territorio inviolato della nostra intimità. E se è vero che l’atto della lettura avviene per lo più in solitudine, tale relazione esclusiva produce altre relazioni, perché desideriamo parlare di quel romanzo, confrontarci e arricchire la nostra lettura con le letture degli altri.

Non a caso George Steiner affermava: “Leggere bene significa essere letti da ciò che leggiamo”. Non è un’esperienza facile, perché dinanzi ai nostri occhi possono sgretolarsi le nostre certezze e venire svelate le insidie di stereotipi rassicuranti. Il testo letterario si connota invece come modalità per ricostruire un sentire collettivo e dare forma e voce alle domande di senso soggettive.

Calvino nelle Lezioni americane sosteneva che “la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo”. Se la tendenza alla semplificazione delle formule comunicative e alla riduzione del reale ha privato il linguaggio della sua ambivalenza, il terreno dell’arte e della letteratura, nelle sue molteplici espressioni, ci riconsegna allora a uno spazio in cui le forme riconoscibili di un modello culturale si connettono all’alterità magmatica.

Leggere, valutare, raccontare

Una sperimentazione svolta nel Liceo statale Q.O. Flacco di Portici (Napoli) e basata su questa impalcatura teorica complessa e multisfaccettata, nella consegna agli studenti ha goduto di un immediato consenso. In accordo con una casa editrice, che bandiva un concorso letterario per racconti brevi, una classe del secondo biennio si è qualificata come giuria popolare. Gli studenti, divisi in gruppi da tre, dovevano leggere, scambiarsi opinioni e pareri sulla qualità letteraria del racconto sopposto al loro giudizio e infine emettere una “sentenza”, ossia una valutazione che consentiva al racconto di passare a una successiva selezione oppure fermarsi a quello step.



A ogni gruppo veniva consegnato un racconto, che tutti leggevano individualmente, dopodiché c’era la fase della consultazione e della lettura condivisa. Agli studenti era stata consegnata una tabella valutativa del racconto che teneva conto di tre indicatori: efficacia linguistica, pervasività della trama, sviluppo coerente dei personaggi. Successivamente ogni capogruppo aveva il compito di presentare il proprio racconto anche agli altri gruppi, per condividere suggestioni, emozioni e giudizi.

Una parte della classe era stata esclusa dal “lavoro” di giuria, perché era prevista un’alternanza: dopo la selezione svolta dai primi gruppi si sarebbero aggiunti gli altri gruppi. In realtà, gli studenti “a riposo” svolgevano inconsapevolmente la funzione di gruppo di controllo, per monitorare l’efficacia della strategia didattica dello scambiarsi storie.

Concluso il lavoro di giurati, gli studenti furono invitati a compilare gruppi di test che avrebbe verificato se le competenze cognitive e relazionali degli studenti erano migliorate rispetto alla situazione di partenza. A prescindere dai risultati dei test, che dimostrarono la qualità della sperimentazione, i voti degli studenti al secondo quadrimestre subirono un incremento in molte materie, e allo stesso tempo anche le relazioni fra studenti risultarono migliorate.

Conclusioni

Colmare le distanze per raggiungere e includere tutti: potrebbe essere reso così, sinteticamente, lo scopo dell’azione educativa di Alberto Manzi. Le distanze che egli ha colmato sono state contemporaneamente sia fisiche che morali, culturali e spirituali, perché ha operato per favorire l’istruzione e la valorizzazione di tutti coloro che vivevano ai margini della cultura alfabetica, coniugando un approccio teorico moderno e pratiche didattiche che di volta in volta si piegavano e adattavano ai contesti più diversi.

La speranza è che la nostra sperimentazione, abbracciando lo spirito di un’azione educativa rispettosa della dimensione emozionale e sempre attenta al tessuto relazionale, possa offrire uno spunto significativo per le scuole.

Bibliografia

  • I. Calvino, Molteplicità, in Lezioni americane, Garzanti, Milano, 1988
  • G. Steiner, Una lettura ben fatta, in Nessuna passione spenta. Saggi 1978 – 1996, Garzanti, Milano, 1997
  • M. Trevi, Metafore del simbolo, Raffaello Cortina, Milano, 1986