Dire, fare, insegnare
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"Sperimentare la scuola". Una raccolta di buone prassi

Il dirigente scolastico Guido Boschini e il docente Luca Sarasini raccontano la sperimentazione avvenuta nell’Istituto tecnico industriale Cobianchi di Verbania dal 1974 a oggi.

Esperienze di insegnamento 
03 aprile 2023 di: Redazione
copertina

Come ha avuto avvio la sperimentazione? Quali erano gli aspetti della scuola che la sperimentazione voleva modificare e in che modo si proponeva di farlo?

Nel 1974 un gruppo di insegnanti dell’Istituto tecnico industriale Cobianchi di Verbania, su impulso del Ministero della Pubblica Istruzione e con l'incentivo del Preside del tempo, ideò un originale modello di scuola secondaria superiore, che permettesse di modernizzare l’istruzione, sentita in quegli anni come obsoleta e bisognosa di innovazione. Ciò che animò fin dagli esordi tale progetto fu l’idea di una scuola superiore unitaria, che superasse la distinzione tra istruzione tecnico-professionale e liceale e che anzi si avvantaggiasse del reciproco concorrere delle diverse culture umanistica, scientifica, tecnica e professionale ai fini della formazione educativa più ampia, approfondita, e omnicomprensiva possibile. La scuola secondaria superiore si proponeva dunque di assicurare una formazione culturale e anche professionale di base che consentisse sia l'inserimento nel mondo del lavoro, sia l'accesso agli studi universitari.

Come si è evoluta nel corso degli anni la sperimentazione, e a quali risultati ha portato?

Dopo i primi anni è stato evidente che la riforma della scuola superiore non si sarebbe realizzata in tempi brevi. Alcuni indirizzi furono assorbiti dalle cosiddette sperimentazioni assistite (Ambra e Abacus) o dal Progetto Brocca. I corsi di Scienze umane e sociali e Linguistico moderno invece rimasero all’interno della sperimentazione fino alla riforma Gelmini. In questi anni si sperimentarono le molteplici modalità di scuola, che vengono descritte nei vari capitoli del libro Sperimentare la scuola – Storie di buone prassi. Ci si è concentrati per esempio sul metodo di studio, sulla valutazione degli apprendimenti, sull’apprendimento tra pari e sulla didattica della ricerca. Tutti gli insegnanti sostanzialmente hanno contribuito a una continua attività di ricerca-azione, di formazione continua sul campo e di produzione di materiali.

In che modo il volume Sperimentare la scuola può essere utile alle scuole e ai docenti?

Le esperienze che vengono descritte e le modalità con cui sono state condotte assumono ancora più valore se slegate dalla particolare cornice storica dell’esperienza sperimentale; infatti, grazie al Regolamento sull’autonomia scolastica, tutte le scuole possono ancora oggi condurre simili esperienze e improntare le proprie attività sulla condivisione, sul lavoro in équipe e sulla ricerca didattica.

A vostro parere, qual è oggi l’emergenza più grande che la scuola deve risolvere? E come proporreste di farlo?

Crediamo che le due grandi sfide che la scuola deve affrontare non siano emergenziali, ma di natura sistemica. La prima è il cambiamento sociale, culturale e antropologico che, come descritto dallo psicanalista Gustavo Pietropolli Charmet, ci ha condotti da un modello edipico, fondato sul principio del dovere, a uno narcisistico, fondato su quello del piacere. Oggi la scuola è un’istituzione che si rivolge a una società narcisistica: deve quindi cercare nuovi linguaggi e nuovi strumenti senza però abdicare alla sua finalità educativa. La seconda sfida è il cambiamento delle modalità di apprendimento causato dalle tecnologie dell’informazione. Anche in questo caso la scuola sta cercando nuove vie all’interno di un paradigma sociale e antropologico in continua evoluzione. Riteniamo che il modo più efficace per affrontare queste nuove sfide da parte degli insegnanti sia di considerarsi sempre come ricercatori in costante formazione all’interno di équipe che costruiscono nuove conoscenze.