Dire, fare, insegnare
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Ci chiamavano banditi

Guido Petter

Dalla memoria alla storia: la Resistenza in prima persona per le nuove generazioni.

12 settembre di: Redazione
Recensione

Come avvicinare la storia del Novecento a studenti e studentesse della Scuola secondaria di primo grado? Spesso la storia tradizionale appare distante, fatta di date e nomi che sembrano non avere nulla a che fare con la vita di tutti i giorni. Le autobiografie, invece, permettono di entrare nel passato attraverso le parole di chi lo ha vissuto, trasformando i grandi eventi storici in esperienze concrete e umane.

In quest’ottica Ci chiamavano banditi di Guido Petter è un esempio prezioso. Partigiano durante la Resistenza al nazifascismo in Italia, l’autore racconta la sua esperienza intrecciando episodi di vita quotidiana, entusiasmi e delusioni della vita da partigiano. Scritto alcuni anni dopo la fine della guerra e pubblicato nel 1978, il libro (oggi edito da Giunti) conserva intatta la sua forza narrativa e resta una lettura perfetta per ragazzi e ragazze di questa fascia d’età.

Con autenticità e senza retorica, Petter descrive le sue scelte: a soli diciassette anni decise di rischiare tutto per la libertà e la democrazia. Attraverso la sua storia è quindi possibile immergersi nella realtà di una giovinezza fatta di scelte radicali e difficili. Le sue pagine non sono una cronaca fredda o un manuale, ma un insieme di ricordi, emozioni, paure e speranze che restituiscono il clima di un’epoca e la responsabilità di chi non volle restare indifferente.

Per i giovani lettori e le giovani lettrici di oggi, l’incontro con la sua esperienza significa scoprire la storia attraverso lo sguardo di un coetaneo che, in circostanze straordinarie, ha avuto il coraggio di scegliere. È una lezione di memoria, ma anche un invito attuale a riflettere sui valori di libertà, partecipazione e democrazia.

Autore: Guido Petter

Voto:

5